All’esame, la retribuzione dei professori
Il pagamento degli stipendi ai dipendenti del settore insegnamento dovrebbe essere fatto, a cominciare dal 2018, dal budget dello stato, tramite il ministero dell’Istruzione, e non più dall’amministrazione locale come attualmente, secondo una proposta legislativa adottata, martedì, dalla Camera dei Deputati di Bucarest. Inoltre, il progetto stabilisce che il pagamento dei diritti salariali arretrati a coloro che li hanno vinti in seguito a processi, si farà in modo scaglionato, entro un periodo di 5 anni.
Daniela Budu, 08.11.2017, 13:22
Il pagamento degli stipendi ai dipendenti del settore insegnamento dovrebbe essere fatto, a cominciare dal 2018, dal budget dello stato, tramite il ministero dell’Istruzione, e non più dall’amministrazione locale come attualmente, secondo una proposta legislativa adottata, martedì, dalla Camera dei Deputati di Bucarest. Inoltre, il progetto stabilisce che il pagamento dei diritti salariali arretrati a coloro che li hanno vinti in seguito a processi, si farà in modo scaglionato, entro un periodo di 5 anni.
La presidente della Commissione per l’Istruzione, la deputata socialdemocratica Camelia Gavrilă, ha spiegato: “In essenza, si tratta del trasferimento del pagamento degli stipendi alla catena Ministero dell’Istruzione — ispettorati scolastici — scuole, appunto perché dalle esperienze precedenti si è notato che ci sono stati ritardi, difficoltà e altri motivi esterni al processo istruttivo-educativo, e anche dei pagamenti scaglionati sollecitati dai colleghi del settore insegnamento e dai sindacati. Il PNL e l’USR, all’opposizione, hanno votato contro il progetto.”
La deputata liberale, Raluca Turcan, ha sostenuto che, tramite questa azione, si rinuncia al principio dell’autonomia e del decentramento nell’insegnamento e viene rinviato il pagamento dei diritti salariali ai professori. Raluca Turcan: “Praticamente, i sindaci e i responsabili del finanziamento dell’infrastruttura scolastica presso le autorità pubbliche resteranno solo con i soldi, senza neanche un minimo strumento per poter monitorare il management scolastico.”
Già dal 2007, quando ha aderito all’UE, la Romania ha perso costantemente professori. Il motivo: non sono pagati nel loro Paese come meriterebbero, per cui il mestiere di insegnante non è attraente per i giovani con buoni risultati o che hanno una vocazione per questo mestiere. Dalle scuole elementari fino alle università, i centri di insegnamento romeni si confrontano con una carenza acuta di personale. I professori o vanno a insegnare all’estero, o scelgono il settore privato che offre stipendi anche cinque volte più alti. Negli ultimi anni, i partiti che si sono succeduti al potere hanno cercato, spesso senza grande successo, di rimediare la situazione: si è andati da promesse di aumenti salariali e crescite effettive, fino a facilità professionali e logistiche.
Per quanto riguarda gli alunni, dai dati di un progetto del ministero dell’istruzione, sottoposto al dibattito pubblico, più della metà studia in scuole sovraffollate oppure poco utilizzate. Circa il 30% delle scuole romene non hanno le toilette all’interno, mentre più del 40% degli edifici in cui funzionano le scuole sono collocati in zone a rischio sismico alto. In tale contesto, il Ministero desidera modernizzare l’infrastruttura, costruire o riabilitare campus scolastici. E sempre il Ministero dell’Istruzione ha lanciato pure una consultazione pubblica in merito ai compiti degli alunni, allo scopo di correggere alcune disfunzionalità segnalate. I docenti, i genitori e gli alunni possono esprimere i loro punti di vista compilando alcuni questionari online entro il 20 novembre. (tr. G.P.)