Il 2017 in Romania
Due governi, la stessa maggioranza, un'unica ossessione - la giustizia/ Stipendi, economia, fiscalità/ Il decesso di Re Michele
Ştefan Stoica, 05.01.2018, 13:26
Il 2017 è stato l’anno dell’insediamento del governo PSD-ALDE presieduto da Sorin Grindeanu, e nello stesso tempo l’anno in cui è stato sfiduciato. Una mozione di sfiducia inoltrata dalla stessa maggioranza, come punizione per il gesto di disobbedienza politica del primo ministro nei confronti dell’uomo forte del PSD, Liviu Dragnea. Sorin Grindeanu è stato sostituito, dalla seconda metà dell’anno, da Mihai Tudose. Aspetto – diceva a gennaio il presidente Klaus Iohannis ai membri del governo Grindeanu – che facciate tutto il possibile per sostenere una giustizia indipendente in Romania. Esortazione premonitoria. Praticamente, il governo ha inaugurato il mandato con il celebre decreto adottato con la procedura d’urgenza che depenalizzava parzialmente l’abuso d’ufficio, il che, coincidenza o meno, avrebbe reso innocenti alcuni politici nel mirino dei procuratori anticorruzione. Sarebbe stato anche il caso di Liviu Dragnea. Sono seguite, però, le più ampie proteste postcomuniste, a favore della giustizia e contro il PSD. Il decreto è stato ritirato e il suo iniziatore, Florin Iordache, target prediletto del sarcasmo dei manifestanti, si è dimesso dalla carica di ministro della Giustizia. Grindeanu se ne è andato, è arrivato Tudose, e la battaglia per la giustizia è stata assunta dal Parlamento, con lo stesso Iordache in primo piano. Poco prima delle feste natalizie, la maggioranza PSD-ALDE, immune alle proteste quasi quotidiane, ha adottato, con l’appoggio dell’UDMR, un pacchetto di leggi riguardanti lo statuto dei magistrati, l’organizzazione giudiziaria e il Consiglio Superiore della Magistratura. E’ stato, forse, il più veloce e controverso processo legislativo nella storia del parlamentarismo romeno. In questo modo, la maggioranza ha neutralizzato l’opposizione di destra, ha ignorato i timori espressi dai partner esterni della Romania e, non in ultimo, le critiche apportate alle leggi dalle più importanti istituzioni del settore e da associazioni dei magistrati. Fatto senza precedenti, giudici di Bucarest e di altre città sono usciti sulle scale dei tribunali per esprimere la scontentezza. Le ambasciate di 7 stati dell’UE non hanno nascosto la preoccupazione sul rischio che le nuove leggi ledano l’indipendenza della giustizia e la lotta alla corruzione. Una parte di questo pacchetto legislativo è stata contestata come incostituzionale dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia e dal PNL. I più controversi provvedimenti riguardano la responsabilità dei magistrati in caso di errori giudiziari, la limitazione del ruolo del presidente della nomina del Procuratore Generale e dei capi delle grandi procure, e la creazione di una sezione speciale incaricata a indagare i magistrati. La maggioranza ha difeso le leggi e ha detto che mettono in ordine il sistema giudiziario e riducono la possibilità degli abusi.
Promessa dal PSD durante la campagna elettorale del 2016, la legge sulla retribuzione unitaria nel sistema pubblico è diventata realtà alla metà dell’anno. Promossa dagli iniziatori come una modalità per mettere in ordine il sistema salariale che ha governato in maniera caotica per anni il settore pubblico, la legge è stata, però, criticata da alcuni sindacati, col motivo che non raggiungerebbe una delle principali mete, precisamente quella di eliminare le differenze salariali tra gli statali. La legge prevede anche incrementi notevoli dei redditi nel settore pubblico. Dato l’alto rischio dei grossi squilibri nel budget, la soluzione trovata dal governo è stata il trasferimento della maggior parte dei contributi sociali dal carico dei datori di lavoro a quello dei dipendenti. Il risultato: i redditi reali dei dipendenti statali aumentano – se aumentano – di pochi punti percentuali, e diminuiscono nelle tasche dei dipendenti del settore privato, nella situazione in cui i datori di lavoro non aumenteranno i salari lordi per coprire la crescita dei contributi. Tranne il governo, tutti – da dipendenti ai datori di lavoro del settore privato – criticano la cosiddetta rivoluzione fiscale. A loro volta, i sindaci si dichiarano scontenti, dal momento che il nuovo codice fiscale prevede la riduzione dell’imposta sul reddito, il che significa fondi diminuiti per i budget locali. Il dibattito sulla retribuzione e sui cambiamenti fiscali si sovrappone su uno più ampio sulla crescita economica di circa il 6%, che piazza la Romania in testa all’UE da questo punto di vista. Eppure, gli esperti temono che una crescita economica generata prevalentemente dal consumo dei prodotti importati non è sana e dicono che va sostenuta da investimenti pubblici.
Il 5 dicembre, Re Michele I, l’ultimo sovrano di Romania, si è spento in Svizzera all’età di 96 anni. Rimpatriato, è stato sepolto il 16 dicembre con funerali nazionali alla presenza degli esponenti delle grandi monarchie europee, nella necropoli reale di Curtea de Arges (sud), accanto alla Regina Ana, scomparsa un anno prima, e non lontano dai suoi predecessori, i sovrani Carlo I, Ferdinando e Carlo II. Decine di migliaia di persone hanno reso omaggio al catafalco di Sua Maestà, in segno di apprezzamento per una personalità storica esemplare per la sua immutata dedizione al Paese. Spettatori involontari della prestazione pubblica offerta da una classe politica moralmente precaria e incompetente, i romeni capiscono che, con la morte del Re, le riserve di dignità della Romania diminuiscono drammaticamente e che, per questo motivo, la sua perdita è irrecuperabile.
Il 2017 è stato un anno complicato. Il potere di sinistra ha governato a nome della maggioranza, ora in silenzio, che l’ha votata nel 2016, e che ha sempre invocato allorquando le misure promosse, soprattutto nel campo della giustizia, sono state contestate con veemenza in strada, da opposizione e presidenza, dalle istituzioni coinvolte e dai principali partner della Romania. Commentatori indipendenti hanno parlato nuovamente nel 2017 del modo non trasparente, che ha sfiorato l’abuso, in cui la maggioranza politica parlamentare ha imposto i propri progetti. La grossolanità, l’invettiva sono diventate strumento legislativi informali. Nel 2017, il Parlamento è rimasto la più non credibile e impopolare istituzione dello stato. Il 2018 non si delinea più semplice. Gli stessi commentatori anticipano che, dopo aver modificato le leggi sulla giustizia nella direzione di un controllo politico sul sistema giudiziario, i rappresentanti della maggioranza tenteranno di apportare delle modifiche al Codice Penale e di procedura, che colpiranno la capacità delle autorità di combattere i reati in maniera efficiente.