Sviluppo Romania, fondi europei essenziali
Gli indici di sviluppo continuano a tenere la Romania nella parte bassa delle classifiche europee.
Florin Orban, 06.02.2018, 14:32
Gli indici di sviluppo continuano a tenere la Romania nella parte bassa delle classifiche europee. Ad esempio, tra i 28 stati membri dell’UE, la Romania si piazza al penultimo posto come Pil pro capite, secondo la più recente graduatoria resa pubblica dal Fondo Monetario Internazionale. Nello spazio comunitario, solo la Bulgaria registra delle cifre inferiori. Nel 2017, il FMI attribuiva alla Romania un Pil pro capite pari ai 10.372 dollari, di oltre 10 volte inferiore del Lussemburgo, leader comunitario sotto questo profilo. In materia di indici relativi al tenore di vita, come il salario medio o il potere d’acquisto, la Romania si piazza sempre dietro la maggioranza degli stati dell’Unione.
Eppure, la crescita economica accelerata in Romania negli ultimi anni, rende possibile la diminuzione delle differenze nei confronti del resto d’Europa. Ci siamo avvicinati al livello medio di sviluppo dell’Unione Europea, però non con tutto il Paese, bensì solo con certe regioni. Purtroppo, la mancanza dell’infrastruttura di interconnessione tra le province storiche rende permanenti queste differenze. Questo problema tende a diventare una preoccupazione persino per la sicurezza nazionale, ha spiegato il governatore della Banca Centrale di Romania, Mugur Isarescu.
Le cifre indicano che l’area più sviluppata della Romania è quella circostante la capitale Bucarest. Progressi evidenti anche in Transilvania e nel Banato, regioni che si trovano nell’ovest, quindi, più vicine al centro dell’Europa. Le zone più sottosviluppate sono quelle dell’est, soprattutto in Moldavia. Sono anche le aree più colpite dalla povertà, più scarsamente coperte dalle infrastrutture di sanità ed istruzione, e anche le meno industrializzate. E sempre queste aree sono le meno attraenti per gli investimenti stranieri.
Nello schema di ripartizione relativo agli investimenti stranieri diretti nel 2016, presentato lo scorso anno dalla Banca Centrale, il saldo della Regione di sviluppo Bucarest-Ilfov, quindi quella della capitale, ammontava a circa 42 miliardi di euro, pari a quasi il 60% del totale registrato a livello nazionale. Invece, nella Regione Nord-Est, gli investimenti stranieri diretti sfioravano 1,6 miliardi di euro, di quasi 25 volte in meno. A questo punto sono essenziali le politiche europee volte a ridurre le differenze tra Paesi e regioni. La più importante è la cosiddetta politica di coesione, che ha come meta principale la creazione di strategie di sviluppo, tramite interventi in settori come l’infrastruttura, l’occupazione, l’istruzione, l’ambiente d’affari e molti altri. Si tratta di politiche applicate a livello regionale o persino locale, basate su investimenti pubblici nei rispettivi settori.
Però l’applicazione di queste politiche è legata soprattutto alla capacità di assorbire i fondi disponibili. Per l’esercizio 2014-2020, la Commissione Europea ha reso disponibili per Bucarest oltre 22 miliardi di euro per gli investimenti, di cui finora è stato impiegato solo un miliardo, cioè meno del 5% del totale. Il governatore della Banca Centrale di Romania, Mugur Isarescu, spiega cosa significa attirare maggiori fondi. Un tasso di assorbimento di questi fondi del 95% nell’attuale quadro finanziario pluriennale, porterebbe, secondo lo stesso analista terzo – il Fondo Monetario Internazionale – ad una crescita del Pil potenziale nel 2020 di circa 1,7%. Cioè una crescita potenziale del Pil di circa il 5% all’anno, ha precisato il governatore.
In Romania, parallelamente alla spettacolare crescita economica, abbiamo assistito ultimamente anche a un indesiderato aumento del deficit di conto corrente. Inoltre, a gennaio 2018, la moneta nazionale ha battuto dei record negativi nei confronti dell’euro. Mugur Isarescu ritiene che anche sotto questo profilo i fondi europei hanno un ruolo da svolgere. Dalla prospettiva macroeconomica, l’impiego dei fondi comunitari costituisce una forma desiderabile per finanziare il deficit di conto corrente, influenzando in questo modo la stabilità dell’intera economia, del sistema finanziario-bancario e del tasso di cambio, che, a quanto noto, ci preoccupa fino ad un centesimo di monetina, ha aggiunto il governatore.
Nella Romania del 2018, l’unica soluzione per attirare fondi europei resta il consolidamento della capacità amministrativa. Da questo punto di vista, nonostante i grandi sforzi dell’Unione Europea di appoggiare le autorità centrali e locali, la Romania sta ancora compiendo dei passi troppo piccoli.