Proteste e colloqui a Chisinau
Investito, la scorsa settimana, in condizioni quasi cospirative, con i voti di una maggioranza parlamentare congetturale ed eterogenea, che va dai liberali filo-europei agli ex-comunisti, tradizionalmente filo-russi, e convertiti alla socialdemocrazia, il gabinetto di coalizione guidato da Pavel Filip si trova già con le spalle al muro. Per le decine di migliaia di protestatari, usciti di nuovo in strada ieri a Chisinau, il nuovo governo rappresenta una classe politica profondamente corrotta, che alle spalle di una retorica filo-europea, ha derubato un miliardo di dollari dal sistema bancario del paese.
Bogdan Matei, 25.01.2016, 16:03
Investito, la scorsa settimana, in condizioni quasi cospirative, con i voti di una maggioranza parlamentare congetturale ed eterogenea, che va dai liberali filo-europei agli ex-comunisti, tradizionalmente filo-russi, e convertiti alla socialdemocrazia, il gabinetto di coalizione guidato da Pavel Filip si trova già con le spalle al muro. Per le decine di migliaia di protestatari, usciti di nuovo in strada ieri a Chisinau, il nuovo governo rappresenta una classe politica profondamente corrotta, che alle spalle di una retorica filo-europea, ha derubato un miliardo di dollari dal sistema bancario del paese.
I leaders dei manifestanti hanno già dato un ultimatum per le dimissioni in blocco dell’attuale governo entro giovedì pomeriggio e l’organizzazione di elezioni legislative anticipate fino ad aprile, ammomendo, in caso contrario, con il blocco del traffico in tutto il paese e con azioni di inubbidienza civica. Secondo il potere, le manifestazioni sono percepite come un’irresponsabile destabilizzazione della statalità della Moldova, mentre i manifestanti come una combinazione tossica tra correnti ideologiche, a prima vista, incompatibili. Tra gli organizzatori si annoverano formazioni filorusse, come i socialisti, con il più numeroso gruppo nel Legislativo, il Partito Nostro, populista ed extraparlamentare, ma anche la piattaforma civica Dignità e Verità, un cartello di organizzazioni non governative che promuovono valori occidentali.
E mentre il capo socialista Igor Dodon e quello populista Renato Usatii adorano mettersi in foto accanto al presidente russo Vladimir Putin, tra le file della piattaforma civica non sono in pochi quelli che sostengono la riunificazione della Moldova con la Romania. Al momento, notano gli osservatori, molti dei partner occidentali di Chisinau considerano che l’organizzazione di elezioni anticipate in questo momento porterebbe al potere le forze di sinistra piazzando la Moldova fuori dall’orbita europeea. Motivo questo, per sostenere il nuovo governo Filip, malgrado la sua mancanza di credibilità.
Il nuovo premier ha già annunciato la sua prima visita all’estero, domani a Bucarest. Secondo gli analisti si aspettano chiarimenti nei colloqui con il suo omologo Ciolos, per lo sblocco dell’aiuto finanziario romeno atto a sostenere il deficit della Moldova. L’anno scorso Bucarest offriva un credito di 150 milioni di euro bloccato, però, dal presidente Klaus Iohannis causa la cronica instabilità politica a Chisinau, in grado di sviare il paese dal corso dell’integrazione europea.
Ieri, il presidente ha ribadito però che la Romania resta un partner di fiducia della Moldova e che la comunanza storica e linguistica constribuisce al consolidamento dell’identità e della solidarietà tra i due stati. Dal canto suo, il premier Ciolos ha dichiarato che la Romania resta accanto alla Moldova, mentre il governo di Bucarest ribadisce il sostegno per la aspirazioni civiche ed europee dei cittadini dello stato confinante.