Schengen: posizione comune di Romania e Bulgaria
Il ministro degli Esteri romeno, Titus Corlatean, e il collega bulgaro Kristian Vigenin, hanno discusso, in una conversazione telefonica, gli iter che i due Paesi continueranno a portare avanti per una decisione favorevole sull’ingresso nell’Area Schengen, ribadendo che Bucarest e Sofia riuniscono i requisiti necessari.
Valentin Țigău, 11.10.2013, 12:20
Inoltre, i due ministri hanno respinto qualsiasi connessione tra l’ingresso a Schengen e altre questioni, come quella dei rrom, si legge in un comunicato del Ministero degli Esteri romeno.
La fonte precisa che le autorità di Bucarest hanno auspicato ripetutamente una decisione favorevole sull’ingresso di Romania e Bulgaria a Schengen a due tappe, al Consiglio Giustizia e Affari Interni, in programma a dicembre.
Però, il portavoce della Commissione Europea, Mark Gray, ha annunciato nei giorni scorsi che la pubblicazione del rapporto sui progressi nella riforma della giustizia, prevista per dicembre, è stata rinviata all’inizio del 2014. L’ok di alcuni Paesi sull’ingresso di Romania e Bulgaria nell’area di libera circolazione dipende dalla valutazione della Commissione Europea.
Il tema dell’ingresso a Schengen, ma anche quello riguardante la piena apertura del mercato del lavoro ai romeni e ai bulgari dal 1 gennaio 2014, sono stati affrontati dal capo della diplomazia di Bucarest, Titus Corlatean, anche durante la sua visita a Londra, dove ha incontrato il collega William Hague.
I due ministri hanno messo in risalto il contributo positivo recato dalla maggioranza dei romeni che vivono nel Regno Unito allo sviluppo dell’economia britannica. Le autorità dei due Paesi collaboreranno per prevenire i potenziali abusi sul diritto alla libera circolazione dei lavoratori nello spazio comunitario.
In tal senso, i due ministri hanno anche firmato una dichiarazione congiunta, alla luce delle recenti dichiarazioni allarmiste di alcuni politici e media britannici su una possibile ondata di romeni che assalirà il mercato del lavoro di questo Paese dopo il 1 gennaio, per approfittare anche del sistema di previdenza.