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75 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale

L'umanità usciva dalla prima metà del XX secolo fortemente traumatizzata dalla Seconda Guerra Mondiale.

75 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale
75 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale

, 11.05.2020, 11:00

L’umanità usciva dalla prima metà del XX secolo fortemente traumatizzata dalla Seconda Guerra Mondiale. Dal 1939 al 1945 aveva visto tutte le forme della disumanizzazione, tragedie sul fronte e dietro la sua linea, militari e civili vittime in ugual misura della follia collettiva, delle ideologie dell’odio e delle ossessioni. L’apice del genocidio fu raggiunto con la Shoah in cui trovarono la fine sei milioni di ebrei. Il 9 maggio 1945, l’Europa ritrovava finalmente la pace dopo quasi sei anni di tormenti e sofferenze, con la resa della Germania nazista. Come in tutte le storie a lieto fine, anche nel secondo conflitto mondiale fu il Bene a trionfare. Però le sue conseguenze non furono uguali. Mentre l’Europa Occidentale stava tornando alla normalità, l’Europa centro-orientale, la Romania compresa, veniva occupata dall’Unione sovietica, e fu costretta a sperimentare il modello comunista per quasi mezzo secolo. Un modello che fallì sotto tutto i profili.

Insieme a Vladimir Tismăneanu, professore di scienze politiche e storia del comunismo all’Università di Maryland, abbiamo cercato di capire chi erano il Bene e il Male che si scontrarono durante la Seconda Guerra Mondiale. Quando valuto le cause, lo svolgimento e le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, come in qualsiasi altro fenomeno, sono ispirato da visioni tipo Hannah Arendt, Arthur Koestler e George Orwell. In questa lotta non fu coinvolto un Bene assoluto, dal momento che, al fianco delle democrazie, nella coalizione antifascista, c’era anche l’Unione sovietica stalinista, essa stessa un imperio totalitario, che si era compiaciuta colpevolmente con la Germania nazista. Era un Bene relativo, non possiamo dire che era il Bene assoluto, poichè il Bene assoluto non esiste nella storia. Dall’altro schieramento, c’era l’Asse anticomintern. Ad un certo momento, a novembre 1940, durante la visita di Molotov a Berlino, Hitler o qualcuno del suo entourage, propose al ministro sovietico di aderire al Patto anticomintern. Orbene, la sede della Comintern era proprio a Mosca. In quel momento è chiaramente esistita una personificazione evidente, indubitabile, di ciò che io ho chiamato in un libro il diavolo nella storia, secondo il concetto del filosofo polacco Leszek Kolakowski. Era il diavolo che in quel momento sembrava meno disposto all’espansionismo, di cui l’Occidente aveva bisogno, spiega il prof. Vladimir Tismăneanu.

In qualsiasi guerra ci sono vincitori e vinti. Nella Seconda Guerra Mondiale, i vinti furono i partiti, i governi, i movimenti di tipo fascista. Il fascismo fu sconfitto, questo è un aspetto fondamentale. Riscrivere la narrazione della Seconda Guerra Mondiale in certi luoghi, la Romania compresa, riabilitare vari movimenti fascisti, i nuovi fondamentalismi collettivisti, di tipo tribale, primordiale o razzista, senz’altro in queste condizioni significa che alcuni proprio non hanno capito lo scioglimento politico, morale, militare della Seconda Guerra Mondiale. D’altra parte, sicuramente è venuta a crearsi una situazione che dovremmo chiamare sindrome dopo-Yalta. Era una situazione in cui la metà centro-orientale dell’Europa venne praticamemte occupata dall’Unione sovietica. Sarebbe stato l’Occidente capace di restere a questi attacchi sovietici nel 1947-48? E’ difficile costruire uno scenario alternativo. La presenza militare sovietica nell’Europa centro-orientale non era l’effetto di un tradimento dell’Occidente, bensì l’esito dei combattimenti del conflitto mondiale, aggiunge Vladimir Tismăneanu.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Romania fu sia al fianco dell’Asse che delle Nazioni Unite. Ma alla fine del conflitto, si ritrovò ugualmente nello schieramento dei vinti e dei Paesi comunistizzati. Vladimir Tismăneanu spiega come arrivò la Romania in questa situazione. La trasformazione della Romania in un sistema totalitario radicale di destra, come fu dal 6 settembre 1940 al 23 agosto 1944, proviene parzialmente dalla crisi della democrazia liberale. Va sempre sottolineato che la Romania ha un passato utilizzabile, con una democrazia costituzionale e funzionale. Sfortunatamente, sia l’estrema destra che quella sinistra hanno attaccato continuamente lo stato unitario romeno, ma anche la democrazia costituzionale. Alcuni premier vennero uccisi dai comando fondamentalisti di stampo hitleriano, e l’omicidio diventò parte del clima politico. Da aggiungere anche l’incapacità della classe politica di prendere misure e resistere. La caduta della Romania nel totalitarismo non fu una fatalità. Ci fu tutt’una serie di errori nel collocamento della Romania nello schieramento di Hitler, spiega ancora Vladimir Tismăneanu.

Quali lezioni per i posteri? Qualsiasi illusione rispetto all’ideocrazia, con una dittatura basata sull’ideologia, è di malaugurio a breve, medio e soprattutto lungo termine. La stiamo vivendo in questo momento. Io non credo che ci sia stato un piano nella Repubblica Popolare Cinese di diffondere il Covid-19 nel mondo. Però il silenzio, il mistero, la mania di tenere tutto all’oscuro, sono altrettanti elementi fondamentali del sistema totalitario. Quello che è avvenuto in questo periodo assomiglia alla vicenda Chernobyl. Infatti, è come un Chernobyl planetario. Sono tante le lezioni della Seconda Guerra Mondiale, ma quella essenziale è che non possiamo fare dei compromessi allorquando la libertà, la fiducia e la verità sono attaccate e umiliate, ha concluso il prof. Vladimir Tismăneanu.

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