Romeni sul mercato del lavoro
La Svizzera non è Paese membro dell’UE, però ha accordi di cooperazione con l’Unione anche per quanto riguarda la libera circolazione delle persone. Tuttavia, le autorità di Berna hanno deciso di limitare, per un anno, l’accesso dei romeni e dei bulgari al mercato del lavoro. Loro invocano una clausola che permette alla Svizzera di stabilire unilateralmente, fino al 2019, un numero massimale delle autorizzazioni di lavoro rilasciate, se il loro numero supera del 10% in un anno la media dei tre anni precedenti. Di conseguenza, gli svizzeri hanno deciso di limitare, nei prossimi 12 mesi, a 996 le nuove autorizzazioni di lungo soggiorno, cioè i permessi B concessi a romeni e bulgari.
Roxana Vasile, 11.05.2017, 14:42
Il Ministero degli Esteri di Bucarest ha offerto informazioni in più. La misura potrebbe essere rinnovata nel 2018. La buona notizia è che ciò non influisce in alcun modo sulla concessione di permessi di tipo L per soggiorni brevi e neanche sulla proroga dei permessi di tipo B, già rilasciati.
In un colloquio telefonico con il segretario di stato nel Dipartimento Federale per gli Affari Esteri della Confederazione Svizzera, Pascale Baerswyl, il segretario di stato nel Ministero degli Esteri romeno, George Ciamba, ha espresso il suo rimpianto per la decisione presa a Berna. Egli ha affermato che la misura giunge nel contesto in cui un numero relativamente basso di romeni hanno sollecitato un permesso di tipo B nell’ultimo anno ed è in contrasto con il contributo che la comunità romena in Svizzera — altamente qualificata nella maggior parte — ha sul mercato del lavoro locale. Qualsiasi decisione relativa alla libera circolazione deve tener presente la facilitazione di uno stretto partenariato fra l’UE e la Svizzera, e il suo obiettivo deve essere il rispetto della libera circolazione delle persone e della manodopera e della non-discriminazione dei cittadini romeni — afferma la parte romena.
Un messaggio critico nei confronti della Svizzera ha rivolto anche l’eurodeputato romeno Victor Negrescu, il quale parla di un’azione ingiusta nei confronti della Romania e di un segnale di sfiducia trasmesso, in ugual misura, a Romania, Bulgaria e all’Unione Europea. Il socialdemocratico si è già rivolto alla Commissione Europea, chiedendo che sia verificato se nella presa di questa decisione sono state rispettate tutte le condizioni legali e se sono stati osservati dettagliatamente tutti i criteri concordati tra l’UE e lo stato svizzero. Victor Negrescu sollecita inoltre alla Commissione di sorvegliare il processo di sospensione del diritto al lavoro e di vigilare sulla sua reintroduzione, entro il più breve periodo possibile. È un buon momento per l’UE di dimostrare che protegge i suoi cittadini e reagisce quando esiste qualsiasi tipo di segnale di trattamento ingiusto nei loro confronti — afferma l’eurodeputato.
Da notare, però, che i romeni affrontano problemi sul mercato del lavoro pure all’interno dell’Unione. Un esempio è quello della Gran Bretagna, dove, stando agli esperti, una volta avviata la Brexit, sarà aperto un vero e proprio “vaso di Pandora”, con conseguenze imprevedibili sulla sorte di coloro che vi lavorano e vi studiano. (tr. G.P.)