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Le leggi razziali in Romania

Negli anni 1930, il razzismo fu una delle più tremende forme di discriminazione e persecuzione inventate dall'umanità e applicate dagli stati.

Le leggi razziali in Romania
Le leggi razziali in Romania

, 11.12.2017, 14:21

Negli anni 1930, il razzismo fu una delle più tremende forme di discriminazione e persecuzione inventate dall’umanità e applicate dagli stati. La crisi della democrazia e la crescente intolleranza portarono alle leggi razziali. A scatenare questi atti riprovevoli fu la Germania nazista, con le famigerate leggi antisemite di Norimberga, adottate nel 1935. Anche in Romania la crisi della democrazia del 1938 fece nascere i regimi autoritari che elaborarono e votarono leggi razziali che ebbero come target la popolazione ebraica. Radio Romania Internazionale ha parlato delle leggi razziali antisemite in Romania con Lya Beniamin, sia come storico che come testimone diretto degli anni 1940.

Le leggi apparvero prima dell’avvento di Ion Antonescu al governo, già col Governo Gigurtu ad agosto 1940, col nome di Statuto giuridico degli ebrei in Romania. In precedenza, nel 1938, il governo Goga aveva adottato la legge sulla revisione della cittadinanza, applicata nel 1939, dopo la sua caduta. Fu la prima legge grave ad aver colpito un’importante categoria di popolazione ebraica in Romania. Con la legge sulla revisione della cittadinanza, circa 200.000 ebrei la persero e ne rimasero senza. Perdevano allo stesso tempo tutt’una serie di diritti, innanzitutto quelli di lavorare e di possedere proprietà. Però, come tipologia di legge razziale, seguì lo Statuto giuridico degli ebrei, che non includeva esclusivamente provvedimenti legislativi: teoretizzava, dal punto di vista razziale, la qualità di ebreo. Era la legge che stabiliva cosa significava essere ebreo, la fascia che rientrava nella categoria degli ebrei e contro la quale venivano applicate le rispettive leggi. In un certo qual modo, su questa normativa si basò la legislazione razziale durante il governo di Antonescu, spiega Lya Beniamin.

Il sangue come metafora e massimo criterio scientifico, accanto alla biologia come autorità accademica resero la biopolitica un paradigma per la giurisprudenza razziale. Lya Beniamin spiega che durante il governo del maresciallo Ion Antonescu, nei primi anni ’40, la legislazione stabiliva l’etnicità dell’individuo a seconda delle caratteristiche genetiche ereditate. Ogni legge adottata dal governo Antonescu definisce nel preambolo la qualità di ebreo, condizionata dal criterio del sangue. Se per gli ebrei, quelli di nascita devono provenire da madre ebrea, secondo le leggi razziali del regime Antonescu contava in ugual misura anche l’appartenenza etnica del padre. Si considerava che la struttura del sangue fosse molto più forte nei maschi che nelle femmine e che i pregi e i difetti di carattere si trasmettessero in maniera molto più evidente dalla parte del padre, quindi dal maschio, che dalla madre. Lo Statuto giuridico degli ebrei apparve l’8 agosto 1940 e subito dopo – all’indomani e nel terzo giorno, venne fuori anche la legge, in un certo qual modo di essenza razziale, che vietava i matrimoni misti. Le punizioni per i matrimoni misti erano grandi. Lo Stato Civile non officiava dei matrimoni tra persone di etnie diverse. Per un romeno era assolutamente impossibile sposare un’ebrea. Si sono verificati dei casi in cui i matrimoni misti già esistenti vennero sciolti con l’accordo tra i partner, non perchè la coppia era costretta a separarsi, poichè non ci fu un simile provvedimento. Però in certi casi si separavano per non rendere ancora più pesante la situazione del partner, aggiunge Lya Beniamin.

La nuova legislazione si occupava anche dei bambini risultati dai matrimoni misti. Lya Beniamin spiega il loro statuto giuridico. Questo aspetto era connesso sempre alla definizione della qualità di ebreo. Se il padre era ebreo, pur separato dalla madre romena o cristiana, il rispettivo bambino contava come ebreo. Io ho pubblicato una petizione delle madri cristiane di Bucarest, che protestavano contro l’esclusione dei figli dalle scuole in quanto considerati ebrei. Una simile istanza delle madri cristiane fu firmata dalla madre di Janina Ianosi, la moglie del filosofo Ion Ianosi. Sua madre era cristiano-ortodossa, il padre ebreo e lei studiava presso una scuola evangelica dalla quale era stata espulsa. Quindi, i bambini nati da matrimoni misti contavano come ebrei. Un altro esempio fu il filosofo Constantin Ionescu-Gulian: il padre era ebreo, la madre – cristiana, e lui veniva considerato sempre ebreo, aggiunge Lya Beniamin, lei stessa espulsa, da bambina, dalla scuola, in base alle stesse leggi razziali. Ha condiviso con noi quei ricordi.

Il primo shock fu nel 1940, quando fu adottata la legge sull’espulsione dei bambini dalle scuole. La mia famiglia abitava nella città di Tarnaveni. Ero nella terza classe della scuola elementare. Amavo la scuola, mi svegliavo ogni giorno alle 6 per non fare tardi. Un giorno, il direttore della scuola elementare dove studiavo io e altri bambini ebrei aveva ricevuto l’ordine di radunare l’indomani tutti nel cortile e leggere con grande orgoglio la legge che vietava ai bambini ebrei l’accesso nelle scuole romene. Il direttore era una persona di particolare buon senso, per cui di notte andò a trovare il rabbino di Tarnaveni, una città piccola, dove vivevano pochi ebrei. Lo convinse di andare a tutte le case degli ebrei i cui figli andavano a scuola e annunciarli di non recarvisi più il giorno dopo, per non essere esposti ad una situazione talmente umiliante. Cosicchè alle 6 del mattino la mamma venne a dirmi che mi era vietato di andare a scuola. Per me fu un grandissimo shock, ricorda Lya Beniamin. Le leggi razziali, profondamente ingiuste e distruttive, scomparvero col crollo del nazifascismo, nel 1945.

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