Gli orsi di Romania
Secondo World Wild Fund Romania, quasi 8 mila dei circa 18 mila esemplari di orsi bruni nell'intera Europa vivono nei Monti Carpazi e oltre 6 mila sul territorio della Romania. È la maggiore popolazione di orsi bruni sul Vecchio Continente.
Roxana Vasile, 02.06.2021, 08:00
Le foreste sono, da secoli, casa degli orsi bruni. Secondo World Wild Fund Romania, quasi 8 mila dei circa 18 mila esemplari nell’intera Europa vivono nei Monti Carpazi e oltre 6 mila sul territorio della Romania. È la maggiore popolazione di orsi bruni sul Vecchio Continente. ʺL’orso è una ricchezza naturale della Romania. Non possiamo ignorare questo aspetto e credo che tutti siamo d’accordo che queste ricchezze naturali vanno protette, perchè vanno perdendosi e dobbiamo assumerci la responsabilità per il fatto che le nostre azioni, ciò che consumiamo oppure facciamo, leda il benessere e la validità di queste risorse naturali, ha spiegato Livia Cimpoeru, specialista in comunicazione per i progetti sui grandi carnivori presso l’ong World Wild Fund Romania.
Solo che lo sviluppo dell’infrastruttura di trasporto, di quella urbana o rurale, i talgi legali o illegali di foreste o lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, ad esempio dei funghi o dei frutti di bosco, hanno portato, nel tempo, gli orsi, onnivori, a essere attratti dalle zone con accesso facile alle fonti di cibo nelle abitate dagli uomini. Di conseguenza, alcuni orsi diventano una minaccia e molti considerano che debbano essere abbattuti. Niente di più falso nella visione dell’ong WWF Romania, spiega Livia Cimpoeru, in quanto l’equilibrio uomo-animale è perfettamente possibile. ʺQuesto equilibrio potrà essere assicurato solo nel momento in cui noi capiremo, come nazione, come popolo che vive in questo spazio benedetto con una straordinaria biodiversità, che siamo gli unici, ripeto, gli unici, a poter proteggere queste ricchezze. Finchè noi daremo la colpa all’orso o al lupo oppure ad altri animali per questi conflitti tra uomo e fauna selvatica, non giungeremo da nessuna parte. L’orso è un animale selvatico, non ha la nozione di bene o male, quindi non può prendere decisioni o elaborare politiche ecc. Siamo noi la specie pensante che può affrontare in modo intelligente questi, chiamiamoli, dispiaceri o conflitti, e trovarci delle soluzioni. Le nostre attività hanno un evidente impatto sugli orsi e la stragrande maggioranza dei conflitti tra uomo e orso sono provocati dall’uomo.
Nell’Ue, gli orsi sono protetti dalla Direttiva Habitat che li include nella lista di specie protette che non si possono uccidere per diletto ossia come trofei di caccia. In alcuni Paesi, compresa la Romania, i cacciatori si avvalgono spesso dell’articolo 16 della Direttiva che consente deroghe, cioè la caccia di un numero limitato di esemplari, specialmente quelli pericolosi per l’uomo.
Il recente abbattimento di Arturo, considerato re degli orsi in Romania grazie alle sue dimensioni, ha fatto il giro del pianeta. In Romania, l’incidente ha riportato alla ribalta il modo, secondo molti, difettoso, in cui le autorità nazionali proteggono questi mammiferi in cima alla catena alimentare. In realtà, Arturo sarebbe stato ucciso nell’ambito di una battuta di caccia al trofeo, in base a una deroga rilasciata per l’uccisione di un altro esemplare che aveva provocato danni nelle masserie degli abitanti. Cosa andrebbe fatto affinchè simili cose non avvengano più?
ʺNoi, sin dal 2009 e negli anni successivi, abbiamo chiesto il miglioramento della legislazione tramite cui vengono concesse queste deroghe per la relocalizzazione o l’abbattimento, perchè, da quando sono state emanate queste deroghe, a partire dal 2017, se non mi sbaglio, esse non hanno precisato chiaramente cosa succede con le carcasse di orso, chi è implicato nel processo di abbattimento o relocalizzazione, qual è la loro destinazione e chi è il beneficiario finale degli animali uccisi. Nel 2019, abbiamo chiesto che nelle azioni di abbattimento non fossero più implicate persone diverse dal personale tecnico delle associazioni venatorie per allontanare, così, questi sospetti che il processo di abbattimento, la cosiddetta raccolta, fosse, in realtà, una caccia al trofeo camuffata. Inoltre, abbiamo chiesto che gli animali-problema fossero segnati e monitorati attivamente per allontanare qualsiasi sospetto sull’estrazione dell’esemplare che provocava problemi. E il caso dell’orso Arturo è eloquente in questo contesto. Non capiamo perchè, da anni, non vengono create equipe di pronto intervento per simili situazioni. Cioè, prima di uccidere quell’orso, dovremmo prendere in calcolo altre varianti che potrebbero rivelarsi efficienti. Queste equipe ci dovrebbero essere dapperttutto dove, ovviamente, c’è un’importante popolazione di orsi. Noi, attualmente, non solo non abbiamo un monitoraggio reale, su basi scientifiche, della popolazione di orsi in Romania, ma nemmeno uno della popolazione di orsi che, a causa della non curanza dell’uomo, sono giunti, nel tempo, ad associare l’uomo alla loro fonte di cibo e a farsi strada verso le zone abitate, ha spiegato Livia Cimpoeru, di WWF Romania.
Nel frattempo, nel contesto dello scandalo intorno all’uccisione di Arturo, il Ministero dell’Ambiente di Bucarest ha annunciato che la legislazione sull’abbattimento degli orsi pericolosi per la comunità è stata cambiata. Se prima c’era un termine di 60 giorni dal rilascio del permesso fino alla sua applicazione e la legislazione non prevedeva chiaramente chi poteva abbattere l’animale, adesso gli esemplari pericolosi possono essere estratti in al massimo 15 giorni e solo dal personale tecnico dell’associazione che gode della deroga. Decisione benvenuta, ma insufficiente, ammonisce Livia Cimpoeru.
ʺOltre a queste misure in un certo senso pompieristiche, per calmare l’opinione pubblica, vanno prese anche altre, cosicchè, a lungo termine, giungiamo a una coesistenza armoniosa con l’orso. Parlo anche del sostengo finanziario ai farmer o alle masserie delle zone popolate dagli orsi, cosicchè quelle persone possano comprarsi recinti elettrici, cani da guardia, che difendano i loro animali, le masserie ecc. Queste misure sono state annunciate, l’anno scorso, dall’ex ministro Alexe, noi siamo stati molto contenti quando ha annunicato che il dicastero avrebbe lanciato un programma di finanziamento di queste misure preventive. Ma ciò non è mai successo e non capiamo perchè.
World Wild Fund Romania afferma, inoltre, che, attualmente, il Ministero dell’Ambiente dispone di sufficienti dati da cui partire per elaborare mappe delle zone a rischio, da mettere a disposizione degli specialisti, delle amministrazioni locali e del pubblico largo, affinchè questi sappiano chiaramente dove ci sono i maggiori problemi. Allo stesso tempo, l’ong è parte di un progetto internazionale finanziato con fondi europei – ʹEuro Large Carnivoresʹ – volto a migliorare la coesistenza tra uomini e animali tramite cooperazione transfrontaliera e comunicazione. Anche se non tutte le misure prese da altri Paesi sono applicabili anche in Romania, sicuramente esse potrebbero essere adattate alle realtà romene. In altre parole, le idee ci sono e non sono poche. Serve, però, la volontà politica per metterle in pratica.