Le dimissioni del ministro della Giustizia
Ştefan Stoica, 10.02.2017, 18:18
Dal 31 gennaio, il giorno in cui è stato adottato
intempestivamente, la sera tardi, il famigerato decreto legge n.13 che portava
modifiche controverse al Codice penale e di procedura penale, il suo promotore,
l’allora ministro della Giustizia Florin Iordache, è diventato il bersaglio
prediletto delle critiche e delle ironie mordenti dei manifestanti contro il
governo. Accanto (non poteva essere diversamente) al suo capo di partito, il
leader socialdemocratico Liviu Dragnea, ritenuto il principale beneficiario
della depenalizzazione parziale operata dall’odiato decreto governativo. È
stato ritirato il decreto domenica scorsa, il giorno in cui a Bucarest e nel
resto del Paese è sceso in strada mezzo milione di persone, unite nel loro
denuncio contro il contenuto sospetto del decreto governativo e contro il modo
considerato dai protestatati ladresco in cui è stato adottato.
Quattro giorni è rimasto ancora in carica Florin
Iordache dopo la sua azione, confermando ciò che anticipava il presidente Klaus
Iohannis, cioè che sarà una dimissione o una destituzione tormentata. La
dimissione è avvenuta giovedì, però Florin Iordache non rimprovera niente a se
stesso: Tutte le iniziative assunte sono legali e costituzionali. I
progetti proposti o che si trovano attualmente al dibattito pubblico
organizzati dal Ministero della Giustizia, sono ora in dibattito parlamentare;
tuttavia, per l’opinione pubblica non è stato sufficiente, motivo per cui ho
deciso di rassegnare le mie dimissioni dalla carica di ministro della
Giustizia.
Florin Iordache ha ragione solo parzialmente. Le
sue iniziative sono legali. Ciò che ha deciso la Corte Costituzionale, quando
ha bocciato le segnalazioni inoltrate dal CSM e dal presidente del Paese in
merito a possibili conflitti istituzionali creati nel processo di adozione del
decreto governativo.
La Corte non ha stabilito però, per ora, se esse
sono anche in accordo con la legge fondamentale. Una segnalazione in merito
inoltrata dall’Avvocato del Popolo è stata bocciata, per la semplice ragione
che il decreto-legge non c’è più, essendo stato abrogato. Il suo contenuto non
è stato analizzato, sebbene alcuni analisti affermano che ciò sarebbe stato
necessario.
Le reazioni della classe politica alle dimissioni
di Florin Iordache sono divise. Per i principali partiti all’opposizione, il
PNL e l’USR, il suo gesto non offre alcuna garanzia contro altri probabili
abusi del suo Governo o della maggioranza PSD-ALDE. In accordo con i
manifestanti in piazza, i due partiti ritengono insufficiente sacrificare
quello che chiamano l’esecutore di Dragnea e credono che sono necessarie anche
le sue dimissioni e del premier Sorin Grindeanu, come prova dell’assunzione
solidale dell’errore.
Şerban Nicolae, il leader dei senatori socialdemocratici, invece,
afferma che non è d’accordo con le dimissioni di Florin Iordache dal Ministero
della Giustizia. Tuttavia, nel PSD ci sono state voci che hanno deplorato i
danni d’immagine recati dal decreto-legge di Iordache, in un momento in cui il
partito nemmeno aveva avuto tempo di godersi la vittoria categorica alle
elezioni politiche dell’11 dicembre scorso. (traduzione di Gabriela Petre)