Una delegazione della Commissione di Venezia, in Romania
Una delegazione della Commissione di Venezia, istituzione consultiva di specialità del Consiglio d’Europa per questioni costituzionali, si è recata per due giorni a Bucarest. L’agenda della visita di lavoro è stata molto fitta. Gli esperti indipendenti hanno avuto incontri con i rappresentanti di numerose istituzioni importanti dello stato — con il presidente Klaus Iohannis, al Ministero della Giustizia, all’Alta Corte di Cassazione e Giustizia, alla Corte Costituzionale, all’Ufficio del procuratore generale, alla Direzione Nazionale Anticorruzione, al Consiglio Superiore della Magistratura, con rappresentanti del Parlamento, nonché con associazioni dei giudici e dei procuratori e con organizzazioni della società civile.
Roxana Vasile, 13.06.2018, 13:23
Una delegazione della Commissione di Venezia, istituzione consultiva di specialità del Consiglio d’Europa per questioni costituzionali, si è recata per due giorni a Bucarest. L’agenda della visita di lavoro è stata molto fitta. Gli esperti indipendenti hanno avuto incontri con i rappresentanti di numerose istituzioni importanti dello stato — con il presidente Klaus Iohannis, al Ministero della Giustizia, all’Alta Corte di Cassazione e Giustizia, alla Corte Costituzionale, all’Ufficio del procuratore generale, alla Direzione Nazionale Anticorruzione, al Consiglio Superiore della Magistratura, con rappresentanti del Parlamento, nonché con associazioni dei giudici e dei procuratori e con organizzazioni della società civile.
Il capo dello stato e il Comitato di Monitoraggio dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa avevano sollecitato l’opinione di questi specialisti sulle modifiche apportate alle tre leggi sulla Giustizia: l’organizzazione giudiziaria, il funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura e lo statuto dei giudici e dei procuratori. Gli esperti della Commissione di Venezia hanno ascoltato, per due giorni, opinioni del tutto opposte, che dividono profondamente il potere e l’opposizione di Romania e, implicitamente, l’intera società. In base alle informazioni raccolte, loro dovranno elaborare un rapporto preliminare a luglio e uno definitivo a ottobre.
Il presidente della Commissione parlamentare speciale che si è occupata delle leggi sulla Giustizia, il socialdemocratico Florin Iordache, è del parere che il rapporto non alteri la sostanza degli atti normativi, così come sono stati modificati: “Le spiegazioni che hanno ricevuto, il materiale che noi abbiamo inoltrato e che viene a risolvere molte delle inesattezze che sono state dette nello spazio pubblico aiuteranno i rappresentanti della Commissione di Venezia, sia in questa opinione preliminare che in quella finale che dovranno esprimere in autunno, a fare le migliori osservazioni e a constatare che queste tre leggi sulla Giustizia concordano sia con le opinioni espresse dalla Commissione, che con le decisioni della Corte Costituzionale.”
I liberali, all’opposizione, esprimono invece il loro scetticismo in merito al modo in cui il potere PSD-ALDE prenderà in considerazione il rapporto finale che presenterà la Commissione di Venezia, dato lo stato attuale delle leggi. La senatrice PNL, Alina Gorghiu: “Lo stato attuale delle leggi è quasi vicino alla fine delle procedure e sarà abbastanza difficile per loro rispettare un calendario accelerato, redigere e inoltrare un rapporto che sia preso in considerazione dal Paese interessato, cioè la Romania.”
Lungo il tempo, l’opposizione di destra ha criticato, unitamente ad una parte della stampa e ad alcune organizzazioni civiche, che con il modo accelerato in cui sono stati modificati i tre atti normativi, la coalizione governativa cerca di fermare la lotta alla corruzione e sottomettere i magistrati. Il potere sostiene in cambio che le leggi non erano state modificate da molto tempo e che dalla giustizia non mancano gli abusi e la trasgressione dello stato di diritto. Lamenta inoltre l’esistenza di una struttura illegittima, sotterranea, detta genericamente “lo stato parallelo”, che parassiterebbe le istituzioni dello stato e influirebbe sulle decisioni dei magistrati. Chi ha ragione?