La Romania e la Conferenza di Helsinki
La Romania ha partecipato ed ha svolto un ruolo attivo alla conferenza di Helsinki. Il diplomatico Valentin Lipatti ha fatto parte della delegazione romena
Steliu Lambru, 26.02.2016, 19:09
La conferenza di Helsinki del 1972 è stata la prima in cui si è accennato all’Europa come ad un insieme, dopo circa 20 anni di divisione tra l’Occidente democratico e l’Oriente comunista. La Finlandia ospitò la riunione: era un Paese neutro, non faceva parte né della NATO, né del Trattato di Varsavia. La conferenza si svolse al centro Dipoli di Espoo, nella capitale Helsinki, e vi parteciparono 35 Paesi europei. Le ambizioni erano grandi: quella di Helsinki era la prima conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa e si proponeva di analizzare tutti i grandi problemi con cui si confrontavano gli europei all’inizio degli anni ‘70: problemi politici, giuridici, militari, economici, scientifici, culturali, umanitari. Come qualsiasi conferenza globale, quella di Helsinki fu un negoziato tra i due blocchi politici, economici e militari opposti, in cui ciascuna parte doveva prendere in considerazione le pretese dell’altra.
Anche la Romania ha partecipato alla conferenza di Helsinki ed ha svolto un ruolo attivo. Il diplomatico Valentin Lipatti è stato membro della delegazione della Romania e, in un’intervista del 1995, rilasciata al Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena, ha raccontato come si è fatto notare il nostro Paese: Dalle consultazioni bilaterali avute in precedenza, risultava che era poco chiaro il modo in cui si dovevano svolgere i lavori della conferenza. E allora, abbiamo pensato di preparare un regolamento con delle proposte di procedura. Quando arrivammo a Dipoli, a fine novembre, qualche giorno prima dell’inizio delle consultazioni, avevamo già nella nostra valigia diplomatica una bozza di regolamento. Vi era menzionato un principio al quale non abbiamo mai più rinunciato per 20 anni nei negoziati europei e nelle riunioni successive: la perfetta parità di diritti degli stati partecipanti, che non ci sia alcuna discriminazione, che non esistano stati grandi e stati piccoli, stati con più diritti e stati con meno diritti, cioè quello che succede al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in cui ci sono i membri permanenti con diritto di veto e non-permanenti che applaudiscono o meno, ma che non sono sempre presi in considerazione. Come si può riflettere nelle regole di procedura questo principio dell’uguaglianza sovrana? Tramite consenso. Il consenso permette a ciascuno stato partecipante di difendere in modo legittimo i propri diritti e interessi. – ha detto Valentin Lipatti.
L’Occidente e l’Oriente europeo si incontravano al tavolo delle trattative due decenni dopo la fine della guerra per trovare una base comune di cooperazione. Anche se gli interessi venivano giudicati secondo il principio dell’appartenenza ai blocchi politico-militari, ciascun Paese aveva in realtà i propri interessi nella promozione dei principi, degli argomenti da discutere e delle procedure. Gli occidentali hanno bloccato a lungo il principio dell’inviolabilità delle frontiere, che i sovietici avevano a cuore, e i sovietici, dal canto loro, bloccavano i principi connessi ai diritti dell’uomo e alla cosiddetta dimensione umana del processo CSCE. Tutto ciò ha portato alla fine ad un’intesa, ad un compromesso che la permesso lo sblocco. Anche noi abbiamo ripetutamente bloccato il consenso ogni volta che ci sentivamo lesi. Ad esempio, se volevo ottenere dalla delegazione sovietica una concessione per la questione A, la bloccavo nella questione C, che era importante per loro. E poi veniva individuata una soluzione di compromesso. – ha aggiunto Valentin Lipatti.
Le iniziative romene legate allo svolgimento della conferenza furono bene accolte e alcune proposte ebbero successo. Valentin Lipatti ha detto: Non ci furono comitati con un numero ristretto di membri perché ciò sarebbe stato contrario al consenso e alla parità di diritti. Di solito, quando viene redatto un testo in una conferenza internazionale, viene creato un comitato di lavoro, il quale fa un lavoro che può essere ottimo, oppure lo presenta alla plenaria che lo adotta. E’ come quando il cibo è già pronto e non ti resta che mangiare. Puoi aggiungere un po’ di sale oppure bere un bicchiere di vino, ma praticamente il cibo è già pronto. Perciò noi abbiamo iniziato tutti i comitati, tutte le organizzazioni di lavoro, assolutamente tutte, da quelle più importanti a quelle apparentemente non significative, che devono essere aperte a tutto. Le norme democratiche che hanno dato il carattere del tutto inedito alla Conferenza di Helsinki, sono state dovute alla Romania. A Dipoli, siamo stati noi a presentare il primo documento di lavoro delle consultazioni multilaterali preparative, le regole di procedura che includevano questi provvedimenti e molti altri. Nessun altro ha presentato un documento alternativo perché sono stati tutti colti di sorpresa. Siamo riusciti a garantire il successo della maggior parte delle proposte romene. Praticamente, le regole di procedura sono le regole della Romania, con piccoli emendamenti che non sono però fondamentali.
L’atto finale della Conferenza di Helsinki è stato firmato nel 1975. La Romania ha cercato di promuovere i principi del disarmo e il riconoscimento dell’esistenza degli stati in via di sviluppo, principi seguiti da uno stato comunista. Nell’Occidente, l’atto finale di Helsinki è stato alla base della formazione dell’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OSCE) nel 1990. (traduzione di Gabriela Petre)