Ucraina, criticata per la Legge sull’istruzione
L’Ucraina ha sbagliato. Così ha riassunto il deputato dell’UDMR Korodi Attila, membro nella delegazione della Romania all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, la risoluzione adottata da questa istituzione sul tema della nuova legge ucraina sull’istruzione. Egli stesso membro di una minoranza etnica, il deputato romeno ha aggiunto che, prima di adottare la legge, le autorità di Kiev avrebbero dovuto aspettare l’approvazione della Commissione di Venezia, consultarsi con i Paesi confinanti e rispettare gli standard europei e i principi fondamentali della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie e la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze. Queste, dice Korodi, definiscono molto chiaramente il principio di base dell’accesso dei giovani appartenenti alle comunità nazionali all’istruzione nella lingua materna.
Bogdan Matei, 13.10.2017, 11:48
La risoluzione è stata adottata con la stragrande maggioranza dei membri APCE, fatto che conferma la pertinenza della sollecitazione della delegazione romena, sostenuta da altre cinque, che la questione della legge ucraina sia analizzata in regime d’urgenza. Secondo la risoluzione, “quando gli stati prendono misure per promuovere la loro lingua ufficiale, esse non devono contrastare con le misure volte a proteggere e promuovere le lingue delle minoranze nazionali”. Perché, “se tale fatto non viene osservato, il risultato sarà l’assimilazione, non l’integrazione”, attirano l’attenzione i membri dell’Assemblea.
Ricorrere all’APCE è solo la più recente azione di Bucarest nel tentativo di bloccare l’applicazione dell’atto normativo che limita drasticamente l’accesso all’istruzione nella loro lingua alle numerose minoranze etniche d’Ucraina. Così, i bambini appartenenti alle etnie minoritarie potranno studiare nella loro lingua materna solo all’asilo e alla scuola elementare, dopo di che dovranno frequentare corsi esclusivamente in ucraino. In precedenza, il ministro degli Esteri romeno, Teodor Meleşcanu, e i suoi colleghi ungherese, bulgaro e greco avevano firmato una lettera congiunta, in cui esprimevano la preoccupazione e il profondo rimpianto per l’adozione della nuova legge. Il ministro dell’istruzione romeno, Liviu Pop, è andato a Kiev, per perorare contro questa legge. Il Parlamento di Bucarest ha chiesto, in una dichiarazione votata all’unanimità, che sia riesaminato l’atto normativo ed ha ammonito che segue “con preoccupazione e massima attenzione” gli sviluppi generati dai suoi provvedimenti. Dal canto suo, il presidente Klaus Iohannis ha deciso di rinviare, ad una data non precisata, la visita che doveva effettuare questo mese a Kiev.
Gli analisti definiscono assolutamente legittima la preoccupazione di Bucarest, perché quasi mezzo milione di etnici romeni vivono nello stato confinante, la maggior parte nei territori romeni orientali annessi nel 1940, in seguito ad un ultimatum, all’ex Unione Sovietica ed ereditati nel 1991 dall’Ucraina, come stato successore. Negli ultimi due secoli, le comunità romene dell’Ucraina di oggi hanno vissuto sotto amministrazioni tra le più diverse — asburgica, ungherese, cecoslovacca, zarista oppure sovietica. Però mai, dicono i loro leader di opinione, non si sarebbero immaginati che un’Ucraina con aspirazioni dichiarate di integrazione europea avesse potuto cercare di limitare così drasticamente un loro diritto fondamentale, come l’istruzione nella lingua materna. (tr. G.P.)