“Il mondo nuovo”
Viviamo, già, in un mondo nuovo, come l'aveva immaginato Aldous Huxley all'inizio del secolo scorso, oppure ci stiamo solo incamminando? La società romena sembra assomigliarsi sempre di più alla distopia di Huxley.
Luiza Moldovan, 06.05.2021, 21:53
Viviamo, già, in un “mondo nuovo”, come laveva immaginato Aldous Huxley allinizio del secolo scorso, oppure ci stiamo solo incamminando? La società romena sembra assomigliarsi sempre di più alla distopia di Huxley, che aveva predetto un mondo della stabilità, della pace e della pseudo libertà, di una pseudo armonia per lumanità completamente despiritualizzato. Le restrizioni imposte per contenere la pandemia di Covid-19 trasformano la natura umana in un modo sottile, che, allinizio della crisi sanitaria, sembrava imprevedibile. Adesso, però, queste “stranezze” dellinizio (lisolamento a domicilio, la limitazione della libertà di spostamento, la chiusura delle sale spettacolo e dei cinema, dei ristoranti) hanno cominciato a diventare qualcosa di abituale. Come anche il lavoro da remoto. In che modo è cambiato il comportamento per quanto riguarda il lavoro durante la pandemia e in che misura influisce sul burnout ci ha spiegato il sociologo Vladimir Ionaș.
“Con la pandemia, è cambiato anche il comportamento del datore di lavoro e del dipendente. Il lavoro da remoto ha fatto sorgere allinizio molti punti interrogativi sulla produttività, nel frattempo si è dimostrato che questa non è calata, anzi, è cresciuta. I datori hanno cominiciato a trovare conveniente lasciare i dipendenti lavorare da remoto per quanto più a lungo. Oltre ai vari benefici in termini di riduzione dei costi con gli affitti per gli uffici e di altri simili costi, si sono resi conto che la produttività dei dipendenti aumenta e hanno da guadagnare di più da questo nuovo modello lavorativo”, ha precisato Vladimir Ionaș.
Chi avrebbe pensato, allinizio della pandemia, che il lavoro in pigiama e le riunioni su ZOOM non sono significano leggerezza, bensì sovraproduttività, ma con duri effetti per la salute psichica e fisica delluomo attivo – ossia il burnout? Chi ha lavorato da casa sa che il volume di lavoro supera quello in ufficio. “Nel caso del dipendente, appare, ovviamente, un timore per la sicurezza del posto di lavoro, e il desiderio di dimostrare al datore che anche da casa si può lavorare altrettanto bene o persino meglio. E, allora, molte volte fanno uno sforzo considerevole. Lavorano più di quanto lo facciano in ufficio, cercano di finire i progetti, tutto ciò che hanno da fare, più presto, e appare questo fenomeno di burnout in un numero sempre maggiore di categorie professionali. Non solo tra i medici, che, veramente, in questo periodo hanno lavorato senza sosta, in quanto in prima linea nella lotta alla pandemia, ma anche negli altri settori. Ci sono stati dipendenti che hanno cercato di finire molto più rapidamente i progetti su cui lavoravano, hanno lavorato senza sosta, molti lavorano anche di notte da remoto, e, ovviamente, lorario di lavoro è del tutto diverso perchè ci sono la familia, i figli. Molti bambini sono restati a casa della chiusura delle scuole, imparano da casa e allora i genitori devono concedere attenzione anche a loro, non solo al lavoro. Ci sono molti fattori che contribuiscono al fenomeno di burnout”, ha precisato sempre Vladimir Ionaș.
Le vecchie vulnerabilità che tutti sentiamo, in certi momenti della nostra carriera, sono diventate croniche durante la pandemia, soprattutto visto che il mercato del lavoro non sembra roseo. La gente vuole dimostrare di poter lavorare da remoto anche oltre lorario di lavoro, solo per non perdere il posto di lavoro. A che porta questo ci spiega Vladimir Ionaș. “Tenuto conto della paura che tutti possiamo provare in questo periodo per quanto riguarda la sicurezza del posto di lavoro, del giorno di domani, tutti desiderano dimostrare di poter fare altrettanto bene da casa il lavoro che facevano in ufficio. Prima dellapparizione di questo fenomeno, del lavoro da remoto, cerano molti dipendenti che dicevano di voler lavorare da casa, affermando di poterlo fare altrettanto bene, e, allora, almeno nella prima parte della pandemia, quando si lavorara da remoto, molti hanno voluto dimostrare di poterlo fare altrettanto bene o meglio. Purtroppo, questo modo di lavorare si è prolungato e, ovviamente, lo sforzo compiuto da molto dipendenti è stato maggiore dello sforzo fatto prima, quando lavoravano in ufficio. Anche nei sondaggi demoscopici, cè adesso unalta percentuale di popolazione, tra le persone attive (intonro al 60-65% dei dipendenti) che desidererebbero che al termine della pandemia sia consentito loro di svolgere la propria attività da casa. Anche se possiamo dire che in molti casi appare il fenomeno di burnout, tuttavia, la gente preferisce svolgere la propria attività da casa, perchè, al di là dei dispiaceri, ci sono anche aspetti positivi, come la possibilità di passare più tempo con la famiglia, i figli, i cari. E ciò conta.”
La scuola on line sembrava unassurdità fino a poco tempo fa. Adesso, però, è diventata una regola, con implicazioni serie sullo sviluppo delle abilità sociali dei giovani. “Sono soprattutto i giovani ad avere questo problema, quelli che erano allinizio di una nuova vita, soprattutto gli studenti, che si aspettavano di vivere la vita tipica dello studente. Ciò non è successo più perchè le facoltà hanno tenuto i corsi online e in questo caso cè stato un maggiore bisogno di attenzione dal punto di vista psicologico. Per quanto riguarda i dipendenti, finchè la percentuale di coloro che desiderano continuare a lavorare da remoto anche dopo la pandemia è alta (intorno al 65%), ciò vuol dire che moltissimi dipdenenti sono contenti del modo in cui si lavora attualmente”, ha concluso Vladimir Ionaș.
In questo contesto torniamo, quindi, alla domanda, siamo già nel “mondo nuovo” oppure ci stiamo solo incamminando?