Siria: la comunità internazionale resta divisa
In materia di politica internazionale, la crisi siriana si è imposta, senza dubbio, davanti a dossier importanti come il programma nucleare iraniano e nord-coreano e il processo di pace israeliano-palestinese. Era inevitabile, dato il pesante bilancio di vittime delle violenze in Siria, oltre 100 mila persone, stando alle Nazioni Unite. Cui si aggiungono milioni di profughi. Dopo che, per quasi due anni e mezzo, quanti sono passati dallo scoppio del conflitto, le è stato rimproverato di aver avuto posizioni piuttosto moderate, considerando l’intensità delle lotte nelle città siriane, la comunità internazionale ha deciso di cambiare rotta nei confronti del regime di Bashar al-Assad. L’uso di armi chimiche ha provocato indignazione nelle cancellerie occidentali, che, però hanno pareri divergenti sul modo in cui andrebbe gestito, d’ora in avanti, il dossier siriano.
România Internațional, 09.09.2013, 15:22
In materia di politica internazionale, la crisi siriana si è imposta, senza dubbio, davanti a dossier importanti come il programma nucleare iraniano e nord-coreano e il processo di pace israeliano-palestinese. Era inevitabile, dato il pesante bilancio di vittime delle violenze in Siria, oltre 100 mila persone, stando alle Nazioni Unite. Cui si aggiungono milioni di profughi. Dopo che, per quasi due anni e mezzo, quanti sono passati dallo scoppio del conflitto, le è stato rimproverato di aver avuto posizioni piuttosto moderate, considerando l’intensità delle lotte nelle città siriane, la comunità internazionale ha deciso di cambiare rotta nei confronti del regime di Bashar al-Assad. L’uso di armi chimiche ha provocato indignazione nelle cancellerie occidentali, che, però hanno pareri divergenti sul modo in cui andrebbe gestito, d’ora in avanti, il dossier siriano.
Per gli Usa e la Francia, favorevoli all’intervento militare, la diplomazia non è più la prima opzione, affermano gli analisti di politica estera. Nel caso degli Stati Uniti, sebbene desideri un simile intervento, il presidente Barack Obama, deve aspettare, come in tante altre questioni vitali, il via libera del Congresso. Anche se essa stessa scettica sulla risposta, considerata cruciale, l’Amministrazione Obama svolge, questi giorni, un’ampia campagna mediatica, con cui cerca di ottenere il sì degli indecisi nel Congresso. In parallello, il segretario americano alla Difesa, John Kerry, effettua un tour europeo, alla ricerca di potenziali membri della coalizione militare che interverrebbe in Siria. Altre cancellerie occidentali, come, ad esempio, Berlino, hanno annunciato, invece, di aspettare l’esito finale dell’indagine Onu sull’attacco con armi chimiche per esprimere un punto di vista.
Dal canto suo, la Russia, alleato storico della Siria, resta intransigente nella sua opposizione ad un’operazione militare straniera. Mentre le sue azioni sono riuscite a dividere la comunità internzionale, il regime siriano, appoggiato, sul campo, dal movimento sciita libanese Hezbollah, continua, indisturbato, a dialogare solo militarmente con l’Opposizione. Tramite l’attacco con armi chimiche, Bashar al-Assad ha dimostrato, ancora una volta, di essere disposto a fare qualsiasi sacrificio per tenere le redini del potere, ritengono gli osservatori internazionali. D‘altra parte, valutano loro, da un leader autoritario, tipico per una regione come il Medio Oriente, Bashar al-Assad è diventato, nei due anni e mezzo di conflitto, un leader totalitario, che si aggrappa a tutti i costi al potere. E senza rispettare il più elementare diritto umano, quello alla vita.