Post-comunismo: 30 anni dal fenomeno “Piazza dell’Università”
In questi giorni in cui le riunioni pubbliche sono vietate a causa della pandemia di coronavirus, forse i romeni si ricordano del fenomeno “Piazza dell’Università”. Questo fenomeno, accaduto nella capitale Bucarest 30 anni addietro, a pochi mesi dalla rivoluzione del 1989, ha segnato per un lungo periodo la società romena, diventando un punto di riferimento nella lotta anti-comunista. Poco compreso all’epoca da una società appena uscita da decine di anni di totalitarismo, il fenomeno ha provocato una frattura sociale acuta ed è guardato, forse, in maniera abbastanza diversa anche adesso, anche se le opinioni di molte persone sono cambiate nel frattempo.
Eugen Coroianu, 23.04.2020, 11:12
In questi giorni in cui le riunioni pubbliche sono vietate a causa della pandemia di coronavirus, forse i romeni si ricordano del fenomeno “Piazza dell’Università”. Questo fenomeno, accaduto nella capitale Bucarest 30 anni addietro, a pochi mesi dalla rivoluzione del 1989, ha segnato per un lungo periodo la società romena, diventando un punto di riferimento nella lotta anti-comunista. Poco compreso all’epoca da una società appena uscita da decine di anni di totalitarismo, il fenomeno ha provocato una frattura sociale acuta ed è guardato, forse, in maniera abbastanza diversa anche adesso, anche se le opinioni di molte persone sono cambiate nel frattempo.
Il 22 aprile 1990, migliaia di persone scontente della situazione politica del Paese si sono riunite nella “Piazza dell’Università” — nel centro di Bucarest — dichiarandola “la prima zona libera dal neo-comunismo”. Le proteste erano rivolte contro Ion Iliescu e contro altri dignitari del Partito Comunista Romeno, che avevano preso le redini del potere nello stato dopo la Rivoluzione. Successivamente, decine di persone hanno bloccato completamente la piazza e il movimento si è sviluppato rapidamente, dopo che Ion Iliescu ha definito i partecipanti “teppisti”. Sostenuto dalle forze politiche di destra, il movimento ha debuttato in piena campagna elettorale per le prime elezioni post-comuniste, è durato 53 giorni ed è stato soppresso con violenza dai minatori di una zona di estrazione del carbone del sud della Romania. L’azione chiamata “Marcia dei Minatori” è stata seriamente criticata dall’Occidente e da una parte della società civile. Ion Iliescu e il nuovo potere di sinistra risultato in seguito alle elezioni di allora sono stati accusati di aver chiamato e istigato i minatori contro i manifestanti che hanno continuato a protestare a scala molto più ridotta, accuse smentite fino ad oggi.
Emil Constantinescu, già docente universitario all’Università di Bucarest sita su uno dei lati della Piazza dell’Università e sostenitore del fenomeno, parla, oggi, di questo come di una “scuola della democrazia”. Diventato presidente della Romania nel 1996, Constantinescu afferma che i forti dell’epoca temevano la scomparsa della paura dalle anime della gente, la forza della verità e la fiducia negli ideali. Emil Constantinescu nota che, dopo 30 anni, gli avvenimenti di allora sono diventati storia. Una storia che ci ha portati a far parte dell’Unione Europea, dell’Alleanza Nord-Atlantica e delle democrazie consolidate.
Ci confrontiamo con altre difficoltà, altre sfide e incertezze, con molta divisione e con un’ondata di odio, che si è spostato dalla piazza sulle reti sociali, attira l’attenzione l’ex capo dello stato. La riscoperta di quei momenti di “luce in mezzo al buio” ci può aiutare a sconfiggere non solo i virus che contagiano i nostri corpi, ma anche quelli che contaminano le nostre coscienze e a capire che “solo insieme possiamo farcela”, conclude Emil Constantinescu.