L’uso strumentale dell’archeologia da parte del regime comunista
La ricerca scientifica in un regime totalitario o in una dittatura è una rigorosamente controllata dall'apparato statale.
Steliu Lambru, 13.05.2022, 17:28
La ricerca scientifica in un regime totalitario o in una dittatura è una rigorosamente controllata dallapparato statale. La censura è immancabile in un simile stato, essa e lapparato repressivo formando la sua essenza dura. Lo stato comunista romeno ha puntato sullideologia per poter funzionare. Il sapere storico è stato essenziale e attentamente monitorato dalla Securitate, la polizia politica del regime comunista, che lha controllato attraverso lideologia. Il processo di ideologizzazione delle discipline socio-umanistiche è stato parte della propaganda. La storia non poteva essere risparmiata, ed è stata altrettanto ideologizzata come le altre discipline, come non fu risparmiata neanche larcheologia. In più, il regime colpi brutalmente anche leredità della scienza della storia, e nel caso di certi storici si può parlare persino di brutalità fisica. Lapparato di repressione buttò nel carcere storici del precedente regime, sia per le posizioni politiche occupate, che per le loro opinioni scienfiche. Storici prestigiosi come Gheorghe Brătianu, Constantin C. Giurescu, Petre P. Panaitescu, Silviu Dragomir e altri furono incarcerati, a partire dagli anni 1950. Alcuni morirono in carcere, come Gheorghe Brătianu, altri riuscirono a sopravvivere fino al 1964, anno dellaministia di tutti i detenuti politici.
Larcheologo Marian Cosac è docente presso lUniversità “Valahia” di Târgoviște ed editore di un volume di documenti selezionati dagli archivi dellex Securitate sulla modalità con cui la polizia politica del regime comunista orientava la ricerca archeologica prima del 1989. Va detto che anche nellarcheologia la Securitate è intervenuta brutalmente, ha stabilito temi da affrontare e ha imposto conclusioni. Si trattava delle idee e delle tesi che potevano essere sostenute ideologicamente e della costituzione delle equipe di archeologi che dovevano fare ricerca in un sito archeologico. La formazione del popolo romeno e la sua continuità in Transilvania, Maramureș, Banato e Dobrugia sono state più che idee che dovevano essere al centro di qualsiasi campagnia di scavi archeolgici. Erano unossessione, erano la conclusione più importante. Alle province menzionate è stata concessa unattenzione speciale a causa delle vertenze storiche con lUngheria e la Bulgaria. Gli argomenti della Romania dovevano risultare da qualsiasi ricerca sullunione di questi territori con la Romania nel 1878 e 1918. Questa non era, però, una pratica esclusiva della Securitate romena. Anche altri apparati di repressione dei Paesi comunisti hanno ricorso allo stesso tipo di intervento giustificativo. Abbiamo chiesto a Marian Cosac come assegnava la Securitate i compiti di ricerca agli archeologi e come decideva le conclusioni cui loro dovevano arrivare. “La Securitate disponeva di una rete estremamente vasta di informatori in tutti i musei di storia. Ed era questa rete di informatori, in realtà, a garantire linterpretazione corretta dal punto di vista scientifico dei dati archeologici. Gli ufficiali della Divisione I della Securitate non avevano la capacità di capire il linguaggio archeologico. Purtroppo, le accuse di violazione della verità storica venivano mosse dagli stessi colleghi archeologi, non dagli ufficiali della Securitate. E nella misura in cui i dati arrivavano agli ufficiali, loro intervenivano aprendo fascicoli di sorveglianza delle persone nel mirino. Alcuni archeologi, anche se sostenevano punti di vista ben argomentati scientificamente, sono stati dichiarati nemici dello stato romeno e inclusi nella categoria di coloro che snaturavano la verità storica.”
Lintervento della Securitate nella ricerca archeologica ebbe anche conseguenze personali. Ci furono casi di specialisti che ebbero il coraggio di opporsi allingerenza grossolana e mistificatrice delle autorità nel lavoro rigoroso degli archeologi. Florin Medeleț del Museo di Storia di Timiș pagò per la sua opposizione, come racconta Marian Cosac, che scopri negli archivi il suo fascicolo di sorveglianza. “Florin Medeleț fu uno degli archeologi che finirono nel mirino della Securitate a causa di una sfortunata scoperta, per cosi dire. Si trattò di tre terrecotte romane rinvenute in seguito agli scavi nelle fondazioni di un palazzo. La rilevanza delle tre terrecotte romane fu interpretata da uno storico specializzato nel periodo moderno, Ioan Dimitrie Suciu, come prova chiara della continuità e della presenza romana nella zona del Banato. Questo storico identificava sul territorio in cui ricade lodierna Timișoara la presenza di un castro romano e largomento assoluto sarebbero state le tre terrecotte. Come archeologo, Medeleț bocciò questa ipotesi e per questo motivo la Securitate apri nei suoi confronti un fascicolo di sorveglianza che ebbe dure conseguenze sulla sua evoluzione professionale e personale. Fu destituito dallincarico di direttore, e retrocesso al più basso grado, quello di museografo. Gli fu vietato di pubblicare studi archeologici, fu sorvegliato e gli fu impedito di iscriversi al dottorato. Gli effetti diretti su Florin Medeleț furono catastrofici. Medeleț fu una personalità indiscutibile della ricerca archeologica nella zona del Banato, un vero formatore di scuola archeologica.”
Nel periodo 1945-1989, larcheologia fu una scienza in cui lideologia ebbe un influsso negativo sullintegrità accademica. La ricerca imparziale fu compromessa e molte conclusioni oneste scientificamente rimasero nei cassetti.