La Romania nel 1918
Occupata dalle Potenze Centrali e con unimmagine peggiorata agli occhi degli alleati a causa della firma della pace separata a marzo 1918, la Romania stava facendo degli sforzi per uscire da una situazione disperata.
Steliu Lambru, 03.12.2013, 16:57
Occupata dagli eserciti delle Potenze Centrali e con un’immagine peggiorata agli occhi degli alleati a causa della firma della pace separata a marzo 1918, nell’autunno dello stesso anno la Romania stava facendo degli sforzi per uscire nel migliore dei modi da una situazione disperata.
Il cambiamento dei rapporti di forza tra le Potenze Centrali e la Triplice Intesa nell’autunno del 1918 fece sì che alla fine della guerra la Romania si trovasse dalla parte dei vincitori.
Il premio fu l’attuazione della Grande Romania, tramite l’unificazione della Bessarabia, Bucovina e Transilvania con il vecchio Regno di Romania. Ma non fu affatto facile. Fino al 1920, l’élite politica e l’intera società dovettero superare gli ostacoli del riconoscimento internazionale del nuovo stato.
Lo storico Ioan Scurtu ci ha parlato del passaggio della Romania dall’estasi all’agonia negli anni di guerra 1916-1918.
“In teoria, la Romania avrebbe dovuto essere preparata perché è entrata in guerra nel 1916, cioè due anni dopo lo scoppio del primo conflitto mondiale. In quel periodo normalmente avrebbe dovuto addestrare il suo esercito, preparare delle riserve di armi e non solo. Ma purtroppo non fu così. Dopo l’entusiasmo dell’entrata in guerra, quando i soldati partirono sul fronte cantando e con fiori alle armi, applauditi dalla folla come se fossero andati ad una festa, dopo una decina di giorni avvenne il disastro di Turtucaia. Fu allora che le autorità romene si svegliarono. Seguirono, a novembre, il ritiro dalla Transilvania e, a inizio dicembre, l’occupazione della capitale Bucarest. Poi il ritiro a Iaşi, nell’est, dove, oltre alle difficoltà generate da una presenza così numerosa, scoppiò anche un’epidemia di colera che ammazzò migliaia e migliaia di persone. E come se tutto ciò non fosse bastato, più di 1000 persone perirono in un incidente ferroviario quando un treno deragliò nei pressi di Iaşi”, spiega lo storico.
Nel 1917 arrivarono però i momenti di gloria e l’esercito romeno bloccò l’avanzata delle truppe tedesche e austro-ungariche a Mărăşeşti, Mărăşti e Oituz. Però la rivoluzione bolscevica determinò l’arresa della Romania e la sua occupazione dal nemico.
Nonostante la perdita del tesoro in Russia, la pace separata firmata con gli avversari, il fatto di aver dovuto affrontare le rivoluzioni bolsceviche in Russia ed Ungheria, la Romania riuscì a superare le difficoltà. Tutto grazie a un’élite politica lungimirante, è del parere lo storico Ioan Scurtu.
“Tutti questi ostacoli furono superati per il fatto che la Romania aveva una classe politica molto valorosa. Mi riferisco prima di tutto a Ion I. C. Brătianu, il presidente del Partito Nazionale Liberale, impegnato negli avvenimenti, che svolse un ruolo importante nell’attuazione della Grande Unione. Gli abitanti di Bessarabia, Bucovina e Transilvania vennero a Iaşi con emissari, prima della proclamazione dell’Unità, parlarono con re Ferdinando, con Ion I. C. Brătianu e con altri politici sulle modalità di azione in tal senso. Ion I. C. Brătianu, a capo della delegazione della Romania alla Conferenza di pace di Parigi, si confrontò con i grandi politici del tempo, dal presidente americano Wilson al primo ministro britannico. Alla fine fu una vittoria perché tramite i trattati di pace del 1919-1920 vennero ratificati i documenti dell’unificazione firmati a Chişinău, Cernăuţi ed Alba Iulia”, aggiunge Ioan Scurtu.
Re Ferdinando I e la regina Maria fecero mobilitare il popolo. “Re Ferdinando era stato ufficiale nell’esercito tedesco. Quando, nel Consiglio della Corona, si pronunciò per l’entrata della Romania in guerra contro il suo Paese e la sua famiglia, fece un atto di sacrificio personale, ma allo stesso tempo di grande importanza per la Romania. Subito dopo il Consiglio della Corona, il politico Petre P. Carp rimproverò il re l’aver dimenticato di essere tedesco, sostenendo che non avrebbe dovuto prendere una simile decisione. Ma il re rispose che sapeva benissimo di essere tedesco. Se gli interessi del mio Paese avessero concordato con quelli della Romania, sarei stato felice di agire diversamente”, ha detto il sovrano. Ma lui si considerava anche romeno, re dei romeni, perciò ha agito nell’interesse del Paese in cui regnava”, spiga ancora lo storico.
Il sacrificio della nazione era anche il sacrificio della famiglia reale, e i caratteri forti si notano nei momento di massima difficoltà.
“La regina Maria fu sin dall’inizio favorevole all’entrata in guerra della Romania accanto alla Triplice Intesa. Era inglese ed ebbe un ruolo importante nel convincere Ferdinando a compiere questo sacrificio personale, nell’interesse del popolo romeno. Lungo il tempo, il re e la regina rimasero permanentemente al fianco dei romeni, dell’esercito e dei principali leader politici. Quando si pose il problema del ritiro da Iaşi a Odessa, affinché le truppe tedesche non occupassero l’intera Moldavia, re Ferdinando disse che non voleva lasciare il Paese. Anche Ion I. C. Brătianu agì nello stesso modo. Il loro gesto mobilitò la coscienza pubblica, anche alcuni politici che si erano sbrigati a trovare alloggio in Ucraina, in città lontane dal fronte”, conclude lo storico Ioan Scurtu.