Sentenza finale in un importante caso di corruzione
L’ex sindaco di Costanza, Radu Mazăre, è stato condannato in via definitiva dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia a nove anni di carcere in un dossier sulle restituzioni illegali di terreni a Costanza e nella stazione confinante Mamaia, nelle zone di spiaggia e sul lungomare. Avviata più di un decennio fa, l’indagine ha portato alla luce la piovra che controllava un ampio meccanismo di restituzioni e attribuzioni illegali di terreni edificabili, che hanno recato allo stato danni di 114 milioni di euro. Quasi 40 persone sono state incolpate — funzionari del comune, notai, mandatari, eredi, concessionari, persone che hanno acquistato diritti successori.
Ştefan Stoica, 08.02.2019, 14:58
Altri nomi noti coinvolti sono quello dell’ex presidente socialdemocratico, come Mazăre, del Consiglio Provinciale, Nicuşor Constantinescu, ma anche quelli degli ex finanziatori del club calcistico Dinamo, Cristian Borcea e Dragoş Săvulescu. Le accuse sono state di abuso d’ufficio contro gli interessi pubblici con ottenimento di benefici patrimoniali e con conseguenze particolarmente gravi, in forma continuata, falso ideologico, in forma continuata e associazione a delinquere. Tutti andranno in carcere, tranne Radu Mazăre, il quale è scappato dalla Romania e si trova attualmente nel Madagascar, la più esotica tra le destinazioni scelte dagli ex dignitari, politici e capi di istituzioni trovati colpevoli di reati di corruzione.
Borcea torna in prigione dopo un breve periodo di libertà. Aveva beneficiato di liberazione condizionale l’anno scorso, dopo aver scontato una parte della pena che gli era stata inflitta in un altro famigerato fascicolo, quello dei trasferimenti illegali di calciatori. È la prima sentenza importante data dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia dopo il blocco apparso quando la Corte Costituzionale ha definito illegale la struttura dei collegi giudicanti di 5 giudici negli ultimi 2 anni.
Di conseguenza, l’Alta Corte è stata costretta a sospendere l’esecuzione delle pene nel caso di persone conosciute come l’ex ministra Elena Udrea e l’ex capo della procura antimafia e antiterrorismo Alina Bica, le quali hanno chiesto entrambe asilo politico in Costa Rica. Le due non sono le uniche a beneficiare del blocco all’Alta Corte. Un blocco che, accanto alle incertezze sul posto di procuratore capo della DNA, ancora vacante dopo la rimozione di Laura Codruţa Kovesi, e alla sorte del procuratore generale Augustin Lazăr, che si trova in pieno processo di rimozione dall’incarico, nonché alle controverse modifiche apportate dal potere di sinistra alla legislazione giudiziaria, alimenta le preoccupazioni, sia nel Paese, che all’estero, sul funzionamento della giustizia.
Durante tutti gli incontri — non pochi — imposti dal mandato di presidenza romena del Consiglio UE, la premier Viorica Dăncilă ha fatto grandi sforzi per eliminare i timori ed ha dato assicurazioni che lo stato di diritto è rispettato. Lo ha fatto anche ai colloqui svolti giovedì con il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk. Dopo l’incontro, colui che esortava i romeni, parlando nella loro lingua, a difendere lo stato di diritto, ha pubblicato su Twitter un messaggio pieno di significato. Forse sono antiquato — ha scritto Tusk — però continuo a credere che spetta ai giudici e non ai politici decidere chi e colpevole e chi no.