Un controverso progetto legislativo
La Costituzione della Romania postcomunista stipula che la liberà di espressione è garantita, e la censura è vietata. Il che non ha impedito però ai politici di tentare, ripetutamente, sin dagli anni ’90, di limitare il diritto della stampa di investigare i casi di corruzione, di accusare la simbiosi frequente tra l’amministrazione e gli ambienti mafiosi. Con l’apparizione di internet, delle reti sociali e dei blog, la classe politica è diventata ancor più vulnerabile.
Bogdan Matei, 16.02.2016, 16:23
La Costituzione della Romania postcomunista stipula che la liberà di espressione è garantita, e la censura è vietata. Il che non ha impedito però ai politici di tentare, ripetutamente, sin dagli anni ’90, di limitare il diritto della stampa di investigare i casi di corruzione, di accusare la simbiosi frequente tra l’amministrazione e gli ambienti mafiosi. Con l’apparizione di internet, delle reti sociali e dei blog, la classe politica è diventata ancor più vulnerabile.
Adesso, non solo i giornali e le tv, ma anche i cittadini possono svelare abusi, avviare campagne pubbliche, chiedere dimissioni. Il Partito Socialdemocratico, il più longevo partito al governo dopo la Rivoluzione anticomunista del 1989, con il più numeroso gruppo parlamentare attualmente e il cui nome è collegato al maggior numero di scandali di corruzione, è, tradizionalmente, il bersaglio prediletto sui media e su internet. Gli analisti affermano che, per questo motivo, non a caso proprio il leader socialdemcoratico, Liviu Dragnea, ha promosso ciò che viene chiamato “il ddl anti diffamazione”.
Sin dal principio, egli aveva affermato che il ddl promuove la tolleranza, la buona comprensione e l’armonia sociale, anzichè introdurre la censura. Il diritto dei gruppi minoritari e vulnerabili ad un’immagine positiva sarebbe, secondo Dragnea, la principale posta in gioco del ddl. Gli stessi analisti hanno risposto che, in fin dei conti, anche i politici corrotti sono un gruppo minoritario, reso vulnerabile, negli ultimi anni, dalle azioni dei procuratori e dalle sentenze dei giudici.
Un’esplosione di indignazione ha accompagnato l’annuncio che il ddl prevede che la diffamazione nello spazio pubblico, inclusivamente sulla stampa e sulle reti sociali, venga sanzionata con multe che variano da 200 euro ad oltre 20 mila euro (l’equivalente in lei). I principali sfidanti politici dei socialdemocratici, i liberali, hanno ammonito subito che, se il ddl, che hanno definito una legge della censura, passerà dal Parlamento, il PNL lo contesterà alla Corte Costituzionale.
La co-presidente del PNL, Alina Gorghiu, affermava che il ddl ha molti difetti, e, perciò, va bocciato, e che le discussioni dovrebbero partire da un’iniziativa legislativa pro-tolleranza. L’ambasciatore stesso degli Usa a Bucarest, Hans Klemm, si è sentito in dovere di intervenire. La tutela della libertà di espressione, anche quando l’espressione scelta offende, è un aspetto fondamentale di una società democratica sana — ha ricordato il diplomatico americano. Il presidente del PSD si è dichiarato, in fin dei conti, d’accordo con queste obiezioni ed ha annunciato che la definizione della diffamazione e le sanzioni previste per chi avrebbe violato la legge saranno eliminate dal testo. La proposta legislativa ha già un altro nome — la legge sull’assicurazione della tolleranza per le differenze di gruppo — e questo titolo andrà al dibattito della plenaria della Camera dei Deputati, che ha il potere decisionale. (traduzione di Adina Vasile)