La crisi del 1927
Il 1927 ha significato la morte di due grandi personalità politiche, re Ferdinando I e il politico liberale visionario Ion I. C. Brătianu, entrambi con grandi meriti nella creazione della Grande Romania.
Steliu Lambru, 13.02.2017, 07:39
I momenti di crisi nella storia non anticipano mai la vera portata degli avvenimenti successivi. Nella prima metà del XX-esimo secolo, il crollo della democrazia è stato annunciato tramite segnali di crisi che l’umanità ha trattato spesso con superficialità e con la speranza che le cose sarebbero comunque tornate alla normalità. Prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, la democrazia ha dato alcuni indizi sui suoi nemici. In Romania, la democrazia è entrata in crisi a febbraio 1938 quando re Carlo II ha sciolto i partiti politici, ha elaborato una nuova costituzione ed ha instaurato il proprio regime dittatoriale.
Ma il momento del 1938 non è apparso d’un tratto. La crisi della democrazia romena cominciava a manifestarsi nel 1927, anno cruciale nella storia politica della Romania. Il 1927 ha significato la morte di due grandi personalità politiche, re Ferdinando I e il politico liberale visionario Ion I. C. Brătianu, entrambi con grandi meriti nella creazione della Grande Romania. La Romania interbellica non è mai riuscita a superare lo shock di queste perdite che hanno significato per l’istituzione della monarchia un degrado accelerato della sua immagine e per il PNL, il partito di Brătianu, l’inizio di un periodo di agitazione e scissioni. Inoltre, il 1927 ha portato un nuovo problema per la classe politica e la società romena: la garanzia della successione al trono, l’erede di Ferdinando essendo Michele, suo nipote, che aveva 5 anni.
Florin Müller, docente di storia contemporanea dei romeni presso la Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest, ci ha parlato delle influenze della morte di re Ferdinando I sulla monarchia: La morte di re Ferdinando I è stata significativa per tutta la storia romena. Con la morte del re è iniziato ciò che all’epoca era chiamato “la questione chiusa”. Si tratta dell’atto del 4 gennaio 1926 quando Carlo, il figlio di Ferdinando, ha rinunciato ai suoi diritti di principe erede. Con la morte di re Ferdinando, la questione dell’eredità restava irrisolta. La reggenza era una struttura provvisoria, un simulacro di monarchia, che non risolveva il contenuto di questa istituzione dello stato romeno. Re Ferdinando non ha avuto uno stile autoritario simile a quello di Brătianu, e tanto meno a quello di suo figlio Carlo II. Ma lui ha creato l’impressione di solidità e stabilità della monarchia. La monarchia ai tempi di Ferdinando non ha manifestato la tendenza al potere assoluto come ai tempi di Carlo II. Possiamo ricordare anche la propensione verso l’autoritarismo della regina Maria, ma non è stato questo il vero contenuto della monarchia di Ferdinando. Re Ferdinando ha rappresentato un’immagine stenica della monarchia, che era un’istituzione di rappresentazione, non un vero e proprio potere.
La morte di Brătianu non è stata superata dal Partito Nazionale Liberale che non si è dimostrato capace di trovargli un sostituto altrettanto valoroso. Quell’incapacità può essere attribuita al modo in cui Brătianu esercitava il suo potere nel partito, è del parere Florin Müller: Ion I. C. Brătianu è lo strumento generatore e ordinatore della democrazia di tipo liberale. Lui ha permesso una democrazia limitata, entro i limiti concepiti dal PNL, nel senso che le riforme dovevano aver luogo ad un livello superiore. Il potere esecutivo decideva sul potere legislativo. Negli anni ’20 la caratteristica fondamentale della vita politica romena, che avrà effetti anche negli anni a venire, è stata quella della sua iper-personalizzazione. Ion I. C. Brătianu concentra molto potere, gli stessi leader del PNL esercitano un potere molto grande rispetto ai canoni del sistema democratico. Con il suo stile personale, Brătianu non ha permesso la creazione di un’élite politica liberale nel vero senso della parola. Possiamo ricordare I. G. Duca, il suo successore alla direzione del partito, oppure suo fratello, Vintilă Brătianu, ma è impossibile paragonarli a lui. Duca si poteva avvicinare in una piccola misura a ciò che era stato Brătianu, però non era il caso di altri politici liberali.
Della crisi dei liberali ha approfittato il Partito Nazionale dei Contadini, fondato nel 1926, in opposizione al regime liberale. La morte di Brătianu e la crisi dei liberali ha portato questo partito al potere nel 1928, su un’ondata di grande simpatia. Ma questo partito non ha potuto ponderare gli eccessi autoritari, i più visibili essendo quelli del futuro re Carlo II. Florin Müller: La posta in gioco politico-ideologica del Partito Nazionale dei Contadini era una reale nel senso che i membri del partito attiravano l’attenzione, con molti argomenti, sul potere oligarchico del PNL. Solo che il Partito Nazionale dei Contadini veniva con una retorica di sinistra, pseudorivoluzionaria, che non corrispondeva molto chiaramente alle aspettative a lungo termine della società romena. Supponendo che queste propensioni pseudorivoluzionarie siano state eliminate grazie al carattere di Iuliu Maniu, il Partito Nazionale dei Contadini ha avuto anche un altro problema, quello della restaurazione, del ritorno dell’ex principe Carlo nel Paese e della sua proclamazione come re. Si crea un polo di potere parallelo a quello del Partito Nazionale dei Contadini arrivato al potere a novembre 1928 che, infatti, sabotava il Partito Nazionale dei Contadini. E’ interessante che il Partito Nazionale dei Contadini, e Maniu in primo luogo, avevano una posizione ambigua nei confronti della restaurazione. A differenza di Duca e del PNL, Maniu era favorevole ad una revisione del documento del 4 gennaio 1926. Solo che il leader del Partito Nazionale dei Contadini desiderava quella revisione entro i canoni democratici, con il rispetto della democrazia da parte del futuro re. Però Carlo non ha mai dato assicurazioni e tanto meno ha applicato ciò che voleva Maniu: il rispetto dei principi costituzionali.
Un altro grande protagonista politico che si è affermato sulla scena politica, a cominciare dal 1927, è stata la Legione dell’Arcangelo Michele, un movimento fascista. Con ambizioni trasformiste, i legionari volevano liberare la società dai mali del capitalismo. Il 1927 fu il momento di passaggio dal modo tranquillo di fare politica ad uno agitato, e il radicalismo diventò il termine che avrebbe poi caratterizzato la retorica politica.