La Romania e la transizione verso un’energia pulita
L'Organizzazione Mondiale della Salute stima che l'inquinamento dell'aria uccide ogni anno a livello mondiale oltre sette milioni di persone e provoca, inoltre, malattie e assenteismo dal lavoro.
Corina Cristea, 17.02.2021, 17:47
L’Organizzazione Mondiale della Salute stima che l’inquinamento dell’aria uccide ogni anno a livello mondiale oltre sette milioni di persone e provoca, inoltre, malattie e assenteismo dal lavoro. Un recente studio rileva che la riduzione dell’inquinamento fino al livello raccomandato dall’OMS consentirebbe di evitare oltre 50 mila decessi all’anno in Europa. La nocività delle particelle fini per la salute, ad esempio, è stata rilevata soprattutto nelle zone urbane, essa provocando, principalmente, decessi, malattie cardiovascolari e respiratorie, complicanze durante la gravidanza e problemi di sviluppo del feto.
Servono azioni veloci, cambiamenti per quanto riguarda il traffico stradale, l’industria, gli aeroporti e i porti, ma anche il riscaldamento a legna e carbone. Attualmente, nell’Ue, sono 18 i Paesi che usano ancora il carbone, tra cui anche la Romania, dove le grandi centrali termiche di questo tipo sono gestite da due compagnie nel sud del Paese – Oltenia e Hunedoara. Chiudere le centrali termiche a carbone a livello mondiale ed eliminare le sovvenzioni per i combustibili fossili sono due delle misure che aiuterebbero in modo significativo ad avere un ambiente più pulito. Ciò nel contesto in cui Bruxelles è decisa ad agire con maggiore determinazione per combattere i cambiamenti climatici.
Lo scorso dicembre, gli stati Ue hanno convenuto di ridurre, entro il 2030, di almeno il 55% le emissioni di gas ad effetto serra rispetto al livello registrato nel 1990. A lungo termine, l’obiettivo sarebbe raggiungere la neutralità climatica nel 2050. Secondo la Bloomberg, nel 2020, le energie rinnovabili hanno generato il 38% del fabbisogno di elettricità dell’Ue, rispetto al 34% nel 2019. Questa crescita è stata sufficiente per superare, per la prima volta, l’elettricità ottenuta da combustibili fossili – il rapido aumento dell’energia eolica e fotovoltaica ha portato l’energia a carbone su un trend decrescente. Il 2020 è stato, però, anche l’anno in cui le restrizioni imposte nel contesto della pandemia hanno intaccato la domanda di energia sul continente, ha ricordato, a Radio Romania, Otilia Nuțu, analista di politiche pubbliche per l’energia e le infrastruttura presso Expert Forum.
Grazie alle attuali politiche, l’anno scorso, per la prima volta, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Europa ha superato la produzione di energia elettrica da combustibili fossili. Le aspettative sono che, nel 2021, il settore del carbone si riprenda un po’, ma, probabilmente, lo shock a lungo termine sarà una riduzione accelerata della produzione di energia a carbone. La domanda è – con che cosa la sostituiamo? E sicuramente la dovremmo sostituire con centrali nuove e flessibili, capaci di far fronte anche all’intermittenza delle rinnovabili. Ma l’idea è di costruire capacità che non ci blocchino ulteriormente in un consumo di combustibili fossili a lunghissimo termine, ha spiegato Otilia Nuțu.
Cioè, spiega Otilia Nuțu, la sostituzione, ad esempio, con centrali a gas potrebbe porre altri problemi – anche se esse sono meno inquinanti di quelle a carbone, è, tuttavia, un problema investire in centrali che recuperano l’investimento in 30 anni. I dati statistici comunitari rilevano che l’incidenza dei combustibili fossili – carbone, gas naturali e greggio – sulla produzione di energia nell’Ue è stata nel 2019 del 71% – incidenza in calo signficativo negli ultimi decenni, con l’aumento dell’energia da fonti rinnovabili. Nel caso della Romania, l’incidenza dei combustibili fossili è attualmente del 73%. Il presidente dell’Associazione Energia Intelligente, Dumitru Chisăliță, ricorda che, negli ultimi 5 anni, la Romania ha aderito a numerosi accordi sulla riduzione delle emissioni di CO2, e che nel mirino erano pricipalmente le centrali a carbone. Dobbiamo prepararci per il futuro, afferma Dumitru Chisăliță.
Dobbiamo già aspettarci di avere, probabilmente, nel 2025 una decisione che riguarderà le centrali termiche condominiali, e nel 2030 una decisione che riguarderà certe attività di trasporto attuali. Quindi tutti questi elementi sono già stati anticipati. Gli investimenti andranno fatti sia in capacità di produzione di energia verde, che in capacità di stocaggio. Perchè abbiamo in vista il fatto che l’energia verde non è a erogazione continua, bensi’ determinata dalle evoluzioni atmosferiche. E allora, noi, l’Ue, la Romania, dobbiamo sviluppare anche importanti capacità di stocaggio oppure che possano entrare rapidamente in funzione e compensare un’interruzione. Dobbiamo, inoltre, avere in vista le reti, che vanno adattate a tutto ciò che vuol dire modo di funzionamento dell’energia rinnovabile – che è un’altra componente importante degli investimenti. Non in ultimo, dobbiamo valutare la domanda e il consumo di energia. Praticamente, parliamo moltissimo, sia in Romania, che a livello dell’Ue, della conversione massiccia alla mobilità elettrica dell’attuale sistema di trasporto a combustibili classici. Parliamo, nella prospettiva degli anni 2050, anche del riscaldamento elettrico, al posto di quello a legna, gas e via dicendo. Tutto ciò vuol dire lo sviluppo di ingenti capacità per coprire questo consumo, ha spiegato a RRI Dumitru Chisăliță. Certo, a costi altissimi.