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Le Parigi dell’Europa dell’Est, Varsavia e Bucarest

Per limpegno con il quale ha cercato di modernizzarsi, la capitale romena ha ricevuto sin dal XIX secolo il soprannome di Piccola Parigi, un soprannome gratificante che si è mantenuto per molto tempo.

Le Parigi dell’Europa dell’Est, Varsavia e Bucarest
Le Parigi dell’Europa dell’Est, Varsavia e Bucarest

, 16.05.2023, 18:58

Una delle caratteristiche importanti della Bucarest di oggi è quella di essere una città est-europea che si è proposta come modello di sviluppo quello della città dell’Europa occidentale. Che altro modello poteva essere scelto se non la capitale francese, Parigi? Per l’impegno con il quale ha cercato di modernizzarsi, la capitale romena ha ricevuto sin dal XIX secolo il soprannome di “Piccola Parigi”, un soprannome gratificante che si è mantenuto per molto tempo. Però non solo Bucarest è stata affascinata di ciò che Parigi significava come modello di espansione urbanistica.



La capitale della Polonia, Varsavia, ha ricevuto anch’essa lo stesso soprannome, prima di Bucarest, e la stessa denominazione data a due città che cercavano con accanimento di imitare Parigi, ha determinato lo storico polacco Błažej Brzostek a scrivere il volume “La Parigi di un’altra Europa. Varsavia e Bucarest nei secoli 19 e 20”. Lo storico polacco ha notato che tra le due capitali, sebbene abbiano condiviso lo stesso soprannome, c’erano delle differenze date dalla loro storia precedente: “Ci sono delle differenze in entrambi gli spazi, nello spazio culturale romeno e in quello polacco. La prima differenza visibile è la presenza in Romania di un modello o di un concetto di balcanismo, che non esiste in Polonia, è molto importante soprattutto nell’Europa Meridionale ed è un aspetto negativo. D’altra parte, abbiamo la concezione storica dell’Europa Centrale che è positiva, assai raramente è negativa. La concezione storica dell’Europa Centrale è molto urbana come anche quella balcanica, anch’essa urbana, ma in un altro modo. Nell’urbanismo, entrambe le concezioni sono estremamente visibili e chiare.”



La Polonia e la Romania hanno avuto confini comuni per molto tempo lungo la storia, ma i rapporti tra di esse sono stati segnati dagli interessi di varie epoche. Però negli ultimi 100 anni i rapporti tra i due Paesi sono stati eccellenti. Un episodio memorabile è avvenuto a settembre 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale. Allora il governo romeno guidato da Armand Călinescu ha permesso il passaggio delle autorità di Varsavia e del tesoro polacco attraverso la Romania verso l’Occidente, affinché non finissero nelle mani della Germania. Però anche nel 19/o secolo, quando la Polonia non esisteva più sulla mappa politica dell’Europa, la presenza polacca in Romania veniva ancora ricordata.



Il soprannome di “Piccola Parigi” alle due capitali Varsavia e Bucarest, è più vecchio nel caso dei polacchi. Le idee della Francia Rivoluzionaria penetrarono in Polonia alla fine del 18/o secolo, però la caratterizzazione di Varsavia col soprannome di “Piccola Parigi” aveva connotati negativi per la nobiltà polacca conservatrice. Loro si opponevano alle idee moderniste occidentali, difenditrici di ciò che significava Parigi, e, tra le fazioni tradizionali e modernizzatrici comincia una lunga disputa. La stessa differenza di idee avrebbe creato anche a Bucarest, 30 anni dopo, intorno all’anno 1830, due fazioni simili a quelle polacche. Błažej Brzostek ha spiegato che ruolo ha svolto qui la capitale francese: “Parigi è un punto di riferimento simbolico per entrambe le culture come opposizione a tutto ciò che era stato portato dall’Oriente, ma anche a quello che era proprio. Era una questione moderna di autodefinizione e autoconoscenza ed è sembrata abbastanza chiara: chi siamo noi veramente? Essere parigino era positivo in molti testi, soprattutto nel 19/o, come in tutta Europa in generale, oppure era qualcosa di negativo. Non era mai un aspetto neutro. La discussione era legata soprattutto alla questione delle élite, una “coperta sovrapposta”, come scriveva Titu Maiorescu, alla società premoderna che desiderava modernizzare le masse per portare loro la civiltà.”



“La Piccola Parigi” ha significato, a prima vista, organizzazione e atmosfera urbana, ma non era solo questo. Era un tipo di atteggiamenti sociali, di moda, di lingua parlata e di abitazione. Varsavia e Bucarest erano soprannominate “La Piccola Parigi”, sebbene fossero diverse sia dal punto di vista dell’eredità culturale, che nell’imitare la metropoli francese. A differenza di Varsavia, una città con palazzi aristocratici, a Bucarest la trasformazione era più visibile. Bucarest era una città ancora orientale verso la fine del 19 secolo, però le case delle élite erano di ispirazione parigina. E i giovani che avevano studiato in Francia portavano Parigi a Varsavia e Bucarest. Błažej Brzostek: “Nella costruzione del concetto di Piccola Parigi, quando cerchiamo i primi momenti in cui è stato utilizzato oppure quando vediamo i momenti essenziali nell’evoluzione di questo concetto, la prima impressione è che esiste un divario tra Varsavia e Bucarest. C’ara un divario tra la Polonia e la Romania, accentuato nel 18/o secolo. Varsavia è la capitale di uno stato molto grande, considerato importante sulla mappa dell’Europa. Varsavia, come anche la Polonia, scompare, mentre la Romania si fa notare gradualmente. Varsavia subisce il forte trauma di una carica persa ed è la maggiore fonte di testi scritti e di idee. In Romania succede il contrario. Non esiste alcun trauma di stato perso, ma ce n’è un altro, quello prodotto dalla costruzione di uno stato moderno e di costruzione di una capitale moderna. Questo trauma è molto visibile soprattutto nei testi interbellici quando Bucarest, rimodellata e rifatta, con blockhaus, con grattacieli, con nuovi viali, appare come la distruzione di una città patriarcale.”



Le posterità attuali di Varsavia e di Bucarest conservano ancora con nostalgia il ricordo del soprannome di “Piccola Parigi”. Entrambe le capitali hanno sofferto moltissimo dal punto di vista urbanistico durante la seconda guerra mondiale e nel comunismo e quel trauma le avvicina oggi, in qualche modo.

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