La settimana 23 – 29/04/2017
La crisi dei vaccini in Romania sta per essere risolta/ La Corte EDU impone sanzioni alla Romania causa le condizioni precarie nelle prigioni/ La condanna a due anni di carcere con sospensione nei confronti del leader PSD Liviu Dragnea resta in vigore
România Internațional, 28.04.2017, 16:39
La Romania informerà la Commissione Europea che bloccherà l’esportazione di vaccini, sullo sfondo dell’epidemia di morbillo che ha contagiato quasi 5000 persone. Lo ha reso pubblico giovedì il ministro della Sanità, Florian Bodog, aggiungendo che le autorità intendono bloccare le esportazioni anche per altri farmaci, tra cui quelli previsti nei piani sanitari nazionali, le medicine necessarie nelle terapie oncologiche o quelle per i bambini malati di leucemia. Bodog ha inoltre detto che vuole che i pazienti romeni non siano più svantaggiati rispetto a quelli di altri Paesi in cui queste medicine sono più care. Il premier Sorin Grindeanu ha dichiarato che appoggia il ministro della Sanità per risolvere il problema della mancanza di vaccini. Egli ha affermato che la Romania avrà un piano pluriannuale di acquisti e una struttura di gestione integrata, di modo che la vaccinazione diventi una priorità nazionale.
Le condizioni carcerarie precarie in Romania trasgrediscono la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo e rilevano una disfunzionalità strutturale, che richiede l’adozione di misure generali da parte delle autorità — ha notato la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La CEDU ha concesso a Bucarest sei mesi entro i quali bisogna trovare soluzioni al sovraffollamento dei penitenziari. Tramite la decisione-pilota adottata martedì, la Corte ha multato la Romania di circa 17.850 euro ed ha deciso di non esaminare più querele simili fino a quando le autorità non presenteranno le misure che intendono adottare per risolvere la situazione. Secondo le statistiche ufficiali, attualmente c’è un deficit di più di 11 mila posti e un grado di occupazione di oltre il 200% in otto sulle 44 prigioni romene. Tra le possibili soluzioni prese in considerazione ci sono la costruzione di nuovi penitenziari o l’estensione degli spazi carcerari già esistenti, la concessione della grazia ai detenuti che scontano pene di pochi anni e la diminuzione dei periodi di esecuzione delle pene in certe condizioni, oppure gli arresti domiciliari per alcuni condannati. La grazia o gli arresti domiciliari non risolvono la situazione del sovraffollamento delle carceri, se non a breve termine — ammonisce il direttore dell’Amministrazione Nazionale dei Penitenziari, Marius Vulpe, il quale sostiene la costruzione di nuovi centri carcerari. Gli esperti dicono che, per quanto potessero sembrare care le misure che si devono adottare, saranno un investimento proficuo. Perché, solo negli ultimi anni, lo stato romeno ha pagato più di due milioni di euro di risarcimenti ai detenuti che hanno vinto alla CEDU i processi contro lo stato romeno per le condizioni nei penitenziari.
Il presidente del PSD e della Camera dei Deputati di Bucarest, Liviu Dragnea, ha annunciato, giovedì, che si rivolgerà alla CEDU e alla Corte Europea di Giustizia per contestare la decisione dell’Alta Corte di Cassazione e Giustizia. Quest’ultima ha respinto lunedì la sollecitazione di cancellazione della condanna a due anni di carcere con sospensione pronunciata nei confronti di Dragnea nel dossier “Referendum”. La sentenza è definitiva. Gli avvocati di Dragnea avevano sollecitato in tribunale la cancellazione della decisione motivando che due giudici del completo si erano pensionate prima di redigere la motivazione, e al loro posto ha firmato qualcun altro. Gli stessi avvocati hanno inoltre lamentato che è stata superata la scadenza legale per la redazione della motivazione nel dossier. Il presidente socialdemocratico è stato condannato, ad aprile 2016, a due anni di carcere con sospensione per broglio al referendum del 2012 relativo alla destituzione di Traian Băsescu dalla carica di presidente della Romania. Dragnea è stato accusato di aver messo a punto, prima e durante lo svolgimento del referendum, un sistema volto a capovolgere il risultato del voto, affinché fosse raggiunto il quorum necessario per la destituzione del presidente. Alla fine, il quorum non è stato raggiunto, il referendum è stato invalidato e Traian Băsescu è rimasto in carica.
La Romania ha avuto un deficit di bilancio del 3% del PIL nel 2016. Lo ha reso pubblico l’Ufficio europeo di statistica Eurostat, nel contesto in cui Bucarest si è impegnata a non superare questo tetto oltre il quale la Commissione Europea può avviare le procedure per situazioni di deficit eccesivo. Il PIL della Romania è ammontato a circa 170 miliardi di euro, mentre il deficit è stato di oltre 5 miliardi di euro. Altri tre stati dell’UE hanno registrato un deficit di bilancio del 3% del PIL o maggiore: Gran Bretagna, Francia e Spagna. Invece, segnala sempre l’Eurostat, alla fine dello scorso anno la Romania si è piazzata tra gli stati membri dell’Unione con il più basso livello del debito governativo rapportato al PIL, pari al 37,6%, molto più basso rispetto al tetto del 60% previsto tramite il Trattato di Maastricht, uno dei criteri per l’adesione all’eurozona. Nelle sue previsioni economiche d’inverno, la CE ammoniva che la Romania potrebbe registrare nel 2017 la maggiore crescita del deficit di bilancio dell’Unione, nonostante abbia avuto, l’anno scorso, la maggiore crescita economica in Europa. La Commissione stima che il deficit di bilancio della Romania aumenti al 3,6% del PIL quest’anno, superando il target che si era prefisso il Governo, del 2,98%. La Commissione anticipa inoltre che la Romania avrà una crescita economica del 4,4% nel 2017, inferiore al tasso preso in considerazione dal Governo nella costruzione del bilancio di previsione, del 5,2%.
Il ministro romeno con delega agli affari europei, Ana Birchall, ha partecipato, giovedì, a Lussemburgo, alla riunione del Consiglio Affari Generali in formato UE 27, la prima senza la Gran Bretagna. Stando al ministro romeno, una priorità nei negoziati con il Regno Unito sarà garantire un accordo equilibrato, in cui le quattro libertà del mercato unico, inclusa la libera circolazione delle persone, siano inserite in maniera oggettiva ed equa. La riunione a Lussemburgo è stata organizzata in seguito alla notifica inviata dalla Gran Bretagna relativa al suo intento di ritirarsi dall’UE. (tr. G.P.)