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La tavolette di piombo di Câmpina-Sinaia

Le 60 lastrine di piombo lunghe 15 centimetri e larghe 10 nei seminterrati dellIstituto di Archeologia “Vasile Pârvan di Bucarest hanno suscitato moltissimo interesse tra gli appassionati di storia e mistero.

La tavolette di piombo di Câmpina-Sinaia
La tavolette di piombo di Câmpina-Sinaia

, 30.01.2014, 13:43

Le 60 lastrine di piombo lunghe 15 centimetri e larghe 10 nei seminterrati dell’Istituto di Archeologia “Vasile Pârvan” di Bucarest hanno suscitato moltissimo interesse tra gli appassionati di storia e mistero. Vi sono rappresentati in modo caotico lettere, simboli, immagini ritenute come risalenti all’epoca dacica. Sono nati molti racconti che hanno avuto una certa eco nello spazio pubblico romeno.



Le ripetute spiegazioni degli specialisti, i quali dimostravano che risalivano alla metà dell’Ottocento, non hanno avuto molto effetto e il pubblico ha continuato ad essere ricettivo alle fantasie degli appassionati. Alcuni affermavano che sulle tavolette rinvenute a Câmpina (a circa 100 chilometri nord da Bucarest), ma attribuite alla località di Sinaia, ci sia la scrittura dei daci.



Radu Băjenaru, archeologo presso l’Istituto di Archeologia “Vasile Pârvan” di Bucarest, ha presentato gli argomenti degli specialisti che contestano l’autenticità delle tavolette.



“Ci sono due opinioni su queste tavolette. La prima è quella degli esperti di archeologia e storica antica, dei professionisti, che in linea di massima smentiscono la loro autenticità e il fatto che fossero state realizzate 2000 anni fa’, ai tempi dei daci. La seconda opinione è quella degli entusiasti, degli appassionati di storia antica, che tentano, in base ai miti, di considerarle autentiche e ricostituire la società geto-dacica di 2000 anni fa’. Sicuramente, ci sono argomenti favorevoli e contrari in ambo le situazioni. Però, a mio avviso, gli argomenti secondo cui sarebbero creazioni dell’Ottocento sono più forti. Le analisi del metallo di cui sono fatte hanno dimostrato senza ombra di dubbio che il piombo era specifico per le tipografie dell’Ottocento. In secondo luogo, ciò che presentano, l’iconografia e le scritte parlano di cose conosciute nel XIX secolo. Non ci dicono nulla di nuovo sulla storia dei geto-daci rispetto a ciò che era conosciuto 150 anni fa’. In terzo luogo, i grandi storici esperti dell’antichità romena, e mi riferisco soprattutto a Pârvan, la cui autorità scientifica e acribia sono incontestabili, erano a conoscenza di queste tavolette. Nel momento in cui Pârvan scrive la sua opera, non le prende in considerazione perché ne conosceva la storia”, spiega Radu Băjenaru.



Qual era il clima culturale in cui sono apparse le tavolette? “Chi le contestano le chiama in maniera errata falsi, perché un falso vuol dire una copia di qualcosa di autentico. Però queste tavolette sono creazioni del 19-esimo secolo, realizzate nella zona Câmpina-Sinaia, molto probabilmente appartenute allo scrittore e filologo Bogdan Petriceicu Haşdeu, persona con una vasta cultura, spirito enciclopedico, che aveva sia la capacità finanziaria che intellettuale per fare cose del genere. A me ora sembra molto evidente il fatto che le tavolette rappresentano la visione di Haşdeu sulla storia dei geto-daci. Perciò, è difficile prenderle in considerazione quando discutiamo di storia. Anche se lo facessimo, non verremmo a sapere nulla in più, non sono di alcun aiuto. L’unica cosa che potrebbe aiutarci è quella scrittura, la cosiddetta scrittura geto-dacica, un insieme di caratteri greci, cirillici, latini e orientali. Certo, per un linguista erudita come Haşdeu era semplice abbinarli e metterli insieme. Si è tentati di decifrarli, qualcuno ci è anche riuscito, il che mi sembra assurdo. Questi caratteri non possono costituire una lingua nel vero e proprio senso della parola. Questa sarebbe l’unica novità che le tavolette potrebbero offrire, decifrare l’informazione che contengono. E anche se decifrassimo la scrittura e comprendessimo cosa voleva dire Haşdeu nelle tavolette, non ci sarebbe di molto aiuto tenuto conto del livello delle conoscenze alla metà del XIX secolo”, aggiunge l’archeologo.



Qual è stato il motivo per cui Haşdeu ha voluto creare le tavolette e come dovremmo considerarle? “Sicuramente Haşdeu non ha voluto indurre nessuno in errore. Infatti, lui è stato un uomo della sua epoca, non voleva né falsificare, né fare del male. Va considerato una persona intelligente, desiderosa di sapere di più, di diffondere l’informazione. Questa è stata una delle sue modalità di esprimersi, era una moda dell’epoca fare cose del genere. Non c’è nulla di male in questo, il male sta nel fatto che tentiamo di attribuire queste creazioni ad un’epoca di 2000 anni prima. Se le considerassimo per quello che sono, creazioni di un uomo di cultura, sarebbe straordinario. E’ grave però che esse diventano argomenti per giustificare una storia che comunque non conosciamo ed è comunque la stessa, sia quella raccontata dalle tavolette che quella raccontata dalle fonti antiche, perché le tavolette si basano sulle fonti antiche. Ciò che non capisco è perché si desidera che queste tavolette siano autentiche. Nell’antichità non esistevano scritture di questo tipo, perché dovremmo averle noi?”, si domanda, alla fine, l’archeologo Radu Băjenaru.



Oltre alle tavolette, a Haşdeu sono attribuite anche altre due creazioni, il cosiddetto “Diploma di Bârlad del 1134” e “Il documento di Iurg Koriatovici del 1347”.

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