Maschere tradizionali nelle usanze invernali
Il mese di dicembre abbonda di rituali legati alle feste invernali e che si sovrappongono sui momenti importanti del calendario della Chiesa, ricordando anche il periodo precristiano.
Monica Chiorpec, 19.12.2017, 09:38
Il mese di dicembre abbonda di rituali legati alle feste invernali e che si sovrappongono sui momenti importanti del calendario della Chiesa, ricordando anche il periodo precristiano. Forse la più spettacolare manifestazione, che riveste significati metafisici particolari, è l’usanza dei canti natalizi interpretati da auguratori che indossano maschere popolari. Inclusa nel patrimomio culturale dell’UNESCO, l’usanza dei canti natalizi interpretati dai maschi nella regione del Maramures e non solo viene a riconfermare l’importanza della conservazione dell’intero rituale. Natalia Lazar, direttrice del Museo della Contrada di Oas, della regione del Maramures, presenta la storia e il significato della maschera, come oggetto ritualico, ma anche come pezzo del costume popolare indossato per interpretare canti natalizi.
All’inizio, si trattava di semplici strumenti rituali di protezione magica, adoperati nel processo lavorativo primitivo. Successivamente, sono diventate strumenti complessi per raffigurazioni mitiche e ludiche. Nel momento in cui le maschere primitive perdono il carattere prevalentemente ritualico e appaiono elementi nuovi, che modificano la loro struttura e carattere, allora nascono anche le maschere popolari. I primi riferimenti nello spazio carpatico-danubiano-pontico risalgono al IV secolo, ai tempi degli imperatori Diocleziano e Massimiliano, e riguardavano un’usanza militare dedicata al dio Crono, precisamente la festa dei Saturnalia. Il principe Dimitrie Cantemir, letterato, storico e filosofo, presenta nella sua famosa Descriptio Moldaviae le maschere indossate dai protagonisti della danza tradizionale dei calusari. I giochi contadini con le maschere cominciarono ad essere descritti dagli specialisti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, spiega la direttrice del Museo della Contrada di Oas.
Ricordando le maschere che amplificavano le voci negli anfiteatri antichi, quelle indossate per i canti natalizi, ma anche a Capodanno, sono diventate emblematiche per l’intero spazio romeno, aggiunge Natalia Lazar. In questo periodo delle feste invernali, i gruppi di auguratori si mettono le maschere, un’usanza precristiana sovrapposta a quella cristiana. Si pratica in quasi tutte le zone del Paese, compresa la provincia del Maramures, con le quattro zone etnografiche. Così, a partire dal 20 dicembre, quando i cristiani ortodossi venerano Sant’Ignazio di Antiochia, fino a Natale o Capodanno, i giovani mascherati vanno in giro accompagnati da raffigurazioni della capra, dell’orso o di altri animali totem. L’usanza del Viflaim rappresenta una forma di teatro popolare cristiano, conservata ancora perfettamente sulle Vallate di Iza e Mara e nella contrada di Oas, nel Maramures. Inoltre, gli abitanti del posto ricordano ancora un’altra danza tradizionale natalizia, come riferimento ad un tempo sacro, in cui i cieli si aprono e agevolano la comunicazione tra i due mondi.