Decisione con finale aperto
Echi clamorosi nel Medio Oriente e non solo, in seguito alla decisione del leader della Casa Bianca di riconoscere Gerusalemme come la capitale d'Israele.
Corina Cristea, 12.01.2018, 13:06
Echi clamorosi nel Medio Oriente e non solo, in seguito alla decisione del leader della Casa Bianca di riconoscere Gerusalemme come la capitale d’Israele. A seguire – una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, scontri nei territori palestinesi, proteste in più Paesi musulmani. Nel tentativo di ottenere anche l’appoggio dell’UE, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto anche un torneo in Europa, e ha discusso il tema anche con l’Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari esteri, Federica Mogherini.
Credo che tutti o gran parte dei Paesi europei sposteranno le loro ambasciate a Gerusalemme, la riconosceranno come la capitale dello stato ebraico, e si impegneranno vigorosamente, insieme a noi, nella sicurezza, nella prosperità e nella pace – questo il messaggio rivolto dal leader israeliano ai vertici europei. Un messaggio che ha affrontato, però, la ferma posizione comunitaria, espressa dalla Mogherini: Riteniamo che l’unica soluzione realistica al conflitto tra Israele e Palestina sia quella dei due Stati, con Gerusalemme capitale di entrambi, lo stato d’Israele e lo stato della Palestina. E’ questa la nostra posizione consolidata e continueremo a rispettare l’accordo internazionale su Gerusalemme fino al momento in cui lo status finale della Città Santa sarà stabilito tramite negoziati tra le parti coinvolte.
La pace in questa zona geopolitica, tra le più sensibili a livello mondiale, è auspicata da tutto il mondo e tale fatto è stato anche sottolineato in tutte le dichiarazioni ufficiali. E’ stato, d’altronde, anche l’argomento invocato dal leader della Casa Bianca, allorquando, ai primi di dicembre, ha fatto il gesto rinviato da tempo dai predecessori, poichè già esisteva una decisione del Congresso americano che riconosceva Gerusalemme come la capitale dello Stato d’Israele, rinviata ogni sei mesi.
Ospite a Radio Romania, l’analista Iulian Chifu, direttore del Centro per la prevenzione dei conflitti, ha spiegato il contesto nella zona. C’è tutt’una disputa su Gerusalemme stessa, dove esistono elementi simbolici per le tre religioni monoteiste fondamentali. Anche gli arabi palestinesi vorrebbero la propria capitale a Gerusalemme Est, dove si trova anche la Moschea Al-Aqsa. Quindi, il grande problema della divisione della città di Gerusalemme, che sarebbe, nello stesso tempo, una doppia capitale, è stato discusso ed è rimasto fino ad oggi uno degli argomenti pendenti in tutti i processi di pace. Quindi, il gesto è piuttosto simbolico, direi, però si tratta di un simbolismo di fortissimo impatto nel Medio Oriente, e i costi evidentemente si ripercuoteranno, vedremo, ha detto l’analista.
E’ chiaro che il processo di pace nel Medio Oriente stava segnando il passo, dicono gli analisti, e Donald Trump ha ritenuto questa decisione come l’unica variante per sbloccare la situazione. E’ stata una formula per riassestare tutti i pezzi. Ora, la mia speranza è che Washington abbia contemplato anche la gestione delle conseguenze di un simile cambiamento. Poichè al solito, quando si capovolge la scacchiera, le cose si possono sistemare sia in una variante favorevole, sia, come accade il più delle volte, in una formula che ha un impatto negativo. Non dimentichiamo che la storia dell’apprendista stregone è una questione che potrebbe avere delle ripercussioni anche in questa situazione. Quindi, lascierei per ora le emozioni che probabilmente dureranno, forse, un paio di mesi. Dopo si vedrà se la prossima ondata porterà ad un riassestamento adeguato, se questa zona arabo-palestinese, ma anche il mondo in generale, le grandi potenze, le potenze regionali, potranno assorbire questa realtà. Successivamente, potremo concludere se è stato assolutamente un gesto vantaggioso. A prima vista, credo che si tratti di un oltrepassare di certe linee rosse, che fa saltare in aria la pace nel Medio Oriente, come la conosciamo noi in questo momento, spiega ancora Iulian Chifu.
D’altra parte, aggiunge l’analista, non ci sono dei precedenti in grado di indicare che un processo di pace sia possibile senza l’impegno di ambo le parti. Un processo di pace unilaterale è raggiunto solo allorquando qualcuno vince assolutamente la situazione sul campo. Orbene, sappiamo molto bene che una simile situazione non è sostenibile. Almeno il Medio Oriente ce l’ha fatto vedere per tantissime volte. Ci sono stati dei momenti in cui uno o l’altro dei combattenti sventolavano le bandiere della vittoria, per confrontarsi successivamente con la realtà sul campo. Per cui, sono una volta in più riservato nel vedere quali saranno le ulteriori mosse, ha concluso Iulian Chifu.
Non esistono più conflitti lontani e conflitti vicini. Da questo punto di vista, qualsiasi conflitto che mette in pericolo la stabilità, la sicurezza dei nostri cittadini rappresenta una preoccupazione: così il premier Mihai Tudose ha espresso la posizione della Romania, spiegando che Bucarest riconferma il suo impegno accanto ai partner dell’UE, solidali e partner della NATO, per qualsiasi sforzo in grado di portare stabilità e sicurezza nella zona. Per ora, il finale resta aperto.