La crisi dei profughi vista da Bucarest
Gli stati dell’Unione Europea sono falliti lunedì nel raggiungere un accordo sulla ripartizione dell’immensa ondata di profughi che prendono d’assalto il vecchio continente, generando la più grave crisi degli ultimi circa 7 decenni. Il risultato della riunione di emergenza dei ministri dell’interno a Bruxelles era relativamente prevedibile: almeno nell’ultima settimana, le prese di posizione dei politici europei, diametralmente opposte, erano state tra le più veementi.
Roxana Vasile, 15.09.2015, 13:29
Gli stati dell’Unione Europea sono falliti lunedì nel raggiungere un accordo sulla ripartizione dell’immensa ondata di profughi che prendono d’assalto il vecchio continente, generando la più grave crisi degli ultimi circa 7 decenni. Il risultato della riunione di emergenza dei ministri dell’interno a Bruxelles era relativamente prevedibile: almeno nell’ultima settimana, le prese di posizione dei politici europei, diametralmente opposte, erano state tra le più veementi.
Se i 28 hanno deciso che 40.000 profughi d’Italia e Grecia siano ripartiti nei prossimi due anni, come concordato già da luglio, essi non hanno raggiunto un accordo sugli altri 120.000 arrivati nel frattempo dal Medio Oriente e dall’Africa. La Commissione Europea desidera imporre delle quote obbligatorie, alle quali alcuni stati membri, tra cui anche la Romania, si oppongono fermamente.
Bucarest – coerente con l’impegno assunto d’estate – parteciperà al meccanismo di distribuzione accogliendo 1.705 richiedenti asilo che si trovano in Italia e Grecia e altre 80 persone dal di fuori dell’Unione. Il vicepremier per la sicurezza nazionale e ministro dell’interno, Gabriel Oprea, presente alla riunione svoltasi lunedì nel Belgio, ha trasmesso ai colleghi europei il mandato in tal senso affidatogli dal presidente Klaus Iohannis e dal premier Victor Ponta.
D’altronde, questo mandato è stato spiegato proprio dal capo dello stato in una conferenza stampa a Bucarest. Noi, se accogliamo dei migranti, non li accogliamo in regime alberghiero, per passare l’inverno e vedere dopo. Se li accogliamo, ce li assumiamo. Questa gente va scolarizzata, deve imparare la lingua romena, i bambini devono andare a scuola, essi vanno integrati nella società, ha detto Klaus Iohannis.
L’offerta della Romania di partecipare all’agevolazione della crisi dei migranti è generosa – aggiunge il presidente Iohannis, e i paesi che riufiutano le quote obbligatorie possono dimostrare la solidarietà anche tramite altre forme. Ad esempio, Bucarest partecipa attualmente al rafforzamento dei confini esterni dell’Unione Europea e potrebbe mettere a disposizione, se le venisse sollecitato, sia personale che perizia.
Inoltre, la Romania non si trova sotto la pressione dei profughi, pari a Grecia, Italia, Austria, Germania o alla confinante Ungheria, poichè non è membro Schengen, che, dal come stanno le cose in questo momento, nella visione del presidente Iohannis, non funziona.
L’area Schengen non è funzionale in questo momento ed è una nostra preoccupazione. Questo tema sarà l’oggetto di una discussione nel Consiglio Supremo di Difesa del Paese, ha aggiunto il presidente.
Convocato per il 17 settembre, il Consiglio Supremo di Difesa prenderà in discussione, di conseguenza, sia la questione dell’area Schengen, che la posizione romena di mantenere quote profughi volontarie, a seconda delle possibilità. Qualsiasi decisione presa dall’Unione Europea che riaprirebbe il divario tra l’Est e l’Ovest sarebbe – nella visione di Bucarest – fondamentalmente sbagliata.