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L’iconografia dell’epoca fanariota

Liconografia dellepoca fanariota fa vedere un mondo tramontato, un mondo dellopulenza e del benessere. Era però un benessere delle élite che cercavano di mantenere il rango e i privilegi in tempi che stavano cambiando.

L’iconografia dell’epoca fanariota
L’iconografia dell’epoca fanariota

, 20.03.2016, 19:29

L’impero ottomano, in piena offensiva verso l’Europa Centrale nella seconda metà del 17-esimo secolo, portava con sé elementi della civiltà greco-orientale. I principi della Moldavia dopo il 1711 e della Valacchia dopo il 1716 provenivano da ricche famiglie greche del quartiere Fanar di Costantinopoli, perciò furono chiamati “fanarioti”. Il periodo fanariota fu considerato secondo alcune correnti storiografiche, come ad esempio il romanticismo, fra i più nefasti nella storia della Romania. Fu caratterizzato soprattutto dalla corruzione, il rapido arricchimento e l’impoverimento soprattutto dei contadini e dei mercanti. Dal punto di vista culturale, il dominio fanariota fu il modello della grecizzazione e dell’orientalizzazione come risulta anche dall’iconografia dell’epoca, soprattutto da quella risalente agli inizi del 19-esimo secolo. Il periodo fanariota finì dopo la rivoluzione di Tudor Vladimirescu, nel 1821, quando le famiglie principesche romene tornarono al trono in Moldavia e Valacchia.



Alcune famiglie fanariote però subirono una graduale romenizzazione, diventando autoctone e adottando un discorso nazionalista e modernizzatore. Odiato dai romantici e considerato responsabile di tutti i mali socio-economici, il dominio fanariota rimase fino alla seconda metà del 19-esimo secolo una presenza importante nella vita della nuova Romania apparsa dopo il 1859 in seguito all’unificazione della Moldavia con la Valacchia. Lo storico Adrian-Silvan Ionescu ha studiato la moda e le mentalità dei primi decenni dell’Ottocento romeno, secolo ancora impregnato dell’orientalismo fanariota. Lo storico ha ritrovato l’opulenza di quel periodo nelle immagini depoca: Il mondo fanariota è rappresentato nei più bei colori possibili. Quando i grandi boiardi si rivolgevano gli uni agli altri utilizzavano le parole “psihi mu”, cioè “anima mia”. Avevano una particolare abilità di parlare utilizzando fioriture di stile, come risulta dai materiali di archivio. Nei vestiti, secondo la moda di Costantinopoli, loro riportavano la raffinatezza e la ricchezza dell’antico Bisanzio.



I vestiti fastosi, che rispecchiavano anche le cariche detenute, erano quelli larghi, cari e lavorati artisticamente. Essi facevano sensazione di fronte alla élite occidentali che si incontrava con i boiardi romeni.



Erano così fastose queste corti di Iaşi e Bucarest tramite le personalità che apparivano indossando quegli abiti, che i rappresentanti delle Case Reali e Imperiali dell’Europa rimanevano di stucco. Uno dei boiardi romeni più insigni, Ienăchiţă Văcărescu, andò alla corte imperiale di Vienna per cercare di convincere l’imperatore a mandare a casa i due principi austriaci. Loro avevano indossato abiti tedeschi (cioè stretti) e si erano rasi la barba. Le contesse e le baronesse tolsero la ventriera a Văcărescu per ammirare le delicatezza e la ricchezza dello sciallo di cashmere che indossava. – racconta ancora Adrian-Silvan Ionescu.



La cosa che salta all’occhio nei ritratti dei boiardi romeni e delle loro mogli nei primi decenni dell’Ottocento sono gli abiti e i gioielli cari, le armi, le regole per indossare gli abiti e i materiali di cui erano fatti.



Vediamo pellicci della migliore qualità, di zibellino ed ermellino, abiti di seta cari e pesanti, gioielli, armi rivestite d’argento e pietre preziose che indossavano le guardie dei boiardi. Tutto ciò dava la misura della favolosa ricchezza di questi principi effimeri, che sapevano arricchirsi qui in tempi record. Però, dà anche la misura del loro gusto. Un’analisi dei vestiti dell’epoca, dal punto di vista formale e cromatico, può rivelare solo il perfetto gusto di coloro che li indossavano. Gli accordi cromatici, quelli fra i materiali, il modo in cui venivano indossati, con dignità e orgoglio, facevano vedere il loro statuto e importanza. I ranghi dei boiardi erano tre. I primi erano i cosiddetti boiardi “veliţi”, quelli che erano più vicini al principe, cioè i cortigiani. Seguivano quelli di seconda e terza categoria. Ciascuno aveva certi tipi di materiali e di pellicci che poteva indossare. Nessuno poteva superare il proprio rango e mettersi, diciamo zibellino, se non era boiardo di primo grado, cioè velit. La barba spettava solo ai boiardi veliţi, mentre quelli di secondo e terzo livello avevano solo i baffi. Al momento in cui un boiardo veniva promosso e fatto entrare nella prima categoria, allora arrivava il “berber-başa”, il barbiere del principe, che gli tracciava la linea della barba e gliela curava poi costantemente. – aggiunge Adrian-Silvan Ionescu.



Detestata, la moda fanariota resta però nello spazio romeno non come una caratteristica definitoria, ma piuttosto come nostalgia. Lo storico Adrian-Silvan Ionescu dice: La moda fanariota fu ampliamente diffusa nelle prime tre decadi del 19-esimo secolo, anche se dopo la rivoluzione di Tudor Vladimirescu, i boiardi fanarioti scomparirono a poco a poco e i principi fanarioti del tutto. Un suo revival si sentì alla metà del 19-esimo secolo, negli anni 1860-65, quando nella moda delle signore con crinolina tornò il “cerchen”, un soprabito molto bello, ricamato con filo dorato, a maniche molto larghe, adatto per essere indossato durante la giornata. Ai balli in maschera, spesso coloro che durante l’infanzia avevano visto la moda fanariota si vestivano ancora in questo stile per sentirsi ancora boiardi alla corte dei principi fanarioti e per divertisti.



L’iconografia dell’epoca fanariota fa vedere un mondo tramontato, un mondo dell’opulenza e del benessere. Era però un benessere delle élite che cercavano di mantenere il rango e i privilegi in tempi che stavano cambiando. (traduzione di Gabriela Petre)

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