La Squadriglia Bianca
La Squadriglia Bianca fu creata nel 1940, dietro le insistenze di Marina Ştirbey, a sua volta pilota, che ebbe l'idea di chiamare le signore che sapevano pilotare un aereo, per salvare le vite dei militari.
Steliu Lambru, 24.03.2021, 18:10
Durante la seconda guerra mondiale, le donne pilota volarono in prima linea per salvare i soldati feriti e trasportare medicine. Formarono la squadriglia bianca ossia sanitaria, come veniva ufficialmente chiamata. Erano donne coraggiose che dimostrarono forza di carattere, dedizione e impegno incondizionato per cause nobili e umanitarie nelle condizioni estreme della guerra. Le eroine della squadriglia sanitaria, la micro-mostra del mese di marzo al Museo Nazionale di Storia della Romania, rientra nella serie Il reperto del mese e racconta la storia di tre donne pilota che salvarono feriti durante la seconda Guerra mondiale: Smaranda Brăescu, Mariana Drăgescu e Nadia Russo-Bossie.
L’unità di aeromobili sanitari aveva l’incarico di trasportare persone gravemente malate e ferite, militari e civili, in tempo di pace e di guerra, verso i principali centri medico-chirurgici, nonché di trasportare personale medico e attrezzature mediche, fornendo sieri di emergenza e vaccini, medicinali, garze, sangue per trasfusioni, in situazioni di disastro, incidenti gravi, epidemie e tutte le altre circostanze in cui sarebbe necessario il suo intervento.
La Squadriglia Bianca fu creata nel 1940, dietro le insistenze di Marina Ştirbey, a sua volta pilota, che ebbe l’idea di chiamare le signore che sapevano pilotare un aereo, per salvare le vite dei militari. Lo squadrone era costituito da aerei dipinti di bianco con il segno della Croce Rossa. Non erano attrezzati per trasportare militari e armi. All’interno c’erano solo due sedili, uno per il pilota, l’altro per il ferito e una barella per le persone in condizioni gravi. Per casi estremi, c’era ancora un posto piccolo per un’infermiera.
Lo storico Cristina Păiuşan-Nuică, curatrice della micro-mostra, ci presenta i ritratti delle tre eroine della Squadriglia Bianca, cominciando con Smaranda Brăescu, istruttrice di paracadutismo e pilotaggio prima della guerra. Smaranda Brăescu fu la prima donna paracadutista in Romania. Nel 1928 imparò a saltare in paracadute a Berlino perchè in Romania le donne non potevano frequentare una scuola di paracadutismo. Ha poi frequentato una scuola di volo negli Stati Uniti, poichè solo dal 1937 le donne ebbero accesso alle lezioni di volo in Romania. Smaranda Brăescu era una persona determinata, che voleva volare sin dall’infanzia, che ha raccolto denaro da pubbliche sottoscrizioni per acquistare il suo primo aereo. La metà dei soldi necessari le arrivò dallo Stato romeno. Riuscì a battere il record mondiale di paracadutismo superando i 7.100 metri, un record a lungo ineguagliato, spiega la nostra interlocutrice.
Noi, la Squadriglia Bianca, stiamo andando al fronte. Viviamo in tenda a Tighina. Prendiamo due feriti, uno in condizioni più gravi, disteso sulla barella, l’altro, meno grave, sul sedile dietro al pilota, e li portiamo al campo di Tiraspoli, dove atterrano gli aerei di Lares, che possono trasferire più feriti allo stesso tempo. Facciamo 6-7 viaggi di andata e ritorno al giorno, notava nei suoi appunti Nadia Russo-Bossie, seconda presenza in mostra, curata da Cristina Păiuşan-Nuica.
Nadia Russo-Bossie, di origine russa, è nata nel 1901. Era fuggita dalla rivoluzione bolscevica nel 1918. Lei e sua sorella si erano rifugiate a Chisinau, dove avevano parenti. Voleva diventare pilota dopo aver frequentato una scuola d’arte a Parigi. Nel 1936, grazie agli sponsor, seguì il corso di pilota e ottenne una licenza di pilota donna, poi una licenza generale. Fece parte dello squadrone medico dall’inizio, ma nel 1943 subì un esaurimento nervoso. Ne uscì e riprese i voli, molto meno numerosi, fino al 1945 , precisa Cristina Păiuşan-Nuica.
Mariana Drăgescu è la terza pilota donna presentata nella micro-mostra del Museo Nazionale di Storia della Romania, dove possiamo anche vedere la sua divisa da aviatrice, il suo berretto tartaro, il suo orologio svizzero e la sua bussola. E’ rimasta anche una lettera inviata da Stalingrado da Mariana Drăgescu a sua madre, in cui scrive: Sono stufa di bombe, esplosioni, mine, incendi, partigiani, feriti e morti. È difficile per un uomo, ma troppo ancora per una donna, per quanto coraggiosa e sfidante nei confronti del pericolo fosse.
Cristina Păiuşan-Nuica abbozza il suo ritratto. Mariana Drăgescu era appassionata di volo sin dalla sua infanzia. Ha seguito lo stesso percorso delle altre donne pilota, andando alla scuola di aviazione di Băneasa e comprandosi un aereo grazie a pubbliche sottoscrizioni. Da subito lavorò all’Aeroclub Reale, poi, al fianco di Nadia Russo e Virginia Thomas, fu una delle prime tre donne pilota della nuova squadriglia sanitaria. Mariana Drăgescu fu l’unica a volare sia sul fronte orientale che su quello occidentale: nel 1941 nella campagna di Bessarabia, nel 1942 nella campagna di Stalingrado e nel 1943 nella campagna di Crimea, mentre nel 1944-1945 in quella della Slovacchia, per arrivare fino a Vienna, aggiunge la nostra ospite.
Durante i primi due anni, gli aerei della Squadriglia Bianca erano pilotati esclusivamente da donne. Oltre alle tre eroine citate, altre donne coraggiose ne facevano parte, e dobbiamo ricordare i loro nomi: Virginia Thomas, Virginia Duțescu, Victoria Pokol, Eliza Vulcu, Maria Neculae, Stela Huțan. Va inoltre ricordato il nome dell’infermiera Ioana Grădinescu, campionessa dei voli con gli aerei portatori di vita e speranza.