Una nuova crisi politica in Moldova
L’inevitabile è accaduto. A meno di sei mesi dall’investitura, il Governo di Maia Sandu è stato rimosso tramite mozione di sfiducia e il matrimonio tra l’alleanza pro-europea ACUM e i socialisti filorussi si è concluso con un rumoroso divorzio. 63 deputati su 101 hanno votato a favore della mozione inoltrata dal Partito dei Socialisti, presieduto, de facto, dal capo dello stato, Igor Dodon, e sostenuta anche dal Partito Democratico, al potere fino all’estate scorsa e controllato dall’impopolare oligarca Vlad Plahotniuc. Già minati dalla concorrenza per la carica di sindaco della capitale, aggiudicata, questo mese, per la prima volta, da un filorusso, i rapporti tra ACUM e il PS si sono deteriorati dopo che la premier ha voluto cambiare il modo in cui viene nominato il procuratore generale della repubblica.
Bogdan Matei, 13.11.2019, 13:57
Gli analisti avevano anticipato, d’altronde, che era solo una questione di tempo e che i filorussi avrebbero distrutto un governo dominato da pro-europei, ma in cui Dodon aveva imposto persone a lui vicine presso due ministeri-chiave: quello della Difesa e per la Reintegrazione della regione separatista Transnistria (est). Nel suo ultimo discorso nel Parlamento come premier, Maia Sandu ha affermato che il suo esecutivo è riuscito ad aumentare gli stipendi ad alcune categorie della popolazione e ad avviare una seria riforma della Giustizia. Lei ha ricordato che, in soli 5 mesi, il Governo ha attirato assistenza finanziaria pari a oltre 100 milioni di euro e che la Moldova dovrebbe ricevere altri 30 milioni da parte dell’UE entro la fine dell’anno. Fatto vitale per uno stato che tutte le classifiche di specialità ritengono sia il più povero in Europa.
Bruxelles ha reagito dopo solo qualche ora. La rimozione del governo di Chişinău è per la Commissione Europea un segnale preoccupante per il processo di riforma. La necessità di riforma, soprattutto in campo giudiziario, non è scomparsa con il voto per il rovescio del Governo, ha detto il portavoce del capo della diplomazia europea, Federica Mogherini. Lei ha sottolineato che i rapporti tra l’Unione e Chişinău continueranno ad essere basati sul rispetto dello stato di diritto e degli standard democratici.
La nuova crisi di Chişinău da provocato indisposizione anche in Romania, il più energico e costante sostenitore dell’indipendenza, dell’integrità e delle aspirazioni europee dello stato confinante. Il presidente Klaus Iohannis ha ammonito che, nel contesto attuale, il sostegno della Romania, compreso quello finanziario, sarà strettamente condizionato dal continuamento delle riforme fondamentali per la democrazia e per l’iter europeo. Mentre il premier Ludovic Orban ha richiamato l’attenzione che l’Esecutivo romeno sarà meno disposto a cooperare con un governo di Chişinău che non offrirà serie garanzie di una democrazia autentica. Se entro tre mesi non sarà investito un nuovo Governo, il presidente Dodon può sciogliere il Parlamento e convocare elezioni politiche anticipate. Stando ai commentatori, le elezioni aumenterebbero la percentuale dei socialisti nel Parlamento e permetterebbe loro di appropriarsi tutti gli strumenti del potere.