Presidenziali: ancora accesi dibattiti su voto all’estero
A ben 3 settimane dal primo turno delle presidenziali in Romania, del 2 novembre, e a 10 giorni dal secondo, del 16 novembre, sia i politici della Maggioranza, che quelli dell’Opposizione, continuano ad analizzare le deficienze di organizzazione del voto nei seggi all’estero, a prendere misure e, a seconda del caso, a cercare scuse o colpevoli. Le dimissioni dei due ministri degli Esteri – Titus Corlatean, dopo il primo turno, e Teodor Melescanu, dopo il secondo, – l’indagine aperta dalla Procura Generale, gli accesi dibattiti nel Parlamento o l’istituzione di una commissione parlamentare speciale destinata a fare proposte concrete per il cambiamento dell’attuale legislazione elettorale, ritenuta obsoleta, lasciano capire le dimensioni dello scandalo. Uno provocato dall’organizzazione deficiente del processo elettorale nei seggi all’estero, che si sono dimostrati insufficienti, e scoppiato in seguito al mancato rispetto di un diritto fondamentale dei cittadini romeni, stipulato dalla Costituzione, quello di voto.
Florentin Căpitănescu, 26.11.2014, 13:34
A ben 3 settimane dal primo turno delle presidenziali in Romania, del 2 novembre, e a 10 giorni dal secondo, del 16 novembre, sia i politici della Maggioranza, che quelli dell’Opposizione, continuano ad analizzare le deficienze di organizzazione del voto nei seggi all’estero, a prendere misure e, a seconda del caso, a cercare scuse o colpevoli. Le dimissioni dei due ministri degli Esteri – Titus Corlatean, dopo il primo turno, e Teodor Melescanu, dopo il secondo, – l’indagine aperta dalla Procura Generale, gli accesi dibattiti nel Parlamento o l’istituzione di una commissione parlamentare speciale destinata a fare proposte concrete per il cambiamento dell’attuale legislazione elettorale, ritenuta obsoleta, lasciano capire le dimensioni dello scandalo. Uno provocato dall’organizzazione deficiente del processo elettorale nei seggi all’estero, che si sono dimostrati insufficienti, e scoppiato in seguito al mancato rispetto di un diritto fondamentale dei cittadini romeni, stipulato dalla Costituzione, quello di voto.
Molti dei 380 mila romeni allestero che sono riusciti ad esprimere la loro opzione sono stati costretti a fare la fila per ore, nel freddo, sotto la pioggia e il vento. Allo stesso tempo, molti di coloro che sono andati alle urne non sono riusciti a votare. Se le autorità non si sono affrettate a cambiare tra i due turni di scrutinio la rigida legislazione elettorale che non permette l’apertura di nuovi seggi elettorali, cercano di farlo adesso, in vista delle future elezioni. Le proposte di modifica della legislazione sono entrate, da oggi, al dibattito della commissione parlamentare speciale. Questa stabilirà i principi e le priorità per ciascun tipo di elezioni — primarie, politiche, europee e presidenziali. Il premier Victor Ponta, presente, ieri, nel Parlamento, ha deplorato il fatto che un gran numero di romeni che vivono all’estero non abbiano potuto esercitare il proprio diritto di voto e ha affermato di averne pagato il prezzo politico, con la sconfitta alle presidenziali.
Come misure, Victor Ponta ha proposto al Parlamento l’adozione di una legislazione che preveda il voto per corrispondenza oppure quello elettronico e la designazione di un’istituzione apolitica per l’organizzazione delle elezioni. Il principale partito all’opposizione, il Partito Nazional-liberale, il cui leader, Klaus Iohannis, ha vinto le presidenziali, non ha lasciato però l’impressione di essere disposto a tralasciare il fallimento dell’organizzazione del voto all’estero. Attraverso il deputato Ludovic Orban, i liberali chiedono insistentemente le dimissioni del premier Ponta, che accusano che, per mancata azione, avrebbe ostacolato il diritto di voto dei romeni all’estero.
(traduzione di Adina Vasile)