100 anni di relazioni diplomatiche Romania – Santa Sede
Nel 2020, la Romania e la Santa Sede celebrano il 100/o anniversario delle relazioni diplomatiche. Il 12 giugno del 1920, Dimitrie C.Pennescu presentava in Vaticano le credenziali di inviato straordinario e ministro plenipotenziario di Romania.
Iuliana Sima Anghel, 25.05.2020, 15:15
Nel 2020, la Romania e la Santa Sede celebrano il 100/o anniversario delle relazioni diplomatiche. Il 12 giugno del 1920, Dimitrie C.Pennescu presentava in Vaticano le credenziali di inviato straordinario e ministro plenipotenziario di Romania, la cui Legazione era stata aperta nello stesso mese. La Delegazione Apostolica si stabiliva a Bucarest nello stesso 1920, quando Papa Benedetto XV nominava come suo rappresentante l’Arcivescovo di Adrianopoli, Francesco Marmaggi.
Ma i legami con il Vaticano risalgono ai tempi medioevali, come testimonia la corrispondenza tra la Sede Apostolica e i principi delle terre romene, e furono stimolati anche nel periodo successivo dall’obiettivo comune di contenere l’espansione ottomana in Europa. E’ di notorietà il fatto che il principe moldavo Stefano il Grande, che regnò dal 1457 al 1504, fu definito da Papa Sisto IV come Athleta Christi – vero Campione della fede cristiana.
I rapporti ufficiali vennero stabiliti dopo la Grande Guerra, quando la Romania diventava stato nazionale unitario. Dopo la Grande Unione del 1918, il numero dei cattolici in Romania è notevolmente incrementato. Re Ferdinando ha preferito avere un rapporto diretto con la Santa Sede anzichè con il Regno Apostolico dell’Ungheria, al quale appartenevano prima i cattolici della Transilvania, spiega S.E Mons. Miguel Maury Buendía, il Nunzio Apostolico in Romania, nell’intervista rilasciata in questa occasione a Radio Romania Internazionale.
Il 10 maggio 1927, veniva firmato il Concordato, entrato in vigore nel 1929. Come ricorda il Ministero degli Esteri di Bucarest, il documento ha reso possibile la riorganizzazione della Chiesa Cattolica di rito latino, garantendo ai suoi fedeli l’espressione della libertà religiosa, come riconosciuta dalla Costituzione romena del 1923 per gli ortodossi e i greco-cattolici.
I rapporti vennero rotti brutalmente dal regime ateista comunista insediato dall’Unione sovietica dopo la seconda Guerra Mondiale in Romania, scatenando un’ondata di persecuzioni e soprusi nei confronti della popolazione. Con il decreto 151 del 17 luglio 1948, il Concordato veniva denunciato dalle autorità comuniste che, verso la fine dello stesso anno, decidevano la riunificazione dei greco-cattolici con la Chiesa Ortodossa Romena, atto che provocò la protesta della Santa Sede. S. E. Mons. Andrea Cassulo, l’ultimo Nunzio Apostolico del periodo pre-comunista, dichiarato persona non grata dalle autorità di Bucarest, fu ritirato dalla Santa Sede, lasciando a suo posto come Reggente S.E. Mons. Gerald P. O’Hara, il quale fu espulso dalla Romania il 4 luglio 1950.
I comunisti non volevano più dei testimoni che potessero dichiarare a livello internazionale tutti gli abusi che i romeni stavano soffrendo, aggiunge il Nunzio. Infatti, accanto ai preti ortodossi, numerosissimi fedeli e sacerdoti cattolici e greco-cattolici furono incarcerati e moltissimi uccisi in odio alla fede, come i sette vescovi greco-cattolici martiri beatificati lo scorso anno Papa Francesco in occasione del suo viaggio apostolico in Romania o il vescovo cattolico Anton Durcovici, beatificato nel 2014.
Riprese 30 anni fa, il 15 maggio del 1990, dopo la caduta del regime comunista nel 1989, quando anche la Chiesa Greco-Cattolica ritornò istituzionalmente in vita, le relazioni hanno raggiunto l’apice nel 1999, con la storica visita di Papa Giovanni Paolo II, la prima compiuta da un Sommo Pontefice in un Paese e maggioranza ortodossa, seguita 20 anni dopo dal viaggio apostolico di Papa Francesco. Intanto, però, il 5 gennaio del 1989, l’allora Patriarca della Chiesa Ortodossa Romena, Teoctist, fece una tappa a Roma mentre era in viaggio verso l’India, e venne ricevuto in una visita privata da Papa Giovanni Paolo II, indica il MAE di Bucarest nella scheda dedicata alle relazioni bilaterali. Il Patriarca Teoctist si recò in visita ufficiale alla Santa Sede nel 2002, dopo il viaggio del Sommo Pontefice in Romania. Naturalmente, dal 1990 ad oggi, il dialogo politico bilaterale è stato segnato da una serie di visite di esponenti dei due Stati sia in Romania che alla Santa Sede.
Dal 1990, la Romania ha cercato il suo posto naturale in Europa, e la Santa Sede ha aiutato la Romania a trovare questo posto in Europa, aggiunge Mons. Miguel Maury Buendía, spiegando che in questo contesto va anche vista la visita di Papa Giovanni Paolo II. Quindi, le relazioni sono tornate alla normalità dal 1990, per diventare poi ottime, grazie in primo luogo alla tradizione latina della Romania e alla vicinanza con l’Italia e con la Santa Sede, il che ha favorito anche una comprensione e una moltiplicità di interessi comuni in questi rapporti, aggiunge il Nunzio Apostolico.
Nella stessa intervista a Radio Romania Internazionale, Mons. Miguel Maury Buendía ha evidenziato il significato delle visite dei due Pontefici in Romania, nell’arco degli ultimi 30 anni. Quella di Giovanni Paolo II, di cui sempre quest’anno ricordiamo il centenario della nascita, visto dai romeni come un simbolo della lotta al totalitarismo, è stata una visita all’Ortodossia, nel corso della quale ha definito la Romania come ponte tra l’Oriente e l’Occidente, rilevando la sua appartenenza europea. Nel 1999, la Romania bussava alla porta dell’Europa. Invece, nel 2019, quando è venuto Papa Francesco, presiedeva l’Unione Europea, perchè il viaggio apostolico si è svolto durante il semestre romeno di Presidenza del Consiglio dell’UE, ricorda Mons. Miguel Maury Buendía.
In questi 20 anni, è avvenuto un grande cambiamento, adesso la Romania è pienamente europea, sottolinea ancora il Nunzio Apostolico. Papa Francesco ha fatto una visita alla Romania, visitando tutte le sue regioni storiche: Valacchia, Moldavia e Transilvania. Un Paese al quale ha regalato il suo gesto di solidarietà anche durante la pandemia di coronavirus, inviando, proprio nel giorno di San Giorgio Martire – l’onomastico di Jorge Mario Bergoglio – cinque respiratori e materiale sanitario all’ospedale provinciale della città di Suceava, il più grande focolaio di COVID-19 nel Paese.
S.E Mons. Miguel Maury Buendía ha parlato anche del ruolo della comunità romena in Italia e in altri Paesi come ponte tra la Romania e la Santa Sede. La Chiesa Cattolica ha sentito di aiutare le comunità romene in Italia e in altri Paesi a livello di inserimento sociale e a vivere la loro vita religiosa, mettendo a disposizione dei luoghi di culto per gli ortodossi. Papa Giovanni Paolo II parlava dei due polmoni dell’Europa – quello orientale e quello occidentale, ma siamo tutti cristiani, aggiunge il Nunzio che, come vuole la tradizione ripristinata nel 1998, è anche il decano del corpo diplomatico accreditato in Romania.
Il nostro gradito ospite ha fatto riferimento anche ad alcuni momenti che segneranno il 100/o anniversario delle relazioni tra la Romania e la Santa Sede: la pubblicazione di un volume dedicato a questa ricorrenza, ma anche di un album di fotografie sul viaggio di Papa Francesco. Il Nunzio ha ricordato anche ai francobolli emessi dalla compagnia Romfilatelia, per rendere omaggio al 100/o anniversario delle relazioni bilaterali. Si spera che la situazione dell’epidemia di coronavirus si evolva in maniera positiva, per consentire l’organizzazione di altri eventi.