Timisoara, 35 anni fa
Sono passati 35 anni dalla Rivoluzione anticomunista romena.
Bogdan Matei, 16.12.2024, 14:29
Instaurata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dalle truppe sovietiche occupanti, la dittatura comunista di Bucarest sembrava incrollabile. Nel novembre 1989, il congresso del partito unico ha rieletto all’unanimità Nicolae Ceaușescu alla carica di segretario generale, che aveva ricoperto per quasi un quarto di secolo. Il fatto che fosse già sulla settantina non gli impedì di lanciare piani per il cosiddetto sviluppo socialista della Romania fino al 2000. Per la sua ambizione di saldare prima della scadenza i debiti esteri da lui contratti avevano pagato solo i romeni comuni. Quasi tutto ciò che veniva prodotto veniva esportato. Il cibo era razionato, i condomini non erano riscaldati, l’elettricità poteva essere interrotta in qualsiasi momento in modo imprevisto.
Oltre alla fame e al freddo, regnava anche la paura. La polizia politica del regime, la Securitate, aveva coltivato il mito dell’onnipotenza, onnipresenza e onniscienza dei suoi agenti, tanto che tutti avevano paura di protestare. In un continuo delirio, l’apparato propagandistico del regime – televisione, radio, giornali – dipingeva una realtà parallela: Ceaușescu era un genio, la sua consorte Elena (di fatto, semianalfabeta), era una studiosa di fama mondiale e un’amorevole madre di tutto il popolo, e i romeni vivevano nel migliore dei mondi. Nei paesi confinanti con la Romania, incoraggiate dalle politiche dell’ultimo leader sovietico, il riformatore Mikhail Gorbaciov, gigantesche proteste di piazza avevano rovesciato le dittature comuniste. Varsavia, Praga, Berlino Est, Budapest, Sofia stavano già sperimentando la libertà, dopo quasi mezzo secolo di tirannia. Gli storici affermano che non è un caso che la scintilla della rivoluzione romena sia scoppiata a Timișoara, la più grande città dell’ovest del Paese, cosmopolita e multietnica, dove si ricevevano facilmente i programmi delle televisioni dell’Ungheria e dell’ex Jugoslavia.
La solidarietà, il 16 dicembre 1989, di diversi parrocchiani della parrocchia al pastore protestante, di etnia ungherese, Laszlo Tokes, che la Securitate voleva deportare da Timisoara, fu la palla di neve che si trasformò in una valanga. Intorno alla casa parrocchiale si radunarono sempre più persone, che finirono per protestare apertamente per le strade della città. L’apparato di repressione reagì immediatamente e aprì il fuoco.
Persone indifese furono uccise fino al 20 dicembre, quando l’esercito fraternizzò con i manifestanti e si ritirò nelle caserme. Quel giorno Timisoara divenne la prima città della Romania libera dal comunismo. La rivoluzione si diffuse rapidamente nel paese e culminò, a Bucarest, il 22 dicembre, con la fuga di Ceaușescu, in elicottero, dalla sede del comitato centrale del partito unico, assediata da centinaia di migliaia di manifestanti. Catturati e processati sommariamente da un tribunale improvvisato, i Ceaușescu furono giustiziati il 25 dicembre. Durante la Rivoluzione morirono oltre mille persone. La Romania è stata l’unico paese dietro l’ex Cortina di ferro in cui la liberazione dal comunismo è avvenuta con spargimento di sangue.