La settimana 25-31/01/2015
Romania-FMI: una nuova missione a Bucarest / Intelligence: dimissione del capo George Maior e nomina direttore interinale / Giustizia: noti politici alla DNA / Presidenza: priorità di politica estera
Roxana Vasile, 30.01.2015, 20:44
Una missione del Fondo Monetario Internazionale, della Commissione Europea e della Banca Mondiale si trova da martedì in Romania per la terza valutazione dell’accordo di tipo preventivo di 2 miliardi di euro, in via di svolgimento. Fino al 10 febbraio, i membri della missione discutono con le autorità di Bucarest dei recenti sviluppi dell’economia e delle priorità delle riforme economiche. La visita della missione del FMI giunge nel momento in cui il franco svizzero ha raggiunto un tasso record in rapporto al leu, il che ha provocato panico tra i 75 mila romeni con crediti in franchi svizzeri. Tale contesto ha determinato anche dibattiti nel Parlamento in vista dell’adozione della legge sull’insolvenza delle persone fisiche. Il FMI ha già inviato una lettera alle autorità romene dichiarandosi preoccupato per un’eventuale approvazione di un simile atto normativo, senza uno studio d’impatto adeguato.
I principali servizi di informazioni della Romania sono attualmente senza direttori civili. Dopo le dimissioni di Teodor Meleşcanu, a ottobre 2014, dalla carica di capo del Servizio di Informazioni Estere, e quelle rassegnate martedì da George Maior, dalla carica di capo del Servizio Romeno di Informazioni, le due strutture hanno direzioni interinali assicurate da generali. Da stato membro della NATO, status che prevede un controllo civile, democratico, sui servizi di informazioni, la Romania dovrà avere entro breve capi nuovi presso le due istituzioni. Intanto la dimissione di George Maior suscita commenti accesi in assenza di una spiegazione sulla sua causa ufficiale. Gli osservatori sembrano essere d’accordo che la partenza del capo dell’intelligence sia stata strettamente legata dalla decisione della Corte Costituzionale di dichiarare contrarie alla legge fondamentale tre leggi del cosiddetto pacchetto “Big Brother”, decisione duramente criticata da Maior. Si tratta della legge sulla sicurezza cibernetica, di quella sullo stoccaggio dei dati personali degli utenti delle reti di comunicazione da parte del fornitore per un periodo di sei mesi e di quella sulla vendita delle schede telefoniche prepagate.
Diventata negli ultimi mesi, luogo di pellegrinaggio per politici e grandi imprenditori chiamati a dare spiegazioni su affari onerosi, la Direzione Nazionale Anticorruzione, ha attirato nuovamente alla fine di questa settimana l’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica. Dopo ore di ascolto, Elena Udrea — deputata di centro-destra, già ministro e candidata nel 2014 alla carica di presidente del Paese — è stata messa sotto controllo giudiziario in un caso legato all’acquisto fraudolento di licenze IT. Udrea è accusata di aver acquisito e utilizzato beni di cui sapeva che provenivano dai reati commessi dall’ex marito, l’imprenditore Dorin Cocoş. Anche il figlio dell’ultimo, Alin ha dei problemi: accusato di tangenti e concussione, lui è stato fermato in un altro fascicolo, derivato da quello in cui è sottoposta a inchiesta penale l’ex capo della Direzione di Investigazione dei Reati di Criminalità Organizzata e Terrorismo, Alina Bica. La piovra della corruzione attorno alla Bica ha assunto nuove dimensioni giovedì quando è stato fermato anche l’ex ministro democratico-liberale dell’economia, Adriean Videanu, accusato di concorso in abuso d’ufficio. Sempre giovedì, alla sede della DNA è stato ascoltato Toni Greblă, giudice presso la Corte Costituzionale, sotto inchiesta per concussione.
Stando alla Commissione Europea, la Direzione Nazionale Anticorruzione, l’Agenzia Nazionale di Integrità, l’Alta Corte di Cassazione e Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura sono i più bravi in materia di lotta alla corruzione e riforma della giustizia. Il rapporto per il 2014 nell’ambito del Meccanismo di Cooperazione e Verifica, reso pubblico mercoledì, a Bruxelles, menziona i grandi dossier di corruzione analizzati, conclusisi con l’arresto di nomi conosciuti dell’amministrazione e della politica, ma anche il modo in cui le rispettive istituzioni hanno fatto fronte alle pressioni politiche. Molto criticato resta invece il Parlamento per il blocco delle inchieste penali nei confronti di alcuni eletti, la promozione di leggi che danneggiano la lotta alla corruzione e il ritardo nell’adozione di atti normativi volti ad aiutare la giustizia. Chiamati a consultazioni dal presidente Klaus Iohannis, tutti i rappresentanti dei partiti parlamentare si sono detti disponibili a sostenere la semplificazione delle procedure nel caso delle domande di approvazione dell’arresto o della perquisizione dei parlamentari. E’ giunto il momento che la Romania passi ad una nuova tappa della democrazia — ha affermato il presidente Iohannis, che ha parlato di un riassestamento del sistema, anche tramite la creazione di condizioni ottimali di voto per tutti i romeni. Ciò dopo che alle presidenziali dello scorso novembre, molti cittadini della diaspora non hanno potuto esercitare questo diritto elementare a causa di una cattiva organizzazione.
L’adesione all’Area Schengen e il passaggio all’euro sono i principali obiettivi di politica estera del presidente Klaus Iohannis, il quale ha continuato la tradizione dei suoi predecessori ed ha invitato a inizio anno tutti gli ambasciatori accreditati a Bucarest, presentando loro le principali direzioni della Romania. Le linee di base restano immutate: la completa europenizzazione del Paese, un partenariato strategico forte con gli USA e il sostegno delle democrazie incipienti nel vicinato – Moldova, Ucraina e Georgia. Il presidente Iohannis ha aggiunto che i rapporti della Romania con la Federazione Russa sono adombrati dalla crisi in Ucraina, e che per il loro miglioramento c’è bisogno che Mosca rispetti il diritto internazionale. Giovedì a Bruxelles, tramite la voce del ministro degli Esteri Bogdan Aurescu, la Romania ha sostenuto alla riunione straordinaria dei ministri degli Esteri dell’UE, che il regime di sanzioni nei confronti della Russia sia prorogato di sei mesi.
(traduzione di Gabriela Petre)