Incertezze sulla BREXIT
Il referendum del 23 giugno 2016 sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea è sembrato, nelle prime ore dopo la comunicazione degli esiti, un brutto scherzo. Le risposte affatto sgarbate dei britannici — forse gli unici al mondo che hanno l’umorismo quale tratto definitorio — sono, di solito, beffarde, piene di allusioni e di autoironia. Niente di tutto questo negli ultimi circa due anni e mezzo, periodo in cui, gli europei, gli altri 27, sembrano assistere ad un dramma con finale aperto! L’atto di martedì sera ha avuto in primo piano i parlamentari di Londra, i quali hanno bocciato, nella stragrande maggioranza, l’accordo sull’uscita dall’Unione proposto dalla premier conservatrice Theresa May: 432 hanno votato contro il testo negoziato con Bruxelles, mentre soli 202 hanno votato a favore. È stata la maggiore sconfitta di un leader britannico dagli anni 1920. Che strada imboccherà adesso il Regno Unito? I ripetuti moniti di Theresa May sull’”incertezza” in cui si troverà il Paese a soli due mesi e mezzo prima della Brexit, prevista di principio per il 29 marzo, potrebbero sostituire qualsiasi spiegazione.
Roxana Vasile, 16.01.2019, 12:42
Il referendum del 23 giugno 2016 sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea è sembrato, nelle prime ore dopo la comunicazione degli esiti, un brutto scherzo. Le risposte affatto sgarbate dei britannici — forse gli unici al mondo che hanno l’umorismo quale tratto definitorio — sono, di solito, beffarde, piene di allusioni e di autoironia. Niente di tutto questo negli ultimi circa due anni e mezzo, periodo in cui, gli europei, gli altri 27, sembrano assistere ad un dramma con finale aperto! L’atto di martedì sera ha avuto in primo piano i parlamentari di Londra, i quali hanno bocciato, nella stragrande maggioranza, l’accordo sull’uscita dall’Unione proposto dalla premier conservatrice Theresa May: 432 hanno votato contro il testo negoziato con Bruxelles, mentre soli 202 hanno votato a favore. È stata la maggiore sconfitta di un leader britannico dagli anni 1920. Che strada imboccherà adesso il Regno Unito? I ripetuti moniti di Theresa May sull’”incertezza” in cui si troverà il Paese a soli due mesi e mezzo prima della Brexit, prevista di principio per il 29 marzo, potrebbero sostituire qualsiasi spiegazione.
Di piani B, ce ne potrebbero essere tanti: si potrebbe organizzare un secondo referendum, si potrebbe sollecitare il rinvio della data dell’uscita, il controllo di tale processo potrebbe essere assunto dal Parlamento, oppure, nella peggiore delle ipotesi, si potrebbe arrivare ad una Brexit senza alcun accordo, variante che desta preoccupazione soprattutto negli ambienti economici. Da martedì sera, le reazioni internazionali arrivano in continuazione. Da Bruxelles, il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ha dichiarato che l’accordo negoziato è il migliore possibile e rappresenta un compromesso corretto che diminuisce i danni causati dalla Brexit ai cittadini e alle imprese dello spazio comunitario. Jean-Claude Juncker ha inoltre dichiarato che non desidera un’uscita disordinata del Regno Unito dall’Unione Europea ed ha chiesto alla Gran Bretagna di chiarire il prima possibile i suoi intenti perché il tempo è quasi scaduto. La Gran Bretagna subirà i maggiori danni nell’eventualità dell’uscita dall’Unione Europea senza un accordo — ha ammonito la Francia, mentre l’Austria ha trasmesso che una Brexit concordata è ancora possibile.
A Bucarest, le autorità temono, nel caso di una Brexit senza accordo, per il futuro dei numerosi romeni che lavorano o studiano in Gran Bretagna. Tuttavia, il presidente Klaus Iohannis ha sottolineato che non bisogna andare nel panico. Da una parte, non sono state esaurite le procedure che possono determinare l’approvazione di un accordo, d’altra parte l’Unione Europea è preparata per tutte le varianti possibili. Dal canto suo, l’ex capo dello stato, Traian Băsescu, vede nel voto espresso martedì nel Parlamento di Londra una chance per la convocazione di un nuovo referendum, al quale l’elettorato britannico voterà stavolta contro la Brexit. In questo modo, la Romania, che ricopre la presidenza semestrale del Consiglio dell’Unione Europea, avrebbe la chance di essere il Paese durante la cui presidenza l’Unione Europea si consoliderà, anziché essere il Paese durante il cui mandato l’UE si rimpicciolirà.