Sviluppi politici a Bucarest
Il presidente del partito socialdemocratico, Liviu Dragnea, ha ottenuto tutto quello che voleva al congresso straordinario di sabato: la riconferma informale del proprio statuto di leader supremo del principale partito della coalizione governativa PSD — ALDE e il numero due nel partito, cioè la carica di presidente esecutivo, per la sua fedele collaboratrice, che è anche capo del governo, Viorica Dăncilă. I controcandidati del premier, gli ex ministri Ecaterina Andronescu e Nicolae Bănicioiu, hanno lasciato la sala scontenti del fatto che il voto era iniziato prima dei loro discorsi. Questa è stata quasi l’unica forma di critica interna del modo in cui si è svolto il congresso che, stando agli osservatori, è stata una nuova dimostrazione di forza del presidente Dragnea.
Ştefan Stoica, 12.03.2018, 13:21
I socialdemocratici hanno scelto di continuare ad andare avanti a fianco di colui che ha dimostrato di non avere rivali nel partito, mentre Liviu Dragnea ha promesso loro di non abbandonare la riforma delle leggi sulla giustizia e dei codici penali. Cioè proprio quella iniziativa che ha generato accese critiche da parte delle istituzioni giudiziarie, dell’opinione pubblica e dei partner esterni della Romania. Il PSD ha in piano anche una riforma delle istituzioni importanti e dei servizi segreti, che nell’opinione di Dragnea e di chi lo sostiene, sono complici nell’operazione volta a minare l’attività del potere democraticamente eletto. Un’ipotesi che non è stata dimostrata, ma a cui Liviu Dragnea continua a credere: “Dobbiamo modificare la legislazione di modo che i romeni si sentano liberi nel loro Paese e che ci siano sempre meno abusi, o addirittura che non ce ne siano più, da parte di varie istituzioni romene. Avvieremo inoltre anche un processo di modernizzazione delle leggi sul funzionamento dei Servizi Segreti in Romania, nell’attuale sessione”.
Dal canto suo, Viorica Dăncilă è convinta che la sua elezione come presidente esecutivo garantirà una migliore comunicazione tra il partito e il governo. Viorica Dăncilă: Questa mia elezione renderà ottimo il rapporto fra il Governo romeno e il partito, perché io, come primo ministro, non faccio altro che applicare il programma che i romeni hanno votato nel 2016”.
L’agenda del congresso straordinario del PSD non prevedeva anche la designazione del candidato alle elezioni presidenziali del 2019, che in questo momento sembra sia un argomento tabu nel partito. Non è stato invece il caso del PNL, il principale partito dell’opposizione. I liberali hanno deciso, domenica, al Consiglio Nazionale, di sostenere il presidente Klaus Iohannis per un nuovo mandato a capo dello stato. Il PNL ha voluto eliminare in questo modo le voci che girano su un presunto raffreddamento nei rapporti col presidente.
Assolto in via definitiva in un processo di corruzione che lo ha impedito a candidarsi alle elezioni per la carica di sindaco di Bucarest, e gli ha indebolito la posizione politica, il presidente PNL, Ludovic Orban, è diventato il candidato del partito alla carica di premier. Orban ha promesso che il PNL proporrà un programma di governo responsabile, basato su analisi e studi di impatto, ed ha chiesto ai membri del partito di impegnarsi con tutte le forze nella lotta contro il Potere. Ludovic Orban: Non mi è mai piaciuto farmi ascoltare, far sì che la direzione sia ascoltata, per paura, però vi dico una cosa: io sono responsabile delle performance del PNL e non accetterò più che il 75-80% del partito, che lavora, rimanga indietro, perché c’è il 25% del partito che non lavora”.
I liberali sono pronti ad assumersi il governo, sostiene Raluca Turcan, primo vicepresidente del PNL: Il PNL deve arrivare al governo. Inoltreremo anche nell’attuale sessione parlamentare una mozione di sfiducia e cercheremo già da adesso di raccogliere tutte le forze politiche, di convincere le persone ad una ad una nel Parlamento romeno, per modificare la maggioranza, allontanare il PSD dal governo, di modo che il PNL arrivi a governare la Romania”. Però finora, il PNL non è riuscito ad imporsi come fattore coagulante dei partiti con cui ha delle affinità dottrinarie — l’USR e il PMP.