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Il 2018 nel mondo

Il dossier scottante della migrazione/Un divorzio complicato/Tensioni al Mar Nero/Contabilità e politica

Il 2018 nel mondo
Il 2018 nel mondo

, 28.12.2018, 17:41

Il 2018 sta per concludersi. Non è stato un ottimo anno per l’Ue e i suoi vicini, ammette il politologo romeno Cristian Preda, lui stesso eurodeputato, ormai alla fine del mandato, prima delle europee di maggio 2019. Come rilevano le statistiche Onu, il 2018 è stato il quinto anno consecutivo in cui è stata superata la soglia di 100 mila migranti giunti in Europa. Altri oltre due mila migranti sono morti, cercando di attraversare il Mediterraneo. Le cifre sono in calo rispetto agli anni precedenti, ma la questione della migrazione continua a lasciare la sua impronta sulla politica europea, influendo in modo significativo le decisioni delle cancellerie e le evoluzioni nelle società europee. Meno di un terzo degli interpellati, in tutti i 27 stati inclusi nell’indagine sociologica, hanno dichiarato che il loro Paese dovrebbe permettere l’ingresso di più migranti. In Europa, la maggioranza degli interpellati dalla Grecia (82%), Ungheria (72%), Italia (71%) e Germania (58%) hanno dichiarato che i loro Paesi dovrebbero ridurre l’immigrazione e persino vietarla. Fomentata dalla paura dell’islamismo e degli attentati, un’ondata di populismo e xenofobia ha attraversato l’Europa. Ciò ha portato all’insediamento, a Roma, di un governo formato di un partito antisistema, Movimento 5 stelle, e uno definito di estrema destra, la Lega. A Berlino, la cancelliera Angela Merkel, con l’immagine già invecchiata nei due decenni di politica al vertice, ha perso molto della sua autorità e popolarità, dopo essersi dichiarata favorevole alla migrazione, ed è finita col rinunciare alla leadership della CDU. Dopo meno di due anni di mandato, il presidente francese Emmanuel Macron, è più impopolare che mai e veementemente contestato dal movimento dei cosiddetti gillet gialli. A Bruxelles, il governo belga di coalizione, presieduto dal liberale vallone Charles Michel, si è dimesso, nel contesto dell’opposizione dei ministri nazionalisti fiamminghi alla firma, questo mese, a Marrakech, in Marocco, del Patto globale sulla migrazione. Controverso, anche se non obbligatorio, questo è stato approvato da circa 150 dei 193 membri dell’Onu, tra cui anche la Romania. Il patto sancisce principi come la difesa dei diritti umani, dell’infanzia o il riconoscimento della sovranità nazionale, ma anche proposte per aiutare i Paesi a fare fronte alla migrazione, come lo scambio di informazioni e perizia o l’integrazione dei migranti. Il documento vieta le detenzioni arbitrarie e autorizza gli arresti solo come ultima soluzione. I Paesi che lo contestano, molti dell’Europa Centrale e Orientale, accusano principalmente il fatto che il documento non stabilisca una delimitazione chiara tra la migrazione lelgale e quella illegale, che consolidi i diritti dei migranti a includa la migrazione tra i diritti umani, fatto che incoraggerebbe questo fenomeno.



I negoziati sulla Brexit si sono prolungati molto oltre il calendario iniziale, complicati dalla questione del confine irlandese, come anche dalle incertezze nel campo dei conservatori della premier britannica Theresa May. Tramite la voce del suo ministro degli Esteri, Teodor Meleşcanu, la Romania ha precisato di sostenere l’accordo firmato tra l’Ue e il Regno Unito, come anche la dichiarazione politica sul futuro quadro della relazione post-Brexit. Il capo della diplomazia romena ha aggiunto che è importante che il Regno Unito resti quanto più vicino possibile all’Ue. Egli ha pure detto che Bucarest ha, inoltre, in vista l’avvio di negoziati bilaterali con Londra, nell’ambito del partenariato strategico. Alla domanda se è preoccupato per la sorte degli oltre 400 mila cittadini romeni nel Regno Unito, il ministro Meleşcanu ha ricordato dell’incontro con l’ex collega britannico, Boris Johnson, che lo ha assicurato che i romeni in Gran Bretagna non ne saranno colpiti. Se i medici e le infermiere provenienti dalla Romania lasciassero la Gran Bretagna, il sistema sanitario britannico subirebbe un grave colpo – aveva affermato Boris Johnson.



La crescente aggressività e il risvegliato appetito territoriale della Russia preoccupano le cancellerie del mondo libero. Membro dell’Ue e della Nato, rivierasco al Mar Nero e confinante con l’Ucraina, la Romania è fortemente preoccupata per le evoluzioni nella regione. Il ministro degli Esteri, Teodor Meleşcanu, in’un intervista a Radio Romania.



Purtroppo, ultimamente, siamo molto preoccupati per l’aumento della presenza militare della Russia al Mar Nero e ai confini orientali dell’Ue e della Nato, per le grandi manovre militari che si fanno, la creazione di una struttura militare molto forte in Crimea, un territorio annesso illegalmente dalla Federazione Russa, gli incidenti nel Mare di Azov, nello Stretto di Kerch, tutto ciò è ovvio che ci preoccupa, ha detto Teodor Meleşcanu.



Il ministro degli Esteri ha precisato che il Mar Nero è uno dei temi importanti che la Romania metterà sull’agenda della Presidenza del Consiglio dell’Ue, che ricoprirà nel primo semestre del 2019.



L’Unione Europea ha speso in modo inadeguato circa 3,3 miliardi di euro, il che significa una perdita del 2,4% del suo budget per il 2017. Lo rileva un rapporto del 2018 della Corte Europea dei Conti. I soldi non sono stati spesi in conformità alle regolamentazioni Ue, sia perchè sono stati destinati a scopi diversi da quelli per cui erano previsti, sia in seguito a errori contabili. La Corte Europea dei Conti precisa che la percentuale di fondi spesi inadeguatamente è, tuttavia, in calo, dopo essere stata del 3,1% nel 2016 e del 3,8% nel 2015. Gli analisti notano, però, che il rapporto della Corte dei Conti arriva in un momento critico per l’Unione, nel contesto delle preoccupazioni di Bruxelles che l’euroscetticismo in crescita possa consolidare i partiti populisti alle elezioni europee del prossimo anno.




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