Mircea Eliade
Mircea Eliade è stato, senz'altro, una delle grandi personalità culturali romene del XX secolo. La diversità dei suoi interessamenti, dalla storia delle religioni alla letteratura, lo rese un autore complesso e un'autorità riconosciuta.
Steliu Lambru, 18.05.2020, 08:46
Mircea Eliade è stato, senz’altro, una delle grandi personalità culturali romene del XX secolo. La diversità dei suoi interessamenti, dalla storia delle religioni alla letteratura, lo rese un autore complesso e un’autorità riconosciuta. Dal 1956 fino alla morte avvenuta nel 1986, insegnò all’Università di Chicago, negli Stati Uniti. Nacque il 9 marzo 1907 a Bucarest, da padre ufficiale e madre casalinga. Fu un alunno propenso allo studio ed ebbe tra i compagni di liceo altri nomi di spicco della cultura romena: lo scrittore e giornalista Arșavir Acterian, il poeta, scrittore e regista Haig Acterian, il filosofo Constantin Noica e il critico d’arte Barbu Brezianu.
Da adolescente, oltre alla letteratura, alla filosofia e alla storia, Eliade manifestò interesse anche per le scienze naturali, la chimica e l’occultismo. Nelle sue letture letterarie giovanili, fu influito dalla monumentale opera di Honoré de Balzac, ma anche da quella di Giovanni Papini, che, d’altronde, conobbe personalmente durante un viaggio in Italia. Si laureò in Lettere e Filosofia presso l’Università di Bucarest, con una tesi sulla filosofia rinascimentale italiana.
L’opera di Mircea Eliade è vasta e variata. Poliglotta, lasciò oltre 80 volumi di storia delle religioni e letteratura. E’ riconosciuto come uno dei più influenti storici delle religioni dei suoi tempi, firmando in questo campo una trentina di volumi tradotti in 18 lingue. La sua creazione letteraria comprende 12 romanzi, tra cui ricordiamo Il romanzo dell’adolescente miope, Maitreyi. Incontro bengalese, Nozze in cielo, La foresta proibita, Gli Huligani, ma anche parecchie novelle, tra cui Signorina Christina o Il segreto del dottor Honigberger.
Eliade fu un dei primi orientalisti romeni a bagnarsi di cultura indiana. Innamorato di questo Paese, andò a studiare a Calcutta, dove imparò il sanscrito e scoprì la spiritualità indiana. Il romano Maitreyi. Incontro bengalese è dedicato alla figlia del padrone di casa indiano che lo ospitava, di cui si innamora e che non potè sposare in quanto il padre era contrario. Nel 1933, al rientro dall’India, la sua esperienza fu coronata da un dottorato di ricerca sulle pratiche dello yoga.
L’Archivio del Centro di Storia Orale di Radio Romania custodisce un documento sonoro di eccezione: la registrazione di una dialogo con la nota critica letteraria Monica Lovinescu a Radio Free Europe negli anni 1970, in cui Mircea Eliade presenta il suo soggiorno indiano come un periodo che lo aveva aiutato a capire l’andamento della storia, che significava dialogo tra le culture. E il suo viaggio nel mondo delle idee e credenze religiose lo aiutò a compiere un passo in avanti, aprendo un universo sconosciuto fino allora.
Da quando sono tornato dall’India, ho capito che c’è un limite del provincialismo culturale occidentale. Che dopo la seconda Guerra Mondiale va trovato il ponte tra le varie culture, tra la cultura occidentale, orientale, e le culture arcaiche. Che non esiste un’introduzione più semplice e più convincente ad una cultura se non la comprensione della tradizione, che è sempre una tradizione di origine e di struttura religiosa. La storia delle religioni mi sembrava il primo passo, la prima tappa nel tentare a capire le altre culture, da pari a pari, quindi, il dialogo. Anche allora ero sicuro, avevo la certezza che questi libri sarebbero stati accolti bene, che avrebbero destato interesse, poichè la realtà storica mi dava ragione, diceva il grande studioso nell’intervista a Radio Free Europe.
Mircea Eliade considerava se stesso scrittore e scienziato in ugual misura. Apprezzato piuttosto per la sua opera scientifica, grazie alla quale fece carriera negli Stati Uniti, all’Università di Chicago, dove fondò la Divinity School insieme al tedesco Joachim Wach, Eliade sentiva di non poter abbandonare la lingua romena, e la letteratura lo rinviava sempre alle sue radici, come confessava lui stesso.
Scrivendo letteratura, torno alle mie origini, il che è normale. E’ la lingua che non ho mai voluto impoverire, quindi ho bisogno di sognare e portare me stesso a compimento nella mia propria lingua, per la salute della mia anima. Potrei tradurre da solo certi brani letterari in francese o inglese. Potrei, forse, scriverli in inglese o francese, ma, per quanto mi riguarda, mi sembra più importante questo desiderio di non perdere il contatto con la mia propria storia che è, naturalmente, la storia di un romeno che ha lavorato in Romania e all’estero, aggiungeva Mircea Eliade.
E’ stato detto per tante volte che nel mondo odierno la religione ha un’influenza sempre più scarsa. Però Mircea Eliade diceva che questa desacralizzazione è, in realtà, un processo che nasconde il sacro, di cui la gente ne ha ancora bisogno. Questo bisogno di ascoltare una storia, breve all’inizio, in cui si raccontava della genesi del mondo, della creazione dell’uomo, dell’organizzazione della società e così via, è una necessità che io ritengo fondamentale. E’ una struttura della coscienza, non una tappa nella storia della coscienza. Non credo che l’uomo possa esistere come tale senza ascoltare, senza che gli sia raccontata la storia sua e del mondo in cui si trova e che continua ad esistere, affermava ancora il grande filofoso e storico delle religioni.
Mircea Eliade fu uno dei tanti romeni esiliati nell’Occidente dopo il 1945, quando il regime comunista venne insediato in Romania. Si è spento a Chicago il 22 aprile 1986, lasciando ai posteri un’impressionante opera. L’Accademia Romena lo accolse post-mortem tra i suoi soci nel 1990, dopo la caduta del regime comunista.