Isolati in Romania
Vi invitiamo a conoscere un personaggio collettivo che chiameremo col nome del migliore degli attuali servizi della TV pubblica romena: gli isolati in Romania.
Roxana Vasile, 18.11.2020, 08:00
Ci sono tanta tristezza e tanta rassegnazione nella voce di questa donna che vive, da sempre, nei monti della Romania.
«Dopo più di ventanni di matrimonio, mio marito è morto. Sono rimasta da sola, non ho figli, non ho nessuno. Piango costantemente, non ho nessuno con cui parlare, con cui lavorare, sto completamente da sola in casa… Molte volte, quando mi siedo a mangiare, ci metto una seconda sedia, perchè ho la sensazione che stia per venire unaltra persona per mangiare con me. Poi, quando vedo che non viene nessuno, mi metto a piangere e non posso più mangiare niente, mi alzo e mi metto ad accudire alla casa. Qui siamo in capo al mondo. Non cè vita più difficile che questa nel bosco. Per noi è una tortura, è una Romania sotto tortura.”
Ci sono tanta tristezza e tanta rassegnazione nella voce di questa donna che vive, da sempre, nei monti della Romania. Ce ne sono tanti come lei, e nemmeno i loro prossimi ne sanno, e, purtroppo, neanche le autorità. Questa volta, sono loro i nostri ospiti, un personaggio collettivo che ci permettiamo di chiamare col nome della migliore – secondo alcuni – delle attuali serie di servizi della TV pubblica romena: “gli isolati in Romania”. E nessuno potrebbe descrivere meglio questo pesonaggio collettivo della giornalista Dite Dinesz, che, dal 2006, percorre sentieri di montagna alla ricerca di interlocutori.
“È un personaggio collettivo di cui credevo, ad un certo punto, sarebbe finito, ma il mio dolore è che continuo a trovarlo e che ci sono ancora sentieri che portano verso persone di cui nessuno sa, e per cui, ad esempio, la sera comincia alle 17, con il tramonto, cui nessuno apre la porta di casa… Sono donne, sono uomini…la maggior parte anziani. Quelli che hanno figli riescono a lasciare questi posti, anche se ci sono ancora due-tre scuole aperte lassù, in montagna, ma penso che, fra qualche anno, chiuderanno anche quelle, perchè i giovani se ne vanno…”. Questo personaggio collettivo – cosa molto importante! – è una cultura in sè che non dovrebbe scomparire, ma che, purtroppo, scomparirà: è la forza dellessere umano di vivere in una casetta in legno, godersi ciascuna giornata, non chiedere niente a nessuno, sapere che ciò che riceve è abbastanza. Quindi, se dovessimo mai creare un museo della Romania, esso dovrebbe cominciare con queste casette isolate”, ci ha detto Dite Dinesz.
Dite Dinesz racconta sui servizi della serie “Isolati in Romania” che sono una notizia di un altro mondo, un dono, una benedizione e una preghiera. Queste persone sono, però, in ugual misura – diciamo noi – anche lespressione della condizione umana ancestrale, diventata precaria in un mondo moderno, a volte troppo superficiale oppure che ignora deliberatamente simili persone. <
Gli “isolati in Romania”, come lanziano che ci ha detto quanto sopra, sono abitanti di paesini appartati, ai margini delle foreste, non hanno strade asfaltate, nè negozi, nè ospedali. Il prete va ogni tanto lassù a benedirli. “Potete immaginare di vivere una simile vita non per uno o due giorni, ma per tutta la vita? Gli isolati in Romania sono ciò che potevamo essere anche noi, gli altri, se non avessimo avuto agi e privilegi”, afferma Dite Dinesz.
“Quelli vecchi, poveri, allevano qualche animale, ma non possono più lavorare la terra intorno alla casa, e, quindi, non hanno il diritto a sovvenzioni. E i giovani se ne sono andati. Lacqua non la pagano, coloro che hanno la corrente elettrica la pagano poco perchè non hanno una tv o sono in pochi ad averla. Vivono di pensioni bassissime. I giorni scorsi, ho incontrato unanziana che ha una pensione di 15 lei (pari a 3 euro), ma ho trovato anche persone con una pensione di 6 lei oppure 8 lei. È la pensione mensile! E quando le ho chiesto “ma il postino viene a portargliela?”, lei mi ha risposto “ma se non ne vale la pena?”. Persino loro hanno dimenticato di essere delle persone e di avere il diritto di ricevere la pensione dal postino, anche se si tratta solo di 15 lei. Se nessuno sale nei paesini appartati a visitare “gli isolati”, allora Dite Dinesz, accompagnata da Marius Danci – che cura limmagine, e da Constantin Buță – che cura il montaggio, li portano, attraverso il piccolo schermo, nelle case di tutti i romeni. La lezione di modestia di queste persone è sopraffacente – non si lamentano di niente e non accusano nessuno. Accettano la vita come tale, con le sue mancanze e le sue paure: la più forte è che questo modo di vivere, lontano dalla civiltà, in osmosi con la natura, finirà con loro. Dicono di avere tutto ciò di cui hanno bisogno, meno le gioie, che, in realtà, non sanno nemmeno definire. Di speranze non se ne parla nemmeno!”, ci ha raccontato Dite Dinesz.
Uno spiraglio di luce arriva sempre grazie alla giornalista Ditei Dinesz, la quale, quando non è in viaggio a realizzare servizi, fa chiamate dopo chiamate. “Semplicemente non smetto di chiamare. Da stamane sono riuscita a procurare legna per una persona della provincia di Mehedinți, una stufa per una persona della provincia di Alba … Lo faccio con laiuto di persone meravigliose che mi dicono “prendo io la stufa da lì e la porto là”, “prendo io legna e la porto”. Sono in contatto con unassistente sociale di Mehedinți che ha deciso di portare ogni settimana da mangiare a un anziano”, ci ha detto la giornalista.
Anche grazie ai telespettatori che seguono i servizi “Isolati in Romania” – già 100 mila su Facebook – Dite Dinesz, aiutata da unamica, Oana Romocea, fa anche volontariato. I fondi raccolti per “gli isolati” sotto legida dellAssociazione “La Diaspora locale” le consentono di portare aiuto allorquando va a fare le riprese – prepara sempre qualche pacchetto con alimenti di base per chi incontrerà lassù, in montagna. E ogni mese vengono aiutati anziani che sebbene abbiano lavorato una vita intera, non beneficiano di una pensione, oppure famiglie povere con figli, vengono installati pannelli solari oppure comprate medicine.
“Sapete quante buone persone sono in Romania che hanno bisogno di questo personaggio collettivo?”, chiede retoricamente Dite Dinesz. “Perchè grazie a esso escono dalla loro grigia routine e fanno del bene!”.