Malcontenti degli insegnanti
Nella prima settimana del secondo semestre dell’anno scolastico, i sindacati del sistema d’istruzione romeno hanno ripreso le proteste contro le decisioni delle autorità, anche per quanto riguarda l’aumento salariale di solo il 4,5%. I dipendenti del settore istruzione chiedono al Governo di concedere gli stipendi di base previsti in una legge del 2017, secondo la quale avrebbero dovuto ricevere già due anni fa un aumento salariale del 16%. I sindacalisti sollecitano inoltre lo stanziamento del 6% del PIL al finanziamento dell’Istruzione, desiderano ricevere bonus per le condizioni di lavoro, essere pagati per gli straordinari e chiedono anche l’aumento del numero di posti di docenti.
Sebbene alla fine dell’anno scorso minacciassero di scendere in sciopero generale a cominciare dal 10 gennaio, hanno rinunciato all’idea a causa dei congedi dei professori. Il presidente della Federazione dei Sindacati Liberi dell’Istruzione, Simion Hăncescu, afferma che il numero delle persone scontente aumenta a causa della mancanza di reazione da parte delle autorità: “Si tratta di un accumulo di malcontenti. Il 6 dicembre abbiamo inoltrato al Governo una lista contenente 163.000 firme a sostegno di una petizione in cui abbiamo chiesto l’applicazione della Legge 153 a cominciare dal 1° gennaio 2022. Purtroppo, non abbiamo ricevuto alcun riscontro. Sono seguiti tre giorni di proteste davanti alla sede del Governo; di nuovo, silenzio da parte del capo dell’Esecutivo. La settimana scorsa, abbiamo presidiato per un giorno la sede del Governo e, ovviamente, abbiamo preso la decisione di passare a una forma di protesta in cui siano coinvolte più persone. Vogliono lo sciopero generale”.
Stando al presidente della Federazione dei Sindacati dell’Istruzione “Spiru Haret”, Marius Nistor, non solo il personale docente è scontento della situazione: “Vorrei precisare chiaramente che non parliamo solo degli insegnanti, del corpo docente. Si tratta di tutto il personale che svolge attività in una scuola: personale docente, ausiliare, non-docente, tutti i nostri colleghi, a prescindere dalla carica che ricoprono presso le strutture di insegnamento”.
Il ministro dell’Istruzione, Sorin Cîmpeanu, considera che gli stipendi dei docenti debbano essere motivanti e che sia normale la scontentezza di coloro che protestano in seguito alla mancata applicazione dei provvedimenti della legge del 2017. Tuttavia, il ministro si appella alla comprensione degli insegnanti e si dice convinto che la stragrande maggioranza non abbandonerà i propri alunni, che hanno già subito gli effetti della didattica online imposta nel contesto dell’emergenza sanitaria. Stando al ministro, in seguito agli aumenti applicati finora, un insegnante a inizio carriera ha uno stipendio netto di 2.597 lei, cioè poco più di 500 euro, mentre un insegnante con un’anzianità di oltre 40 anni – 4.398 lei, cioè quasi 900 euro. A questi stipendi di base si possono aggiungere anche altri scatti, afferma il ministro Cîmpeanu.
Non solo i docenti sono scontenti delle decisioni della autorità. Nei giorni scorsi, una parte degli alunni ha protestato contro “il taglio” di alcune borse scolastiche, però il ministero dell’Istruzione non è tornato sulle decisioni già prese.
Daniela Budu, 19.01.2022, 14:23