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Impronte culturali italiane a Bucarest

Luigi Cazzavillan e Ramiro Ortiz sono due italiani che ricoprono un posto particolare nella memoria di Bucarest tra il secondo Ottocento e il primo Novecento.

Impronte culturali italiane a Bucarest
Impronte culturali italiane a Bucarest

, 19.07.2018, 09:19

Luigi Cazzavillan e Ramiro Ortiz sono due italiani che ricoprono un posto particolare nella memoria di Bucarest tra il secondo Ottocento e il primo Novecento. Cazzavillan (1852-1903) viene ricordato prima di tutto dalla via a lui intitolata e dal monumento eretto in suo onore. Garibaldino combattente nel Trentino, in Francia e in Serbia, fondò a Bucarest il giornale bilingue Fratellanza italo-romena (1881), il primo quotidiano romeno – Universul (1884), la Scuola italiana (1901) in via Cazzavillan 28 sulla cui lapide si leggeva: A Luigi Cazzavillan che nell’amore vivissimo per il suo Paese attinse sempre ispirazione a ben fare…Questa scuola si edificava per promuovere l’educazione di fanciulli italiani e la diffusione della favella di Dante in questa latina terra sorella. La colonia italiana benedicendone la memoria. La Società di Beneficenza Umberto e Margherita e la Dante Alighieri (1902) si annoverano altresì tra le sue fondazioni.

L’abruzzese Ramiro Ortiz, fondatore della prima cattedra di italiano presso l’Università di Bucarest (1909), la illustrò per ben 25 anni. Lo ricorda insieme col suo ritratto nel Seminario – di cui intese fare con i corsi e la biblioteca un unico centro culturale – un’intera generazione di studenti e studiosi, appartenenti parzialmente alla prima scuola romena di italianistica, fondando nel 1909 la cattedra di italiano presso l’Università di Cluj e quindi presso l’Università di Bucarest. Nel 1921 fondò ”Roma”, il primo periodico romeno di italianistica, mentre nel 1924 inaugurò a Bucarest un Istituto di Cultura Italiana – creato per iniziativa privata, riaperto ufficialmente ad aprile 1933, con sede in Calea Victoriei 196. I programmi dell’istituto si svolsero maggiormente nell’aula della Fondazione Universitaria Carol I (oggi Biblioteca Centrale Universitaria). Una Libreria Italiana (Calea Victoriei 89), fondata nel 1931 agevolava agli italianisti il rifornimento di libri dall’Italia, acquistati soprattutto da intellettuali e studenti. Erano sempre più numerosi gli iscritti ai corsi di lingua italiana presso l’istituto, così da necessitare l’affitto di nuove sedi (Piazza Amzei 2, Casa Brancoveanu in Calea Victoriei 135).

Giuseppe Garibaldi è presente a Bucarest nel monumento dono della Repubblica Italiana nel Centenario dell’Indipendenza romena e nella strada a lui intitolata. Altre vie della capitale che ricordano l’Italia e grandi italiani sono: Orlando, Verdi, Roma, Piazza Romana, Via Romana, Via Italiana. L’attività degli italiani in terra romena va meglio approfondita, soprattutto in considerazione di quanto gli stessi abbiano offerto per l’affermazione dello stato moderno attraverso opere di architettura ed ingegneria di committenza pubblica o privata. Grazie al lavoro svolto dalle colonie italiane create in Romania – permanenti o stagionali, le prime prevalentemente di contadini, costruttori di strade, ferrovie, gallerie, ponti, meccanici, minatori, scalpellini, imprenditori d’industria, commercianti, ma anche artigiani e liberi professionisti, l’arte muraria – si presenta come un campo italiano per eccellenza. La toponomastica romena glorifica alcune opere del piccone italiano con dei nomi quali Crucea talienilor, Tunelul talienilor, Podul talienilor…

Edifici pubblici di ogni genere o privati, monumenti testimoniano il prestigio di un’operosità ovunque ammirata. Basta ricordare a Bucarest il Circolo degli Ufficiali (Cercul Militar), palazzo costruito con il contributo di appaltatori, imprenditori e maestranze italiani fra il 1912 e 1920. La partecipazione italiana all’esecuzione di lavori in marmo e mosaico vi era quasi norma. Da sottolineare il contributo alla costruzione della Casa Corpului Didactic (vicina al Liceo Lazar), alla Fondazione Universitaria Carol I (Biblioteca Centrale Universitaria), alla Scuola di Architettura, ai lavori esterni e in pietra dell’Università, di fronte alla quale il monumento di Ion Heliade Radulescu è opera di Ettore Ferrari. La Chiesa Italiana in Viale Bratianu è opera della Fabbriceria della Cappella Nazionale, con dentro una lapide che ricorda caduti italiani nella prima guerra mondiale. Un Cimitero militare italiano custodisce le salme di oltre 1.700 italiani caduti durante le due guerre mondiali. Nella maggior parte, si tratta di militari che, durante la prima guerra mondiale, avevano fatto parte della divisione italiana arruolata nell’Esercito alleato del generale francese Louis Franchet d’Espèrey, il quale partecipò al’offensiva sul fronte macedone a settembre 1918. Accanto a loro riposano i militari caduti durante il secondo conflitto mondiale, ammalatisi durante il trasferimento dal e verso il fronte sovietico. A portare a compimento i lavori per il Cimitero si era adoperato per mesi l’addetto alla ricerca delle salme, capitano Vittorio Vespasiano (morto nel 1930).

Fra i palazzi di Bucarest, quello dell’Accademia di Commercio in Piazza Romana è opera del Gruppo Ansaldo. Illustrativo per la capacità di servire lo sviluppo della civiltà moderna romena risulta anche quello dell’industriale Giuseppe Tomat. Tornato in Romania con la legione di volontari romeni d’Italia nel 1919, Tomat riprese le sue attività: lavori alla Scuola di Architettura, interamente in pietra, lavori in marmo con pavimentazione a mosaico veneziano, colonnati, scaloni nella casa Campeanu, monumenti funerari a Targu Jiu e Slatina, il grande Monumento della Liberazione a Oradea, lavori in mosaico ad Alba Iulia, ecc. Sempre alla storia del lavoro italiano in Romania – tutta da scrivere – è da ascrivere anzitutto la costruzione del grande ponte ferroviario sul Danubio a Cernavoda – opera di gruppi pugliesi di Trani.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del primo conflitto mondiale, numerosi ingegneri italiani furono impegnati nella costruzione di opere civili ed industriali sulla Valle del Prahova, regione turistica lontana un centinaio di chilometri dalla Capitale, mentre già dagli anni cinquanta a Bucarest molti nomi italiani si annoverano fra gli autori di edifici residenziali. A Bonomelli sono state attribuite le case Iosif Iostich (1855), Ion Sin Stroe (1856), Elisabeta Ioan (1858), Zamfirache (1860), Brezoianu (in Calea Mosilor); Cesare Del Debbio fu invece autore delle Case Dimitrescu (1880), Constantin (1883), delle Case in str.Popa Tatu (1883). Altri lavoravano negli Uffici tecnici delle amministrazioni pubbliche, in particolare per il Comune di Bucarest, come Burelli e Giulini, capo del servizio Studi presso il Dipartimento dei Lavori Tecnici.

Giulio Magni fu l’ingegnere italiano piu famoso nella Bucarest di fine secolo, dove arrivò nel 1893, incaricato dal Municipio e dal Ministero per i Lavori Pubblici della redazione di progetti di opere pubbliche e dove fu assunto, in qualità di architetto, nel servizio Studi del Dipartimento dei Lavori tecnici, incarico da cui si dimise nel 1897. Discendente diretto di Giuseppe Valadier per parte di madre, Magni fu autore, dopo il ritorno in patria, di numerose opere fra cui ricordiamo a Roma le Case Popolari a Testaccio (1905), la Villa Marignoli in Corso d’Italia (1907), Villa Almagià in Lungotevere Flaminio (1911) e il Ministero della Marina (1912). La sua opera in Romania possiede un innegabile interesse se intesa nell’ampio fenomeno di importazione della cultura occidentale che interessava sia le classi dominanti che l’Amministrazione pubblica. Magni ha rielaborato la natura bizantina dell’architettura romena antica, contaminandola con il medievalismo occidentale. La Scuola Comunale Mavrogheni (1890) fu per lui un tentativo di collegarsi allo stile Neoromeno: l’articolazione dei volumi ed il trattamento delle facciate indicano la volontà di recupero di elementi propri della tradizione romena. L’opera di Magni in Romania non si limita solo al neoromeno, ma guarda anche alla memorria dell’Imperatore Traiano. In due opere del 1896, Magni si richiama al periodo imperiale della storia romena, ma in modo differente.

Il progetto per i Mercati di Traiano a Bucarest (Hala Traian), fu realizzato nel cuore del ghetto, all’incrocio di Calea Calarasilor con strada Traian, e appartiene al novero delle strutture di carattere funzionale costruite nell’ultima fase del XIX secolo. Va detto che Magni aveva già evocato l’imperatore nel progetto del 1893 per la stazione centrale di Bucarest, il cui motto era Trajanus Optimus. Nel progetto non realizzato per il Forum Trajani a Bucarest, Magni concepisce un’opera che si ricollega strettamente all’originale romano. L’intervento consisteva nella proposta di trasformazione dello spazio lungo in un viale di Bucarest, dove si prospettava una piazza porticata, secondo un sistema che ricalcava l’organizzazione spaziale e la distribuzione funzionale del foro di Traiano a Roma.

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