COVID-19: insegnamento a distanza
La pandemia di COVID-19 ha cambiato notevolmente la società, fosse anche temporaneamente, riducendo le interazioni umane allo stretto necessario, fatto inconcepibile all'inizio dell'anno, ad esempio.
Eugen Coroianu, 29.04.2020, 10:24
La pandemia di COVID-19 ha cambiato notevolmente la società, fosse anche temporaneamente, riducendo le interazioni umane allo stretto necessario, fatto inconcepibile all’inizio dell’anno, ad esempio. Come in un film apocalittico da Hollywood, la gente resta isolata in casa per la maggior parte, evita gli incontri, e la vita sociale e le attività si sono trasferite online. La virtualità sembra diventare la nuova realtà per molti versi nella nostra vita quotidiana. Il biasimato mondo virtuale è ora incoraggiato attraverso investimenti di soldi, tempo e persino emozioni. E non solo in tempi pandemici, ma con molte probabilità anche dopo. Un nuovo mondo si delinea e resta da scoprire in che misura sarà anche insediato.
Un riferimento di questo possibile mondo è l’istruzione, trasferita in questo periodo sulle piattaforme online. Insegnanti e alunni di tutte le età, ma anche genitori, ognuno dalle proprie case, tentano un nuovo tipo di socializzazione e interazione, per portare avanti la scuola. C’è chi la vede difficile, c’è chi la vede un gioco da ragazzi; per alcuni è una cosa impossibile finanziarmente o tecnicamente, per altri è un bel niente, insomma, tutto va avanti nella nuova normalità, anche se a velocità diverse.
Abbiamo chiesto al presidente dell’Accademia Romena, prof.accad. Ioan Aurel Pop, come guarda il futuro dell’insegnamento a distanza. Secondo me, è una soluzione eccezionale per quando si è in panne come in questi momenti, quando non possiamo incontrarci faccia a faccia con i nostri alunni e studenti, quindi non si tratta di una soluzione a lungo temine. La scuola, sin dalla sua sistemazione ai tempi dei greci e dei romani, richiede la presenza del maestro, dell’insegnante davanti ai destinatari del suo messaggio. Quindi, non credo sia una soluzione da rendere permanente. E non credo che sarà una soluzione che verrà imposta. Si potrebbe probabilmente ricorrerci più spesso d’ora in poi, in quanto l’insegnamento a distanza esiste anche adesso nelle università romene e internazionali. Forse alcuni lo preferiranno, ma, ripeto, la mia opinione è che nulla può sostituire l’insegnamento classico, in cui lo sguardo dell’allievo incontra gli occhi del professore e l’emozione che trasmette. Il messaggio umano si trasmette da un essere umano all’altro, spiega l’accademico Ioan Aurel Pop.
Il Ministero dell’Istruzione di Bucarest compie, però, un passo audace e vuole preparare i professori per l’insegnamento online, nell’evenienza di ulteriori situazioni in cui le scuole andrebbero chiuse, come accaduto sotto lo stato di emergenza. Quindi, nei programmi di formazione psico-pedagogica iniziale, verranno introdotte la preparazione didattica e la pratica specializzata, al fine di sviluppare le competenze per l’integrazione della tecnologia nel processo di istruzione nell’insegnamento preuniversitario. Gli insegnanti, gli alunni e i genitori hanno già a disposizione un portale contenente le risorse necessarie all’insegnamento online. Il Ministero dell’Istruzione sancisce anche la presenza obbligatoria degli alunni alle lezioni online e sollecita ai genitori di assicurare le condizioni necessarie.
Il professore Varujan Pambuccian, matematico e informatico, non crede, a sua volta, che questo tipo di insegnamento possa diventare permanente. Secondo me, dopo questa crisi non assisteremo ad uno sviluppo molto rapido di questo tipo di istruzione. Una volta superata la crisi, torneremo al paradigma classico che sarà perpetuato. Non so se sia desiderabile o meno, in fin de conti è una questione di necessità. Nel senso che dobbiamo stare attenti: se questa formula si dimostra necessaria in un determinato posto, allora, sì, è desiderabile. Invece, se non è necessaria, ovviamente non lo è neanche desiderabile. Ma il problema è il seguente: partendo dall’idea dell’informatizzazione, alcuni Paesi hanno forzato le cose e, secondo me, l’hanno fatto in una direzione sbagliata. Ripeto, l’istruzione significa scoprire insieme a una guida, che è il professore, quelle cose che la società vuole che siano scoperte dai bambini. Questo aspetto conta moltissimo. Se pensiamo bene, questo aspetto della scoperta comune e del processo sociale di insegnamento prende lo spunto dalla nostra quadratura mentale di antropoidi e non è radicalmente cambiato. A questo punto, dobbiamo trovare delle soluzioni per trasferire sui byte una situazione simile a quanto sta fissato benissimo nel nostro DNA culturale. Altrimenti, certo, è facilissimo diventare entusiasti e tentare una forzatura, però le cose torneranno al loro percorso normale, perchè il nostro cervello è fatto così, spiega il prof. Varujan Pambuccian.
D’altra parte, parecchie voci della società civile fanno riferimento anche a problemi concreti, come l’accesso all’internet negli ambienti rurali o nelle aree isolate, le possibilità finanziarie dei genitori e degli insegnanti, le conoscenze di informatica o il supporto logistico che le scuole sono in grado di offrire. Uno studio rileva che, in questo periodo di lezioni sospese, Zoom, WhatsApp, Google Classroom e Facebook sono state le più utilizzate risorse per l’insegnamento a distanza in Romania. Il 36% degli insegnanti e dei dirigenti scolastici intervistati dicono di aver seguito dei corsi per familiarizzarsi con l’uso degli strumenti digitali. Solo un insegnante su cinque dichiara che utilizzava il computer portatile prima della sospensione dei corsi, e il 19% i videoproiettori. Solo uno su dieci si connetteva a website e piattaforme digitali e il 7% ricorreva a manuali digitali nell’attività didattica. Il più delle volte, gli alunni usano la piattaforma per la matematica, seguita da quelle per la lingua e letteratura romena e le lingue straniere.