Le cariche pubbliche agli inizi della modernità romena
Nella prima metà del 19-esimo secolo venivano gettate le basi dello stato romeno moderno, sullo sfondo di ampie trasformazioni nei rapporti internazionali. Era il periodo delle guerre napoleoniche e dell’inizio del romanticismo. Iniziava il culto della nazione e i popoli piccoli, dominati dagli imperi ottomano e russo, vedevano in ciò una forma di emancipazione economica, sociale e politica.
Steliu Lambru, 07.04.2013, 16:43
Nella prima metà del 19-esimo secolo venivano gettate le basi dello stato romeno moderno, sullo sfondo di ampie trasformazioni nei rapporti internazionali. Era il periodo delle guerre napoleoniche e dell’inizio del romanticismo. Iniziava il culto della nazione e i popoli piccoli, dominati dagli imperi ottomano e russo, vedevano in ciò una forma di emancipazione economica, sociale e politica.
Nei principati romeni, le prime leggi che applicarono le idee del romanticismo furono i Regolamenti Organici del 1831 e 1832, elaborati ai tempi del governatore russo Pavel Kiseleff. I provvedimenti più studiati riguardavano la vita politica: la separazione dei poteri nello stato, l’elezione del principe e delle camere legislative, gli attributi di ciascuna istituzione. Sempre allora furono gettate le basi della burocrazia, delle cariche pubbliche e della loro occupazione.
Lo storico Constanţa Vintilă-Ghiţulescu dell’Istituto di Storia Nicolae Iorga di Bucarest ritiene che l’entrata in vigore dei Regolamenti Organici e il loro funzionamento siano legati all’inizio della democratizzazione dello spazio romeno con l’accettazione in una carica pubblica solo in base alle capacità personali.
L’idea di stato nazionale e la possibilità che tutti accedano a incarichi pubblici rende entusiasti i romeni. Però i criteri espressi in teoria venivano spesso trasgrediti. Lo storico Constanţa Vintilă-Ghiţulescu afferma che, fino verso la metà del secolo, la tradizione resta ancora forte.
“Si può notare che nel primo periodo della modernità, le famiglie importanti continuano ad avere il monopolio delle funzioni più importanti. Quanto agli incarichi di minor importanza, è rilevante vedere che si crea una burocrazia e questa idea di lavoro pubblico diventa quasi un sogno per ogni romeno. Perché? Perché sempre in quel periodo appare il concetto di pensione. Dopo 8 anni di lavoro, uno poteva beneficiare di una pensione e, se moriva, la sua vedova poteva ereditarla. Inoltre i dipendenti ricevevano soldi per i vestiti che dovevano indossare in ufficio. Si crea anche una classe di funzionari, rispecchiata poi nelle opere di Ion Ghica. Lui lamentava, in una delle sue lettere, che i romeni erano cominciati ad essere molto interessati a questi incarichi pubblici, cosicché non c’erano più calzolai, sarti e altri artigiani indispensabili”, spiega Constanţa Vintilă-Ghiţulescu.
L’entusiasmo e le idee dell’emancipazione non poterono però superare, nella prima parte della modernità romena, la mentalità formata durante secoli. Constanţa Vintilă-Ghiţulescu considera che questa sia stata una grande sfida per i riformatori dello stato.
“Nella prima modernità contavano moltissimo le relazioni, le amicizie. Se lavoravi per un grande aristocratico, come ad esempio Grigore Brâncoveanu, quando gli veniva affidato un incarico importante, diciamo di ministro, tutti i suoi amici si spostavano con lui. Coloro che facevano un certo lavoro per il boiardo, presso la sua tenuta, potevano fare da scrittori nelle cancellerie, se sapevano leggere o scrivere. Oppure potevano essere nominati poliziotti in un villaggio. Se uno non aveva appoggi”, come diceva ad un certo punto Iordache Golescu, non poteva entrare a far parte del meccanismo dello stato. La selezione operata era abbastanza clientelare e c’erano numerosi abusi, che non venivano però puniti. Chi non faceva il suo lavoro, veniva licenziato, ma gli stessi appoggi di cui goveva faceva sì che fossero perdonati e ricevuti di nuovo al lavoro”, aggiunge Constanţa Vintilă-Ghiţulescu.
La democratizzazione dell’accesso alle cariche pubbliche determinò anche trasformazioni, aspirazioni a un nuovo statuto. Apparvero così i nuovi ricchi. Constanţa Vintilă-Ghiţulescu definisce questo nuovo personaggio.
“All’inizio del 19-esimo secolo, i grandi boiardi, che riescono ad ottenere incarichi importanti nell’apparato di stato, cominciano a sentirsi minacciati da personaggi che riescono ad avvicinarsi al principe e che, grazie al trattamento favorevole di cui godono, si infiltrano nella classe dei grandi boiardi. Sposano figlie dell’aristocrazia e acquistano poderi e perciò pensano di avere anche il diritto anche a ricoprire cariche importanti. Iordache Golescu, che ha scritto su questa nuova classe, apparteneva ad una famiglia importante della Valacchia. All’inizio del 19-esimo secolo, alcuni principi si portano con loro futuri principi da Costantinopoli, di origine greca, i quali, approffittandono dei rapporti privilegiati, cominciano ad acquistare terre, ad avere funzioni importanti e a guadagnare molto. I vecchi boiardi come Brâncoveanu, Golescu, Balş, Rosetti, sentendosi minacciati, danno alla nuova classe il nome di “ciocoi”, cioè nuovo ricco, tirchio e senza principi, capace di usare ogni strumento per accedere ad una classe sociale superiore”, conclude lo storico Constanţa Vintilă-Ghiţulescu.
Il periodo di nascita della democrazia romena nella prima metà del 19-esimo secolo significò un miscuglio complesso di idee occidentali di modernizzazione, di istituzioni nuove, mentalità locali ed aspirazioni personali. Non sempre i risultati furono quelli desiderati, però furono conformi a ciò che viene chiamato lo spirito dell’epoca. (trad. Gabriela Petre)