Rivoluzione ’89: Romania ricorda gli eroi
Dopo la fuga del dittatore Nicolae Ceausescu e della moglie Elena, giustiziati successivamente il 25 dicembre, e dopo la costituzione, il 22 dicembre, del Fronte della Salvezza Nazionale, come nuova struttura di governo, sono seguiti i combattimenti di strada tra i rivoluzionari e le forze leali all’ex regime, assimilate ai cosiddetti terroristi, che hanno attaccato istituzioni vitali, come la radio e la tv, la compagnia telefonica, ministeri, aeroporti, ospedali.
Valentin Țigău, 23.12.2013, 12:29
Sono state distribuite armi ai civili ed eà stato provocato anche uno stato di panico, di cui si è detto successivamente che venne incusso consapevolmente. La nuova leadership, guidata da Ion Iliescu, ha rivolto alla popolazione di uscire in strada, per difendere le conquiste della Rivoluzione.
Si sono verificati anche incidenti tragici, come quello dell’Aeroporto Otopeni, dove i difensori, ritenendosi attaccati, hanno aperto il fuoco contro i rinforzi giunti a sostenerli, ammazzando il 23 dicembre decine di militari innocenti.
Complessivamente, nella Rivoluzione romena hanno perso la vita oltre 1.100 persone. Nella notte tra il 22 e il 23 dicembre, a Bucarest è finito sotto un carro armato anche il giornalista francese Jean-Louis Calderon di Canal 5. Sparatorie con feriti si sono verificate anche alla Radiodiffusione romena, diventata in quei giorni il principale mezzo di comunicazione tra la popolazione e i rivoluzionari.
I media internazionali hanno dedicato ampi spazi alle vicende di Bucarest, trasmettendo in diretta la Rivoluzione. I cambiamenti politici sono stati subito salutati dai leader mondiali, da Gobachev a Bush e da Mitterand a Thatcher.
24 anni dopo, la Rivoluzione infiamma ancora gli animi sia tra coloro che sono scesi in strada, credendo in un ideale, che tra coloro che la definiscono come golpe.
“E’ stato tragico: gente morta…Abbiamo sperato che la Romania avrebbe continuato ad alzarsi dal tenore dei vita dell’89. Abbiamo ottenuto la libertà, però ci siamo calpestati la dignità gli uni agli altri. Non mi ha chiamato nessuno (alla rivoluzione — ndr), sono venuto da solo…E sono rimasto fino al 2 gennaio, a nome della libertà”, ricordava un rivoluzionario alle cerimonie commemorative.