La Romania e la Primavera di Praga
La Romania non ha partecipato allinvasione della Cecoslovacchia nel 1968, atto considerato unaggressione nei confronti di uno stato socialista amico.
România Internațional, 31.12.2013, 18:49
Alcune foto diventano immagini-simbolo di un evento importante e attraversano la storia mantenendo inalterato il loro messaggio. Le foto del ceco Josef Koudelka restano le più espressive e si confondono con la Primavera di Praga, il tentativo della Cecoslovacchia di uscire dalla tutela sovietica nel 1968. Josef Koudelka ha avuto la fortuna di essere presente sulle strade di Praga nell’agosto 1968 e di avere con sé una macchina fotografica con cui mostrare a tutto il mondo la barbarie con cui il desiderio di libertà dei suoi connazionali veniva schiacciato dall’URSS e dai suoi alleati. Tornato dalla Romania solo due giorni prima dell’attacco delle truppe del Patto di Varsavia, Koudelka ha fatto le foto, le ha portate clandestinamente fuori Paese e le ha pubblicate in Francia nel 1969.
La Romania non ha partecipato all’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, atto considerato un’aggressione nei confronti di uno stato socialista amico. Il colonnello Alexandru Oşca, storico militare, ha scritto alcuni libri sull’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia e sulla non-partecipazione della Romania.
“Fu la maggiore operazione di invasione di uno stato dopo la seconda guerra mondiale. Ceauşescu non era stato invitato a parteciparvi, né era stato informato in merito all’invasione. I leader dei Paesi avevano avuto sei incontri al vertice. Non possiamo sapere ora cosa avrebbe fatto Ceauşescu se gli fosse stato chiesto qualcosa in merito alla partecipazione della Romania. Cosa avrà pensato, sapendo di questi incontri, vedendo che non era stato invitato, soprattutto in un conclave comunista in cui si sapeva chiaramente che se non sei invitato al tavolo, devi andartene. Se no, ti aiutano loro ad andartene”, ha raccontato a RRI Alexandru Oşca.
Lo storico Petre Otu, direttore dell’Istituto di Studi Politici Difesa e Storia Militare, ha studiato documenti declassificati dai quali risulta invece che Nicolae Ceauşescu sapeva della campagna che il Patto di Varsavia stava preparando contro la Cecoslovacchia.
“Dai documenti studiati, pare che avesse saputo dell’invasione. Una delle fonti molto esatte fu un ufficiale polacco la cui famiglia si era ritirata in Romania nel 1939, restandoci fino al 1944. L’ufficiale polacco aveva frequentato il liceo militare in Romania e faceva parte del comandamento del Patto di Varsavia. Il consigliere dell’Ambasciata romena a Varsavia era stato collega dell’ufficiale polacco al liceo. Tramite questa fonte furono ricevute informazioni esatte sui preparativi sovietici. Ceauşescu venne informato da Ion Stănescu e, quando partì per Praga, diede ordine che il messaggio ricevuto dall’ufficiale polacco fosse tradotto anche in ceco. A Praga, lo diede a Dubcek. Al ritorno, Stănescu chiese a Ceauşescu se aveva informato Dubcek. Ceauşescu gli rispose: Sì, però lui o non ne sa nulla, o non ne vuole sapere. Ceauşescu non era per niente contento della reazione di Dubcek”, ha raccontato Petre Otu.
I rapporti tra la Romania e la Cecoslovacchia non furono molto stretti fino al 1968. Nel 1964, in occasione dell’elaborazione del piano Valev tramite cui alla Romania veniva riservato il ruolo di un’economia agraria nel lager socialista, la Cecoslovacchia usò la propria influenza affinché esso venisse imposto. Petre Otu racconta l’evoluzione dei rapporti romeno-cecoslovacchi a seconda degli avvenimenti.
“I leader cecoslovacchi furono reticenti fino a luglio nei confronti della cooperazione con Ceauşescu. Tentarono di evitarlo perché l’associazione a Ceauşescu avrebbe potuto costituire motivo di invasione per i sovietici. Dopo aver saputo che i sovietici stavano preparando comunque l’invasione, i rapporti si riscaldarono. Ceauşescu andò a Praga e firmò il trattato di mutua assistenza. Ciò portò alla teoria secondo cui la Piccola Intesa del periodo interbellico si stava ricostituendo. Le informazioni fornite da fonti memorialistiche confermano che i sovietici seguivano con attenzione quell’alleanza danubiana”, spiega Petre Otu.
Nel 1968, in Romania c’erano 8000 turisti cecoslovacchi, altri 400 si trovavano in Bulgaria e vennero in Romania. Siccome non potevano più tornare in Cecoslovacchia, furono ospitati negli alberghi dell’Ufficio Nazionale del Tursimo, ricevettero soldi finoaquando la situazione si stabilizzò e poterono tornare a casa. Tomaš Vostry, il vice dell’ambasciatore ceco a Bucarest, ha passato le vacanze estive del 1968 sul litorale romeno.
“Vorrei ricordare un po’ della mia infanzia. Purtroppo, ho perso i sette giorni in cui Koudelka ha scattato quelle fotografie. Fui uno di quei cechi che passarono le vacanze estive in Romania, a Mamaia. Non riuscimmo a prendere l’aereo il 22 agosto per tornare a casa. Io e i miei genitori tornammo a casa in treno il 2 settembre. Ho perso quella parte della storia. Ma posso confermare che i turisti cechi erano molto bene accolti. Nel 1968 avevo 10 anni e capivo qualche cosa di quanto succedeva a inizio settembre. A Praga c’erano ancora molte truppe sovietiche, quando andavo a scuola, c’erano anche nei parchi di Praga, nelle foreste e la gente era molto arrabbiata. A inizio autunno, le truppe sovietiche cominciarono a ritirarsi gradualmente da Praga”, ha raccontato Tomaš Vostry.