Effervescenza sulla scena politica
I socialdemocratici vogliono riunirsi in gran numero, il 9 giugno, a Bucarest, per dimostrare la loro coesione e per esibire pubblicamente il sostegno alla premier Viorica Dăncilă e al programma di governo della coalizione PSD — ALDE. È un’idea più vecchia che il più forte partito di sinistra sente di dover mettere in pratica ora, quando il capo dell’esecutivo è diventato il bersaglio prediletto delle critiche maliziose arrivate dalla presidenza e dall’opposizione. Klaus Iohannis ha chiesto ripetutamente le dimissioni di Viorica Dăncilă, che ritiene incapace di presiedere il governo. I motivi sarebbero, principalmente, la sua indecisione in merito alla sorte delle pensioni con gestione privata, che rischia di nuocere agli investimenti e alla borsa e, soprattutto, l’approvazione di un memorandum governativo legato ad una possibile rilocazione dell’ambasciata di Romania in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. Una mossa sbagliata — dicono gli analisti di politica estera — tramite cui l’esecutivo ha superato la propria area di competenza entrando nella zona di responsabilità del presidente e mettendo in pericolo la posizione tradizionale di Bucarest, di equilibrio nel conflitto israeliano-palestinese.
Ştefan Stoica, 29.05.2018, 14:37
I socialdemocratici vogliono riunirsi in gran numero, il 9 giugno, a Bucarest, per dimostrare la loro coesione e per esibire pubblicamente il sostegno alla premier Viorica Dăncilă e al programma di governo della coalizione PSD — ALDE. È un’idea più vecchia che il più forte partito di sinistra sente di dover mettere in pratica ora, quando il capo dell’esecutivo è diventato il bersaglio prediletto delle critiche maliziose arrivate dalla presidenza e dall’opposizione. Klaus Iohannis ha chiesto ripetutamente le dimissioni di Viorica Dăncilă, che ritiene incapace di presiedere il governo. I motivi sarebbero, principalmente, la sua indecisione in merito alla sorte delle pensioni con gestione privata, che rischia di nuocere agli investimenti e alla borsa e, soprattutto, l’approvazione di un memorandum governativo legato ad una possibile rilocazione dell’ambasciata di Romania in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. Una mossa sbagliata — dicono gli analisti di politica estera — tramite cui l’esecutivo ha superato la propria area di competenza entrando nella zona di responsabilità del presidente e mettendo in pericolo la posizione tradizionale di Bucarest, di equilibrio nel conflitto israeliano-palestinese.
D’altronde il leader PNL, all’opposizione, Ludovic Orban, ha sporto una querela penale contro la premier, accusandola di tradimento e usurpazione di funzioni, perché avrebbe garantito il relativo memorandum segreto. Non solo al presidente e all’opposizione di destra sta cercando il PSD di dare una replica tramite il meeting in programma il 9 giugno. Sulla lista nera del partito si trovano oggi anche i parlamentari socialdemocratici che hanno lasciato la formazione scegliendo Pro Romania, la piattaforma politica recentemente creata dall’ex leader PSD e premier, Victor Ponta. In un messaggio su Facebook, l’Organizzazione Bucarest-Ilfov, la più forte del Paese, sostiene che le diserzioni di alcuni colleghi non possono destabilizzare la coalizione PSD-ALDE. I tentativi di confiscare il governo, le minacce del presidente Klaus Iohannis nei confronti della premier, la querela penale del leader PNL, nonché le defezioni di alcuni membri del partito fanno parte del piano non riuscito dello stato parallelo (cioè presunte forze occulte che includono politici, procuratori, sevizi segreti) di bloccare la riforma della giustizia e l’attuazione del programma di governo — si rileva ancora nel messaggio.
Più di 10 parlamentari si sono affiancati a Ponta, scontenti di ciò che definiscono la maniera autoritaria, quasi discrezionale in cui Liviu Dragnea dirige il partito. Pro Romania ha lanciato lunedì la sua agenda, che parte dall’idea che i grandi partiti tradizionali hanno dimostrato di essere incapaci dal punto di vista strutturale di cambiare o andare di pari passo con l’evoluzione della società. Ponta ammette di aver cercato di cambiare, lui stesso, un grande partito politico, ma ha rinunciato all’idea, fatto che ha significato la perdita della corsa elettorale per la presidenza nel 2014. Perciò, un progetto di tipo start-up, piccolo, con poche persone, con scarse risorse, ma con grandi rischi, può produrre benefici, è convinto Ponta. Se è solo una rissa con l-ex collega Dragnea, come pensano gli osservatori scettici della scena politica, o se Pro Romania è davvero un progetto interessante, da seguire, di un politico diventato più maturo dopo un fallimento, si vedrà entro breve.