Brexit, una saga senza fine?
Caso unico nella storia dell’UE che, lungo i decenni, si è sviluppata arrivando da 6 a 28 membri, la Brexit si dimostra molto più difficile da gestire che i vari allargamenti successivi. Da tre anni, la partenza della Gran Bretagna dall’Unione paralizza Londra, crea problemi a Bruxelles e desta preoccupazione e confusione ovunque. Il 23 giugno 2016, circa 17,4 milioni di britannici, su una popolazione di oltre 66 milioni, hanno votato per l’uscita dall’UE. Loro rappresentavano meno del 52% di coloro che si sono presentati alle urne.
Bogdan Matei, 15.03.2019, 14:28
Caso unico nella storia dell’UE che, lungo i decenni, si è sviluppata arrivando da 6 a 28 membri, la Brexit si dimostra molto più difficile da gestire che i vari allargamenti successivi. Da tre anni, la partenza della Gran Bretagna dall’Unione paralizza Londra, crea problemi a Bruxelles e desta preoccupazione e confusione ovunque. Il 23 giugno 2016, circa 17,4 milioni di britannici, su una popolazione di oltre 66 milioni, hanno votato per l’uscita dall’UE. Loro rappresentavano meno del 52% di coloro che si sono presentati alle urne.
La carta della Gran Bretagna si sta colorando in maniera discordante. La Scozia, l’Irlanda del Nord e la metropoli londinese vogliono restare in Europa, mentre le grandi città industriali inglesi, gli insediamenti rurali e il Galles vogliono uscirne. Il premier conservatore David Cameron, sostenitore della presenza nell’UE, ma anche colui che ha organizzato il referendum, rassegna subito le dimissioni. Gli subentra Theresa May, euroscettica, ma anche votante anti-Brexit. È lei che, da allora, gestisce questo dossier scottante, cercando di mediare tra le esigenze di Bruxelles e le attese dei propri cittadini, sia a favore, che contro la Brexit.
Due anni fa, sempre lei dichiarava che il Regno Unito non può più far parte del mercato unico, incompatibile con il desiderio di Londra di fermare la migrazione sul continente. Ulteriormente, Theresa May e il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, annunciano un accordo iniziale sui tre capitoli fondamentali per il periodo post-Brexit: la regolamentazione finanziaria, i diritti dei cittadini europei del Regno e dei britannici dell’UE e lo status del confine tra Ulster e l’Irlanda. Questo però non soddisfa le esigenze del Parlamento di Londra, i cui voti negativi successivi sembrano rinviare la Brexit oltre la scadenza iniziale del 29 marzo.
Presente, giovedì, a Bucarest, il negoziatore capo dell’UE per la Brexit, il francese Michel Barnier, ha dichiarato che nessuno è riuscito a convincerlo in merito ai vantaggi della partenza del Regno Unito, mentre il secondo no all’accordo negoziato con la premier complica ancora di più le cose. È una situazione — ha sottolineato Barnier — in cui entrambe le parti perdono.
Rimpiangiamo, però, allo stesso tempo, rispettiamo la decisione presa dalla maggioranza del popolo britannico — ha concluso il negoziatore europeo. I suoi interlocutori — il presidente Klaus Iohannis, la premier Viorica Dăncilă o il ministro con delega agli affari europei, George Ciamba — hanno sottolineato, all’unisono, l’importanza del garantire i diritti degli oltre 400 mila cittadini romeni di Gran Bretagna, nell’eventualità di una Brexit senza accordo. L’Esecutivo di Bucarest si impegna affinché i diritti dei cittadini britannici di Romania siano rispettati — ha precisato il Ministero degli Esteri.
I commentatori notano, d’altronde, che, a prescindere dai problemi burocratici legati alla Brexit, i rapporti bilaterali romeno-britannici sono eccellenti. I due Paesi, anche se non saranno più partner nell’UE, restano però alleati nella NATO.