Un nuovo scandalo, segreti e intercettazioni
Per la stampa e la società civile romena, che sostengono la moralità nello spazio pubblico e la punizione senza pietà di una classe politica accusata di spogliare il Paese da quasi tre decenni, la lotta alla corruzione è una crociata, e i magistrati — dei cavalieri della giustizia. Per decine di politici molto noti, da ex premier e ministri a deputati e sindaci, di sinistra o di destra, al potere o all’opposizione, di Bucarest e della provincia, arrivati dietro le sbarre o almeno nel banco degli accusati, la Romania di oggi è uno stato poliziesco oppure una repubblica dei procuratori.
Bogdan Matei, 19.05.2017, 13:43
Per la stampa e la società civile romena, che sostengono la moralità nello spazio pubblico e la punizione senza pietà di una classe politica accusata di spogliare il Paese da quasi tre decenni, la lotta alla corruzione è una crociata, e i magistrati — dei cavalieri della giustizia. Per decine di politici molto noti, da ex premier e ministri a deputati e sindaci, di sinistra o di destra, al potere o all’opposizione, di Bucarest e della provincia, arrivati dietro le sbarre o almeno nel banco degli accusati, la Romania di oggi è uno stato poliziesco oppure una repubblica dei procuratori.
La polemica sul dosaggio ottimo tra il contrasto della corruzione e il rispetto dei diritti dell’uomo dura ormai da qualche anno e si riaccende periodicamente, ogni volta che una delle parti riceve munizione. Il più recente argomento in dibattito è l’archivio dell’ex servizio segreto del Ministero della Giustizia. Il Servizio Indipendente per la Protezione e l’Anticorruzione (SIPA) ha funzionato dai primi anni 90, dopo la Rivoluzione anticomunista, fino al 2006, quando è stato sciolto sullo sfondo dei numerosi scandali provocati dagli abusi che avrebbe commesso. In tutto questo periodo avrebbe raccolto informazioni compromettenti sui magistrati.
Trafugati o copiati, i dossier SIPA permetterebbero — dicono ora diverse voci dello spazio pubblico — il ricatto dei procuratori e dei giudici, ai quali si possono dettare indagini o sentenze. La storia è ancora più sporca, dato che si afferma che una parte significativa dei documenti dell’archivio sia stata trasferita direttamente dalla Securitate, l’ex polizia politica del regime comunista. Mercoledì, il ministro della Giustizia, Tudorel Toader, annunciava che, per porre fine alle varie supposizioni, l’archivio sarà declassificato il prima possibile. Egli ha precisato, però, che il Ministero e il Governo possono declassificare solo documenti di loro competenza, mentre gli eventuali segreti di stato conservati presso il SIPA hanno un regime diverso.
Il premier Sorin Grindeanu ha detto, dal canto suo, che è importante eliminare qualsiasi ombra di dubbio che potesse intaccare la Giustizia e che sostiene la declassificazione, nei termini consentiti dalle leggi vigenti. L’idea è condivisa anche dalle associazioni dei magistrati e dal presidente Klaus Iohannis, il quale ha aggiunto però che “sarebbe interessante vedere come è apparso nello spazio pubblico, come una minestra riscaldata”, questo argomento, a oltre un decennio dallo scioglimento del SIPA.
Uno scandalo un po’ più fresco è stato fatto scoppiare, di recente, dal docente universitario Radu Chiriţă, dottore in diritto costituzionale, il quale ha reso pubblico, su Internet, che le istituzioni pubbliche romene hanno inviato, negli ultimi cinque anni, quasi 110.000 sollecitazioni di intercettazioni telefoniche, di cui più di 100.000 sono state approvate. Su questa base, aggiunge il professore, sono state ascoltate le conversazioni telefoniche di circa 300 mila romeni. Tale cifra, rapportata al numero totale degli abitanti, di circa 20 milioni, è quasi inverosimile e rischia di amplificare i sospetti generalizzati esistenti nella società romena. (tr. G.P.)