Il risultato della mozione di sfiducia
La coesione dell’arco governativo PSD-UNPR – PC – PLR è rimasta anche questa volta senza fessura. Cosicchè solo 194 deputati e senatori hanno votato la mozione di sfiducia inoltrata dal PNL, nelle condizioni in cui, per essere adottato, il documento aveva bisogno di almeno 278 voti. I gruppi parlamentari liberali riuniscono solo 173 eletti, cosicchè, già dalla vigilia, gli iniziatori stessi non si concedevano alcuna chance. Il fatto che parlamentari non affiliati, dissidenti socialdemocratici, popolari – nostalgici dell’ex presidente Traian Basescu – o ex membri della formazione populista PP-DD hanno votato accanto al PNL non ha significato nulla, quando tempo nemmeno l’UDMR – come peso, la seconda forza all’opposizione – non si è affiancata integralmente all’iniziativa liberale.
Bogdan Matei, 12.06.2015, 13:48
Su piano politico, quindi, dicono gli analisti, la mozione resta solo un esercizio di immagine, anche se i suoi temi sono tra i più gravi. I principali capi d’accusa della requisitoria stilata dai liberali sono stati il disastro nell’organizzazione dei seggi elettorali all’estero alle presidenziali di novembre, quando migliaia di persone non hanno potuto votare, anche se hanno fatto la fila per ore intere, nonchè la non adozione della legge sul voto per corrispondenza, grazie alla quale potrebbero essere prevenute simili situazioni. Sotto il titolo Victor Ponta dimesso per eccesso di potere tramite il blocco delle elezioni, il premier socialdemocratico è accusato di aver desiderato diventare presidente tramite il sabottaggio deliberato dei cittadini romeni all’estero, a maggioranza e per tradizione con opzioni di destra, e che ora rifiuta di organizzare scrutini parziali nelle numerose province, città e località rimaste senza i sindaci eletti nel 2012 e arrestati successivamente per corruzione.
Sopravvivendo a un’altra mozione di sfiducia – la terza dalla sua investitura a maggio 2012 – il premier ha stravinto un’altra battaglia. Però, constatano i commentatori, non è mica sicuro che vincerà la guerra. Nei media, nell’opinione pubblica, nelle cancellerie straniere, l’immagine di Ponta è gravemente lesa dagli scandali politici e di corruzione in cui sono coinvolte sia persone a lui vicine, che il premier stesso. Giovedì, un altro pezzo grosso del governo, Ioan Rus dei trasporti, ha dovuto dimettersi in seguito ad alcune dichiarazioni irriproducibili nei confronti dei romeni all’estero, che sembrano essere diventati una fissazione di alcuni dei leader PSD.
E una settimana fa, l’inoltrare della mozione era stata eclissata dall’annuncio della DNA che il primo ministro è sotto inchiesta penale per reati di corruzione – falsità in documenti, complicità in evasione fiscale, riciclaggio di denaro, conflitto d’interessi – che Ponta avrebbe commesso sia prima che dopo essere diventato capo di governo. Lui è diventato così il primo premier della Romania postcomunista messo sotto inchiesta penale nell’esercizio del mandato. Condizione che, secondo le speculazioni della stampa, potrebbe ledere persino la fedelità, finora impeccabile, dei partner della coalizione.